Genderizzazione

ragazzo

Questo è un bambino o una bambina? Se lo guardassimo fingendo che si tratta una foto scattata ai giorni nostri, giungeremmo immediatamente alla conclusione che si tratta di una femminuccia, per via del modo in cui sono acconciati i boccoli e per via dei pizzi sulla blusa.

E invece è un maschietto.

Un centinaio di anni fa, infatti, i bambini piccoli, a prescindere dal loro sesso, venivano abbigliati con vezzose vestine e portavano i capelli lunghi, spesso acconciati con nastri e fiocchi.

Oggi invece i vestiti per lui e per lei sono diversi a partire dai body da neonato; ci sono i body per lui e quelli per lei, e le differenze spesso ci forniscono la miglior spiegazione  possibile di cosa si intende con l’espressione “stereotipo di genere”:

body_neonato

Lei è rosa, lui è azzurro; lei è jolie (carina), lui è courageux (coraggioso); lei è têtue (testarda), lui è fort (forte); lei è douce (dolce), lui è vaillant (vigoroso); lei è coquette (graziosa, elegante), lui è rusé (furbo); lei è amoureuse (innamorata), lui è espiègle (birichino). E naturalmente, lei è elegante e bella, mentre lui è “cool”, un figo.

Vi ricordo che stiamo parlando di neonati:

neonatoCon tutta la buona volontà di questo mondo, non vedo proprio come un neonato possa apparire “vigoroso”, “forte” o “coraggioso”; sia esso maschio o femmina, per descrivere un neonato mi sento di usare aggettivi come “grazioso” o “dolce”, ma arrivare a definirlo “furbo”, “forte”, o addirittura “innamorato”, mi sembra semplicemente folle.

Ai bambini cui infiliamo questi body appiccichiamo delle etichette, per ricordarci bene quali sono i “ruoli” che questa società ha assegnato al genere maschile e a quello femminile: le competenze a lui (habile), i sentimenti a lei (amoureuse), la forza a lui, la bellezza a lei. E quando lui è determinato, lei è testarda.

A volte la genderizzazione dell’abbigliamento per neonati assume aspetti parecchio inquietanti:

papponeRecentemente ho letto un articolo che sostiene che la genderizzazione dei giocattoli per bambini è un fenomeno molto più diffuso oggi di quanto non lo fosse 50 anni fa.

L’autrice, Elizabeth Sweet, ci informa che in un catalogo degli anni ’70 meno del 2% dei giocattoli era esplicitamente catalogato come “per maschietti” e “per femminucce”.

Lego_anni70

“Mentre la seconda ondata del movimento femminista sfidava i principi della differenza di genere, le politiche sociali per creare condizioni di parità non vennero mai realizzate e una reazione culturale verso il femminismo cominciò a guadagnare slancio intorno al 1980. In questo contesto, prese piede il modello delineato daGli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”, che implicava che le donne si indirizzavano verso certi ruoli non a causa dell’oppressione, ma a causa di una qualche innata predisposizione. Questo nuovo modo di descrivere la differenza di genere, basato su concetti come libertà e scelta, è penetrato in profondità nel tessuto dell’infanzia contemporanea. La nuova nazzazione non prevede nessuna sfida agli stereotipi di genere; si limita a riorganizzarli per renderli più appetibili in un’era postfemminista. Le ragazze possono essere qualsiasi cosa, fino a quando rimangono passive e focalizzate sulla bellezza.

Libertà e scelta.

Le bambine scelgono di iscriversi alla scuola per principesse, mica vengono obbligate! E il fatto che non esista nessuna “scuola per principini” dove i maschietti possano organizzare merende alla moda non ci dice nulla sul fatto che i nostri figli crescono in un mondo che già nella culla ha deciso il loro destino.

