Glamour

Glamour è un termine inglese, assimilabile all’italiano “fascino” ed è riferito principalmente alla bellezza femminile.

Il termine ha origine dall’antico scozzese gramarye, che significava “incantesimo” (nel senso di formula magica) termine che a sua volta è un’alterazione di grammar, parola che nel Medioevo indicava “qualsiasi genere di sapienza” e ricomprendeva le scienze occulte.

E’ curioso come un termine che oggi si riferisce all’incanto della bellezza esteriore trovi origine nell’amore per lo studio e la conoscenza. Nessuno oggi definirebbe la cultura come un qualcosa di “glamour”.

vallette-sanremo_vanityfairLeggo su Vanity Fair (si, Vanity Fair, ho questi attacchi incontrollabili di masochismo) un articolo dal titolo: Ridateci le vallette, ridateci il glam!

Perché l’edizione di Sanremo di quest’anno pare che sarà sguarnita di vallette.

Ma chi sono le “vallette”? Ce lo spiega Federico Rocca:

valletteLe vallette (che non sono co-presentatrici, non ci allarghiamo) sono le ambasciatrici della moda a Sanremo. Il loro compito è presentarsi vestite dagli stilisti più prestigiosi e accompagnare il presentatore.

Il presentatore è uomo ed è colui che parla. E’ uomo anche chi crea la moda (lo stilista prestigioso) e chi ci spiega la moda (il giornalista di Vanity Fair). La donna è glamour e indossa la moda, se la indossa in silenzio è meglio. L’uomo non ha bisogno di essere glamour, sono secoli che nelle grandi occasioni indossa un bel completo scuro e va bene così.

Chissà perché, ad un certo punto, tutto questo è sembrato a qualcuno “quasi offensivo”…

Sappiamo, però,  che una donna ci sarà, accanto al presentatore maschio di quest’anno: Luciana Littizzetto. E sono certa che questa donna avrà un sacco di cose da dire… il che, probabilmente, non è glamour, perché Vanity Fair è convinta che:

glamourMica può fare “i miracoli”, povera Luciana: potrà essere intelligente, simpatica, briosa, ma addirittura elegante e affascinante…

E’ avvilente constatare che ogni volta che una donna raggiunge un qualche traguardo nella sua carriera, arriva qualcuno a ricordarle che questo ha poca importanza in confronto al fatto che è una cozza. Che te ne fai di una cozza a Sanremo?

Mi sento di dire, a Federico Rocca di Vanity Fair, che io in realtà non sento tutto questo bisogno di trovare delle vallette che zampettano attorno al presentatore sul palco del festival della canzone (che non è il festival della gnocca mora e della gnocca bionda). Mi sento di dire, a Federico Rocca di Vanity Fair, che sono certa che Luciana Littizzetto troverà qualche prestigioso stilista disposto a cucirle un paio di vestiti “alla moda” per l’occasione.

Mi sento di dire, a Federico Rocca di Vanity Fair, che se la Littizzetto non è “glam”, certo il suo articolo non è elegante.

Ma forse abbiamo dimenticato cosa sono la finezza e il buon gusto, se i giornalisti si sono ridotti a misurare le donne in base al garrese.

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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39 risposte a Glamour

  1. paolam ha detto:

    Mi sento di dire a FedericoRocca: “Ridateci a chi?” Mapparlaperte”

  2. maurozennaro ha detto:

    Non so come dirtelo, ma che pensavi di trovare in un articolo su Sanremo, per di più pubblicato da Vanity Fair? Una critica a “What is Existenz Philosophy?“ di Hannah Arendt? La banalità del male non è solo nel Terzo Reich, è anche nella tv spazzatura, nella pubblicità, nelle storie spicciole di ordinaria violenza. Una mia studente quindicenne mi ha detto, tutta tranquilla: “No, prof, io alla gita scolastica non ci posso venire, il mio ragazzo non mi ci manda”. Questa è, stringi stringi, la cultura glamour (ho saltato qualche passaggio, peraltro ovvio).

