È curioso a vedere, che gli uomini di molto merito hanno sempre le maniere semplici, e che sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco merito. (da “Zibaldone di pensieri” di Giacomo Leopardi)
La semplicità ispira sempre sentimenti contrastanti: spesso sconfina nell’ovvietà, talvolta persino nel populismo; accade che venga associata al bucolico favoleggiare un ritorno alla natura (quindi la natura è semplice) oppure che diventi sinonimo di pochezza, in contrapposizione al concetto di complessità intesa come l’impossibilità di descrivere adeguatamente, cogliendone tutti i molteplici aspetti, un fenomeno del mondo reale (quindi la natura è complessa).
Qualunque modello arriviamo a costruire per spiegare la realtà (ci dice la teoria della complessità) esso non è che che la semplificazione di un sistema del quale non siamo in grado – data la nostra finitezza – di comprendere appieno tutte le proprietà.
Tutto questo addentrarsi nei meandri delle cose, tutto questo penetrare i più reconditi recessi celati dalla lineare semplicità, mi fa venire in mente (perdonatemi una libera associazione) un aneddoto, che forse con questo discorso non c’entra proprio niente, ma che, per qualche motivo che non intendo indagare (per via del mio irrazionale amore per la semplicità), mi è sempre tanto piaciuto.
L’aneddoto riguarda il paradosso di Achille e la tartaruga: è il Paradosso di Zenone più famoso, creato per difendere le tesi del suo maestro Parmenide: il movimento è illusione.
Vi riporto la descrizione del paradosso dello scrittore argentino Jorge Luis Borges:
Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla.
Si racconta che il filosofo Diogene di Sinope non ribatté nulla dopo aver ascoltato gli argomenti di Zenone, ma si alzò e camminò.
A volte un problema complesso (ad esempio: l’essere è immutabile, ingenerato, finito, immortale, unico, omogeneo, immobile, eterno oppure no?) ci fa dimenticare che l’ovvio, per quanto troppo semplice, è necessario a tenerci con i piedi ben saldi a terra.
Ieri, di fronte ad un Thanopulos, che dalle pagine del Manifesto ribadiva ostinatamente il concetto che la vera vittima della violenza contro le donne è l’uomo che agisce la violenza, accusando noi lettori di leggere il suo pezzo in modo precostituito, di aver isolato una frase dal suo contesto alterando il suo significato, insomma di essere troppo semplici per comprendere il suo pensiero e lui troppo complesso per comprendere il nostro scandalizzarci, avevo voglia di rimanere in silenzio, come Diogene di Sinope.
Putroppo internet non mi permette di utilizzare il linguaggio del corpo, rendendomi impossibile seguire fino in fondo il metodo del filosofo; per attuare il passo successivo dovrei (come aveva già suggerito una mia lettrice all’epoca del suo primo articolo) crocchiarlo di mazzate.
Il vero problema non è il mondo virtuale, è che non ho mai picchiato nessuno e non intendo certo iniziare ora.
Non voglio neanche invitarvi a picchiare Thanopulos, ci mancherebbe! Non fatelo. Dico sul serio!
Perché scriverne ancora, allora? Giusta obiezione. Meglio sarebbe relegare il Thanopulos nell’oblio… Dimenticarlo.
Ma non mi riesce proprio di ignorarlo.
Perché non riesco a smettere di scandalizzarmi.
Perché, come scriveva Andrè Gide, la mia vecchiaia avrà inizio quando smetterò di indignarmi e oggi non mi sento abbastanza vecchia.
Ma se qualcuno lo picchiasse, il signor THANATOS non dovrebbe dolersene, perché a soffrire di più sarebbe chi l’ha picchiato, non lui. Egli, nonostante le fratture, rimarrebbe psichicamente vivo, mentre il picchiatore sarebbe la vera vittima, perché morirebbe dentro. 🙂
Io me n’ero già scordato di costui. Fatelo anche voi, e comunque è un signor nessuno nella sua complessità.
Ma questo individuo è uno psichiatra? Sinceramente il pensiero che possa avere a che fare con vittime di stupro/violenza domestica mi fa venire i brividi.
mi piace quello che scrivi e come lo scrivi, senza chiedermi troppi perché!
mi piace e basta!
ho riletto tre volte il passaggio “Ieri, di fronte ad un Thanopulos, che dalle pagine del Manifesto ribadiva ostinatamente il concetto che la vera vittima della violenza contro le donne è l’uomo che agisce la violenza, accusando noi lettori di leggere il suo pezzo in modo precostituito” in cui c’è qualcosa che non mi quadra ma poi son andato oltre: il senso è chiaro!
anche a me piace semplice e semplificare.
se vuoi fai un salto sul mio blog
http://fabriziobardelli.wordpress.com/
e commenta, ma per favore, criticando più che puoi: i “mi piace” e “come scrivi bene” non mi servono ma piuttosto “qui non si capisce”, “troppe parolacce” et coetera et coetera.
ciao fabriziobardelli@tiscali.it