Scriviamo a caratteri cubitali “per lui” e “per lei” sugli oggetti, ma non lo facciamo per convincerli a scegliere un mocio giocattolo invece di una macchina telecomandata, lo facciamo per smaltire enormi riserve inutilizzate di pittura rosa e azzurra…

Persino il fatto che quei bambini che scelgono un’attività ritenuta poco consona per il loro genere facciano una brutta fine, sembra non minare la fiducia della stragrande maggioranza della gente nel fatto che viviamo in un contesto nel quale a tutti è garantita la massima libertà di scelta.

E coloro che si adoperano per contrastare la massiccia genderizzazione dei prodotti dedicati ai bambini vengono paradossalmente tacciati di voler “condizionare” i bambini:

“Molti di coloro che abbracciano il nuovo status quo sostengono che giocattoli di genere neutro eliminerebbero la possibilità di scegliere, costringendo i bambini a diventare automi androgini che possono giocare solo con oggetti noiosi. Tuttavia, come la varietà e la diversità che troviamo nei cataloghi degli anni ’70 dimostra, ignorare la divisione tra i generi in realtà amplia la gamma di opzioni disponibili. Si offre ai bambini la possibilità di esplorare i loro interessi e sviluppare competenze diverse, non vincolati dai dettami degli stereotipi di genere. E in ultima analisi, non è che quello che vogliamo per loro?”

Che cosa vogliamo per i bambini?

E’ evidente che una società che scrive sui body da neonati a chiare lettere gli aggettivi adatti ad una femminuccia e quelli consoni per un maschietto non ha nessun interesse a concedere loro la possibilità di esplorare al fine di decidere in piena autonomia che tipo di persona vogliono diventare.

Come è altrettanto evidente che se sentiamo l’esigenza di cominciare sempre prima ad affibbiare agli esseri umani dei ruoli di genere, abbiamo acquisito nel tempo una maggiore consapevolezza del fatto che in essi c’è ben poco di innato.

Mi domando: abbiamo paura di ammettere che non siamo “liberi” perché riconoscere il contrario ci costringerebbe a prendere posizione contro ciò che ci opprime?

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60 risposte a Genderizzazione

  1. Cinzia ha detto:

    Fino agli anni ’60 maschi e femmine venivano vestiti con grembiulini in colori pastello con sopra applicati cerbiatti, cagnolini, gattini.A molti maschietti non venivano tagliati i capelli corti fino alle elementari, sopratutto se avevano morbidi boccoli e le orecchie a sventola (chi non ha una foto sbiadita di qualche familiare con la famosa “banana” al ciuffo). Questo perché i bambini piccoli non avevano sesso, erano “angioli” che dovevano restare neutri fino almeno ai sei anni. È stato considerato puritanesimo , ma alla luce di oggi, forse era meno insensato di quanto sembrasse.
    Per noi che abbiamo vissuto tutti i passaggi è una bella beffa generazionale.

  2. Paolo ha detto:

    i body per neonati sono una cavolata. Io continuo a credere che comunque alla fine siamo noi a scegliere e che ci sono tanti modi di vivere la mascolinità e la femminilità tanti quanti sono gli uomini e le donne nel mondo: modi più o meno statisticamente frequenti ma tutti legittimi e autentici.
    Quanto ai bambini: basterebbe farli giocare con ciò che vogliono (bambole, soldatini o entrambi) senza paranoie del tipo “ah se gioca con X mi diventa Y”

    metto sul tema questa interessante, che la si condivida o no, riflessione della psicologa Costanza Jesurum

    psichico 7/ bambini e questioni di genere.

    • enzocorsetti ha detto:

      io mi chiedo invece come si possa continuare a sostenere che “siamo noi a scegliere” dopo disamine così inappuntabili sul bombardamento di genderizzazione a cui gli umani sono esposti già in tenerissima età.