    • Sapevi che “Vanity Fair” (La fiera delle vanità) è il più celebre romanzo di W.M.Thackeray? (http://www.youtube.com/watch?v=Xv1O0MUrcQk) Un romanzo che condanna la meschina e ipocrita società vittoriana, avida di soldi e di potere.
      Io mi aspetto che le cose cambino, perché sono convinta che si può parlare di vestiti e accessori senza necessariamente offendere le donne… Se nessuno glielo fa notare, a queste riviste, che aumenta ogni giorno il numero di donne stanche di essere soppesate come bestie al macello, non la smetteranno mai.
      A volte parlare coi ragazzini è sconfortante, ma ci sono occasioni in cui invece è addirittura illuminante 🙂
      Il cambiamento è possibile.

      • Blossom ha detto:

        Il problema è però anche opposto: basti vedere il fat pride. Tu trovi normale e sano che ad un post cosí i termini sgallettate e manichini siano le prime cose che vengono in mente a delle personedi sesso femminile la cui cosa che pare loro premere di piú è la denigrazione di altre donne? A proposito di dita e luna.
        E poi ce la prendiamo a male per il trattamento riservato alla defunta fidanzata di pistorius dalla stampa italica: ma pubblicare foto di moda per un servizio di cronaca nera e ridurre un post sul glamour con “sgallettate” a te pare diverso? A me no, per nulla. Troppo spesso i movimenti antisessisti si sono ridotti a “noi e loro”.

      • Se “noi” siamo quelli che non vogliono giudicare la professionalità di una persona sulla base del suo corrispondere ai canoni del “glam” perché riteniamo che essere bella e decorativa non sia l’unica vera professione cui una donna dovrebbe aspirare, e loro sono quelli che gridano “ridateci le vallette!”, non posso che ragionare in termini di schieramenti contrapposti: è evidente che c’è un conflitto…
        Ma questo non equivale a condannare la “valletta”, ovvero quell’individuo che svolge quel lavoro: http://www.ilcorpodelledonne.net/2014/02/le-inutili/

      • Paolo ha detto:

        Blossom, quel che dici l’ho notato anch’io, purtroppo

      • maurozennaro ha detto:

        Sì, ho letto il libro e mi è piaciuto moltissimo, ma temo che abbia ben poco a che vedere con l’omonima rivista di cui, lo confesso, non sono un lettore. I nomi possono ingannare: tanto per dirne una, l’Ordine nuovo di Gramsci non aveva nulla da spartire con l’omonimo movimento fascista e terrorista degli anni Sessanta-Settanta. Ho sentito dire che Vanity Fair (rivista), il cui rapporto con Thackeray mi sfugge, avesse anche contenuti interessanti, ma pure su Playboy hanno scritto penne illustri, e non mi pare una rivista da menzionare per correttezza di genere. E il problema del fidanzato cretino è proprio che non è cretino, né lo è la ragazza che lo ha scelto, ma solo “normale”, di quella normalità costruita dal festival di Sanremo, dalla pubblicità, dalla tv, dal comune-senso-del-glamour eccetera.
        Sanremo, un tempo, era una gara di canzoni; ho addirittura un vago ricordo di due soli cantanti, mi pare Nilla Pizzi e Claudio Villa, che interpretavano tutti i brani perché, si ricordi, è il festival della canzone italiana e non del o della cantante. Poi è arrivato il culto di “the singer, not the song”, che però a mio avviso vale con gente del calibro di, cito a caso, Mick Jagger o Janis Joplin, non certo con queste figurine un po’ patetiche che, passati 5 minuti di fama da glamour, scompariranno senza lasciare alcuna traccia.
        Il cambiamento è possibile, ma non contiamo sul glamour né sui suoi portavoce per realizzarlo.

      • Paolo ha detto:

        il fidanzato io lo chiamo cretino perchè non tutti si comportano così ed è bene dirlo

      • Ciò che è il discussione non sono le scelte degli individui, ma il contesto culturale a supporto di determinate scelte. Se davvero la società in cui viviamo considerasse “cretino” e non accettabile un simile comportamento, questo sarebbe occultato. Se ci fosse la consapevolezza diffusa che è sbagliato, le persone non ammetterebbero candidamente di subire simili comportamenti.