      • Paolo ha detto:

        ho solo detto che vestire di rosa o azzurro un bambino o una bambina non lo renderà schiavo, comunque ritengo di essermi spiegato, ho anche messo un articolo scritto da una psicologa (molto sensibile alle questioni di genere) che ne capisce più di me

      • enzocorsetti ha detto:

        E io infatti ho alluso al fatto che vestire un bambino di rosa o azzurro non lo rende schiavo soltanto se poi a scuola o al parco, e prima ancora in famiglia se ha fratelli/sorelle dell’altro sesso con vestiti dell’altro colore. L’articolo sul sito di Zaub l’ho scorso e vi ho trovato ben poco di rilevante.

      • Paolo ha detto:

        Io ho già detto come la penso e non cambio idea. tu trovi poco di rilevante in quello che scrive zaub, a me capita lo stesso con alcune cose che scrivi tu

      • Più che altro, a proposito del post che hai linkato, non vedo in cosa sia in contrasto col mio. L’autrice scrive “Distinguerei dunque il discorso della disforia di genere, dal discorso della flessibilità di genere, che riguarda invece l’importanza per cui i bambini, maschi o femmine che siano interpretino flessibilmente la loro identità di genere – una cosa che io trovo salubre, coerentemente con l’osservazione secondo cui in psicologia la flessibilità è sempre sinonimo di benessere e la rigidità di malessere”, e anche “Non sono perciò per niente d’accordo con quelle madri che regalano alle bambine solo giochi da bambine e ai bambini solo giochi da bambini e che scoraggiano il fatto che maschi e femmine giochino insieme”. Non so, onestamente, se la psiche nasca “reazionaria” o in qualche modo ci diventi, e certo non possiamo sapere (io credo) che genere di psiche avrebbero i bambini se nascessero in un mondo senza “giochi per bambina” e “giochi per bambino”, ma solo pieno di giochi; che mondo sarebbe? Un mondo migliore? Un mondo peggiore? E’ per questo che il cambiamento spaventa, perché non possiamo sapere con certezza cosa porterà. Intraprendere una nuova strada è un salto nel buio, e necessita di un grande spirito d’avventura.

      • Paolo ha detto:

        non è in contrasto col tuo ma secondo me argomenta meglio certe questioni. Del resto mi sembra evidente che anch’io sono contro certe rigide divisioni per genere sessuali sui giocattoli

      • Paolo ha detto:

        quelle su giocattoli e genere sessuale

      • Cioè tutto il post…
        Vedi, quando io ero piccola esistevano “le costruzioni” (i mattoncini lego). Tutti le avevamo, maschi e femmine. Non esistevano le costruzioni per i maschi e i “lego friends”: esisteva la confezione per costruire le case, quella per costruire le astronavi… Io avevo le navi spaziali, ad esempio. Il mio post parla di questo cambiamento: oggi ci sono cose catalogate come “per maschi” e “per femmine” che trent’anni fa erano per tutti. Di questo il post che tu hai citato non ne parla. Quindi ti domando di nuovo: in che senso più approfondito? (e non sono polemica: vorrei capire cosa intendi)

      • enzocorsetti ha detto:

        (Pardon per il refuso del commento precedente, intendevo “soltanto se poi a scuola o al parco, e prima ancora in famiglia se ha fratelli/sorelle dell’altro sesso con vestiti dell’altro colore, non trova tutti o quasi tutti abbigliati con quel criterio sessista”. Siccome di fatto spesso lo trova, di fatto spesso diventa schiavo, salvo scegliere diversamente innescando feedback di diversità che lo stigmatizzeranno come un ribelle condizionando l’intera sua vita in maniera ancora peggiore.)

      • Paolo ha detto:

        comunque, io sono per far vestire i bambini di ogni colore che si voglia, rosa, azzurro, blu, verde

      • enzocorsetti ha detto:

        Certamente è legittimo dissentire, e la libertà di pensiero consente di farlo anche senza argomentazioni solide o coerenti… in tal senso apprendere che alcuni miei interventi non vengono giudicati nemmeno rilevanti da persone in disaccordo con la mia opinione, non fa che confermare la plausibilità di quest’ultima, ovviamente sempre a mio avviso. La differenza semmai è che io cambio idea eccome, se trovo convincente un’argomentazione altrui; magari un giorno qualcuno riuscirà a convincermi che l’eventuale ricorrenza maggioritaria dell’azzurro indosso ai maschietti e del rosa indosso alle femminucce è una libera scelta anziché sintomo di un problema, sto ancora aspettando di leggere qualcosa che mi convinca al riguardo.

      • Paolo ha detto:

        bah.io ho detto solo che in una bambina vestita di rosa, di azzurro, di verde o di giallo io vedo una bambina non una futura serva del patriarcato, tu non lo so. Il punto è far sì che bambini e bambine possano vestirsi di ogni colore senza essere derisi per questo

      • Ed esattamente qual è il modo per ottenere che un bambino possa vestirsi come vuole senza essere deriso?

      • Paolo ha detto:

        vestirlo come vuole (nei limiti del possibile: se chiede di andare a scuola vestito da batman o da biancaneve forse è il caso di dissuaderlo) e insegnargli a reagire contro chi eventualmente lo deriderà.

      • Quindi il tuo obiettivo non è impedire che il bambino venga deriso, ma renderlo abbastanza forte da sopravvivere alle persone che lo deridono… (ed eventualmente limitare le occasioni che potrebberlo renderlo oggetto di scherno).

      • Paolo ha detto:

        è giustissimo che la scuola insegni il rispetto e combatta il bullismo, ben vengano i progetti in tal senso. Detto questo, io sono dell’idea che qualche stronzo ci sarà sempre quindi nell’attesa (infinita secondo me) che il mondo diventa un enorme confetto della felicità, conviene prepararsi ad affrontarli

      • Paolo ha detto:

        per inciso: se mio figlio maschio vuole andare a scuola con lo zaino dei minipony deve poterci andare senza essere deriso, ma se dovesse avvenire vorrei essere in grado come genitore di insegnare a mio figlio a non crollare e a difendere le sue scelte (oltre al fatto che gli insegnanti ovviamente dovrebbero intervenire ma se non succede ci si deve difendere da soli)

      • enzocorsetti ha detto:

        Benissimo. Ma poi prenditi la briga di andarli a ritrovare da adulti, ii figlio/ex-bambini che pure riescono egregiamente a “non crollare e a difendere le loro scelte”. Valli a vedere, che fine fanno, una volta usciti dalla scuola e proiettati in un mondo che funziona per aspettative ben definite di vestiario e di atteggiamenti, intendo persino se rispetta la diversità, l’eccentricità o come vogliamo chiamarla. Valli a vedere non soltanto a 20 o 30 anni, ma anche a 40 e 50. Confronta le loro vite con quelle della maggioranza che ha avuto gusti che, per carità, non sono omologati bensì libera scelta. E dopo una certa età, chiedi invece ai primi cosa sono riusciti a farsene di quella libera scelta, cosa sono riusciti ad ottenere e a costruire con la capacità di difendersi.

      • Paolo ha detto:

        enzo, ce la fai ad essere meno melodrammatico? Ma dimentico che tu sei lo stesso tizio che considera “oppressione” il fatto di non poter andare in ufficio indossando i pantaloni corti quando fa caldo e pretende anche di essere preso sul serio quindi tutto si spiega. Ricordo anche di averti sentito dire che la cravatta è “il burka degli uomini”..ma davvero pretendi di essere preso seriamente da una persona mediamente raziocinante?
        Io non posso che ribadire tutto quello che ho scritto, e non mi va di ripetermi

      • enzocorsetti ha detto:

        Paolo, ma come ti permetti di menzionare notizie tratte da dibattiti esterni a questo per screditarmi? A parte che il tono eventualmente “melodrammatico” dei miei interventi è una tua opinione soggettiva, stavo semplicemente facendo un esempio allusivo dei danni che un mondo genderizzato provoca ai singoli individui, laddove l’unica soluzione prospettata è la ribellione individuale in un mondo che resta largamente genderizzato.