      • Paolo ha detto:

        è la famiglia che deve insegnare ai figli il rispetto di sè e a rispettare il prossimo se il prossimo ti rispetta

      • Hai mai letto Brecht? In “Terrore e miseria del Terzo Reich” c’è un “quadro drammatico” in cui in una famiglia tedesca i genitori vivono col terrore di essere denunciati dal figlio, che fa parte della Gioventù Hitleriana. La famiglia non è una monade, isolata dal mondo esterno. Se è vero che il genitore può tanto, da solo non può tutto.

      • Paolo ha detto:

        non è una monade e anche se educhi un figlio nel modo migliore non ci sono garanzie al 100% perchè banalmente un figlio non è te però mantengo la mia idea

    • paolam ha detto:

      Non so come ciò sia potuto accadere: quando ero io quindicenne, un evento simile non si sarebbe mai potuto verificare. Direi che oltre l’ontologia del male ci stanno i contesti storici.

    • Paolo ha detto:

      Mauro, il glam non c’entra nulla con un fidanzato cretino

  3. Vale ha detto:

    Fai conto te che uno dei motivi per cui NON guardo Sanremo (oltre al fatto che non mi piace la musica italiana) è che mi manda in bestia vedere il solito presentatore di 800 anni con le due sgallettate vicino che fanno la figura di quelle che non riescono neppure a leggere il nome del cantante che devono presentare (sarebbe anche carino scoprire perché, se devono presentare in italiano, prendono anche straniere che NON parlano la nostra lingua). Penoso.
    Speravo nell’anno della Carrà, ma alla fine non era cambiato nulla…
    Vale

    • Blossom ha detto:

      E sgallettate; amo notare come ogni volta che si tocchi l’argomento si finisce sempre ad insultare le donne coinvolte, troppo spesso considerate colpevoli della loro bellezza ( bella = stupida è piú vivo che mai). Ma quello che vorrei capire è che edizioni abbiate visto voi, perché il problema del buon italiano viene fuori solo quando c’è di mezzo una bella ragazza, magari straniera? Io ogni giorno sento cose aberranti, in ogni contesto televisivo/radiofonico, come lo scorso sanremo in cui quello non in grado di leggere i nomi in scaletta era un uomo brutto e italiano! Mentre le uniche capaci era proprio le due “vallette”. E per fortuna che poi ci si lamenta del sessismo… (altrui)

  4. Il Rasoio di Occam ha detto:

    Secondo me parlare di glamour è anche peggio che parlare di fascino o bellezza esteriori, perché il glamour è legato all’artificio. Una donna anche bellissima, in jeans e struccata, non è considerata glamour. Non basta nemmeno non essere una cozza, per essere glamour ci vogliono vestiti ricercati e accessori costosi, capelli freschi di parrucchiere. Il glamour è una posa, uno status a cui aspirare, che si conquista con gran dispendio di tempo e denaro. D’altronde riviste come Vanity Fair esistono per vendere il concetto che la bellezza si può comprare (e nella società consumistica, “puoi” equivale a “devi”).

    Oltreoceano però c’è qualche segnale di vita

    http://www.feministe.us/blog/archives/2013/12/30/cosmo-and-positive-body-image-when-a-stopped-clock-is-right/

    Quello che fa mi ridere dell’editoriale di Cosmopolitan è che l’editor crede di averlo scoperto lui che il linguaggio delle riviste di moda danneggia l’autostima… XD

    • Non metto in dubbio che ci sia anche l’aspetto legato al “denaro”, in questa faccenda del “glam”… Resta il fatto che la Littizzetto – a prescindere da quanto è disposta a spendere – non può comunque aspirare ad essere “glam”, secondo questo signore.

      • Paolo ha detto:

        il problema non è il “glamour” che è legittimo, è che si ritiene a priori che la littizzetto non possa esserlo

      • Blossom ha detto:

        Ma littizzetto non lo sarà mai perché non è il suo personaggio, tutta la sua carriera di comica è basata sull’opposto, basta vederla a che tempo che fa, dagli abiti a come sta ingobbita, alla voce super stridula. O ci son persone convinte che quello non sia artificio?

    • Blossom ha detto:

      L’autostima di chi?

      • Il Rasoio di Occam ha detto:

        Stai dicendo che avrebbe potuto fare la velina se avesse voluto? Lo stereotipo della “cozza invidiosa” o se vuoi della “zitella acida”, se sei una donna bruttina e con molto carattere, ti viene comunque cucito addosso. Lei è solo stata intelligente a sfruttarlo facendone una carriera. E’ ridicolo pensare che questa scelta non sia stata influenzata dal suo aspetto, o meglio dalle aspettative che la società ha sulle donne con il suo aspetto. Poi che ci marci è ovvio, i comici sono attori.

      • Paolo ha detto:

        non mi pare che la littizzetto nella sua carriera comica abbia sfruttato più di tanto il clichè della “bruttina invidiosa” non la faceva a Mai dire gol (dove portò la sua Lolita e la truzza “Minchia Sabbri”) non la fa con Fazio con cui c’è un gioco delle parti rodato: la Littizzetto dice cose “sconvenienti” (quando non ricopre di offese Fazio nel classico gioco vittima-carnefice) e Fazio si “scandalizza”.
        Nel Sanremo dello scorso anno piuttosto ci fu un momento che non mi piacque per niente in cui la Littizzetto si comportò per una volta da “cozza invidiosa” e purtroppo non stava facendo la comica: era ospite la modella Bianca Balti che a un certo punto mentre camminava inciampò, e davanti a questo Littizzetto fece un gesto di esultanza parecchio fuori luogo, ho pensato che fosse stata lei a inciampare e la Balti a esultare subito tutti avrebbero detto “ecco la solita modella cretina che insulta una donna intelligente e simpatica”.
        e comunque sfatiamo sto mito della Littizzetto “brutta”..non lo è, certo non è una modella, non può fare la velina (ma neanche le interessa) ma neanche una cozza, è solo un po’ bassa di statura e sì come molti attori comici è molto brava a sfruttare la sua condizione fisica

      • Il Rasoio di Occam ha detto:

        Come no, ci ha scritto un libro intero in cui contrappone le donne-fiore (belle ma insipide, quando appassiscono non rimane nulla) a quelle verdure (le “bruttine” con una personalità che rimangono sempre interessanti). E lei si autodefinisce donna-sedano.

      • Paolo ha detto:

        Ah. Confesso di non aver letto i suoi libri

  5. Lilli ha detto:

    Io non capisco perché una donna sul palco dell’Ariston dovrebbe essere-per alcuni-per forza una top model: Sanremo non è una sfilata di moda, per chi non se ne fosse accorto, ma un evento musicale. Sinceramente io preferisco farmi due sane risate con una donna simpatica, intelligente e colta come Luciana, piuttosto che guardare dei bei manichini che non sanno neanche dire “Buonasera” in un italiano decente.

    • Blossom ha detto:

      Tralasciando l’offensivo manichini, ma littizetto? Una che ricicla da vent’anni lo stesso triste repertorio… sai che spasso. E poi sanremo non è una kermesse musicale? E allora che bisogno c’è dei comici?
      La buona dizione ormai sono in quattro ad averla, non è che essere belle sia in antitesi ad una buona dizione.

      • Se vogloamo criticare la Littizzetto, non mi sembra comunque corretto il modo in cui lo fa questo articolo, che mette in evidenza esclusivamente il suo non essere fisicamente all’altezza in quanto donna – discorso che sottintende che ogni spettacolo dovrebbe avere almeno un paio di giganteste Barbie con le quale giocare a “Gira-la-moda” (che era un gioco dei miei tempi: http://it.wikipedia.org/wiki/Gira_la_moda)

      • Lilli ha detto:

        Probabilmente ignori che il termine francese mannequin indica sia il manichino che l’indossatrice. Ironia, questa sconosciuta! Posso immaginare perché la grande intelligenza e l’umorismo di Luciana non ti colpiscono 🙂
        Ti giro la domanda: se Sanremo è una kermesse musicale, perché la presentatrice dovrebbe essere alta almeno 180 cm e avere il viso di Barbie?

      • paolam ha detto:

        Mi son persa qualcosa? “Manichino” in italiano designa l’oggetto su ci si provano gli abiti, “mannequin” in francese significa (anche) indossatrice. Dipende dalla lingua che stiamo parlando e dalla parola corrispondente che stiamo usando, quindi: cambiando lingua cambia il significato della parola.

      • Lilli ha detto:

        Paola, mi spiace ma l’ironia non si spiega: o ce l’hai o non ce l’hai.

  6. Ma sanremo non è una kermesse PRIMA DI TUTTO musicale? O ci siamo persi qualche passaggio? Quindi, perchè ci deve essere PER FORZA la valletta ben vestita? Casomai poi non guardiamo lo spettacolo?

  7. Blossom ha detto:

    Vanity fair è stata anche una buona rivista, poi è andata via via peggiorando. Capita anche ai cosidetti “femminili” di esser buone riviste.
    Il problema con sanremo è invece differente e cioè che non si tiene mai in considerazione una donna per la conduzione, preferendo invece quasi sempre degli incapaci semianalfabeti che non sanno condurre (esempio: morandi), mentre di donne capaci almeno un paio mi vengono in mente (esempio: carrà – che peraltro ha iniziato come valletta, perché “non si nasce imparati)

    • Vale ha detto:

      E visto che “non si nasce imparati”, quanti di questi esimi “incapaci semianalfabeti” hai visto iniziare facendo i valletti, mentre sculettavano con gli hot-pants a ritmo di musica e stavano muti e impalati in un angolo per farsi ammirare dal pubblico (per la loro avvenenza), quando la presentatrice donna teneva la scena?
      Io sono stata contenta quando hanno messo la Carrà a condurre, ma anche lei ha dovuto piegarsi alle solite “leggi” della tv. E tanti saluti alla novità.
      Vale

    • Paolo ha detto:

      comunque Sanremo ha avuto tre edizioni condotte da donne: Carrà, Ventura, Clerici..possono non piacerci ma la Rai attualmente è questa
      Francamente io non rimpiango le vallette sanremesi nè sono un fan di “letterine” e similari ancora presenti nella tv italiana ma penso che il problema sia nella testa di chi considera una “minus habens” una donna solo perchè fa quel lavoro

      • “Quel lavoro” consiste nell’apparire come una “minus habens”. Ho inserito in un altro commento il link ad un post che dimostra che quelle donne sono lì proprio perché il conduttore possa trattarle da minorate. Il fatto che spesso siano straniere serve solo a rendere più facile il farlo. Constatarlo non equivale a denigrare quelle donne, ma serve a smascherare le intenzioni di chi ha creato il format televisivo. Il problema è nella testa di chi imposta i programmi in questo modo, non in chi li fruisce.

      • Vale ha detto:

        Io considero le signore “vallette” niente affatto minus habens. Hanno sfruttato a loro vantaggio il sistema, guadagnando soldi, fama e posizione, molte con talenti scarsi o nulli, solo in virtù del proprio aspetto. Al più, i minus habens sono quelli che non riescono a valutare una donna a 360°. Resta il fatto che le signore sono state messe lì per perpetrare uno stereotipo che offende e crea problemi a me, come a tutte le altre donne al mondo. E sì, non mi sento in colpa ad arrabbiarmi per questo.
        Vale

  8. Yellow ha detto:

    Arrivo tardi a commentare il post e posso solo dire che, indipendente dal considerare cretine o no le vallette, il discorso di Vanity Fair è a monte sessista. Molto semplicemente. Perchè? Perchè si applica solo alle donne. Siamo sempre lì, la donna prima di tutto deve apparire, deve essere bella, deve fare la bella statuina. Io non deprezzo le donne belle (intendo belle in conformità ai canoni), ma non facciamo gli ipocriti, un discorso del genere Vanity Fair non l’avrebbe mai fatto su uomo. Fabio Fazio è glamour? Pippo Baudo è glamour? Gianni Morandi? Bonolis? E soprattutto, Vanity Fair o chi per lui si è mai posto il problema del fascino di questi uomini, del loro look, della loro eleganza? Non mi risulta. Ecco a me questo fa arrabbiare, che si trattino le donne come pezzi della scenografia e l’ipocrisia di chi tira in ballo l’importanza dell’immagine. Anche perché indipendente dal suo aspetto uomini e donne possono essere eleganti e non mi risulta che la Littizzetto si sia presentata sul palco in jeans e maglione. Inoltre io vorrei sapere che cos’abbia di glamour un vestito che lascia intravedere il pube non appena ci si muove (ricordiamo che i vestiti sono scelti dai costumisti, in genere uomini, non dalle presentatrici!). A me era sembrato volgare e di pessimo gusto

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