      • Paolo ha detto:

        Enzo quei dibattiti si trovano su siti internet e pagine facebook il cui accesso è pubblico quindi non racconto nulla di privato, non è il contenuto di una chat, se avessi raccontato quello sarebbe stato scorretto. Tutto quello che scriviamo su internet è pubblico ed è potenzialmente accessibile a chiunque e all’occorrenza può essere usato contro di noi. Dobbiamo esserne consapevoli e se non lo siamo..peggio per noi

      • Paolo ha detto:

        Riccio, l’autrice del post è una psicologa quindi affronta la questione giocattoli e genere in base alle sue competenze, non è una storica del giocattolo

      • Ecco, allora possiamo dire che la prospettiva nei confronti della questione è diversa.

      • Paolo ha detto:

        e poi scusa enzo ma da quando in qua la “ribellione individuale” è una cosa brutta?

        ecco, magari però ci si ribella per cose un po’ più importanti delle cravatte..ma è una mia opinione personale, fate come vi pare

      • enzocorsetti ha detto:

        Paolo, qui non c’entra il fattore privacy, la scorrettezza è aver contestato un’opinione non nel merito delle specifiche argomentazioni bensì con riferimenti screditanti sulla mia persona. Che certamente chiunque può trovare e poi giudicherà da sé, ma tu intanto sei andato a insinuare l’inaffidabilità tout court delle cose che scrivo. La ribellione individuale non sarà “brutta”, ma le sue conseguenze in un mondo che resta genderizzato sono spesso spiacevoli, se non addirittura devastanti, magari eccetto che pet quell’uno su mille che ce la fa, quindi dubito che un genitore lo auspichi per suo figlio, per l’appunto suggerivo di verificare quegli atteggiamenti osservando la realtà.

      • Paolo ha detto:

        non ho contestato nel merito perchè avrei dovuto ripetere le stesse cose e dopo un po’ mi stufo se permetti.
        Sulla ribellione individuale ti confermo quanto ho detto: se mio figlio vuole andare a scuola con lo zaino dei minipony ha l mio sostegno e mi sembra la cosa nell’attesa sicuramente auspicabile (ma che secondo me non avrà fine) che non ci siano più stronzi che bullizzano i ragazzini che hanno gusti diversi dagli altri..mi sembra la cosa migliore da fare, a te magari non sembra molto..ma io all’utopia del mondo perfetto dove tutti si rispettano l’un l’altro e non c’è mai violenza nè bisogno di ricorrere ad essa per difendersi non ci credo, è un bel sogno per carità, John Lennon ci ha pure scritto una canzone ma nient’altro.
        Anzi chi voleva a tutti i costi creare il mondo perfetto di pace, fraternità e uguaglianza ha finito per creare un inferno ma forse stiamo andando OT

    • IDA ha detto:

      Paolo.. Le imposizioni non sono mai libere scelte. Se sai che una tua scelta può condizionare la tua vita professionale e sociale, non la fai, ti omologhi malgrado alla maggioranza. La vittima del bullo, è in una situazione, momentanea o no, di debolezza e non può reagire e non può essere colpevolizzato perchè è incapace di reagire e la debolezza non è un disvalore, come la forza non è un valore, ma sono caratteristiche umane. Se il grembiule rosa o azzurro non conta nulla, perchè c’è tutta questa resistenza? Se non influisce nella costruzione del genere, perchè si continua a imporli? Sono imposti, e ti spiego perchè: nella scuola dei miei figli, alle elementari il grembiule non era imposto, ma consigliato per certe attività e veniva lasciato a scuola. Sui grembiuli c’erano attaccati dei personaggi dei cartoni. A quel tempo a mio figlio, come tutti i bambini della sua età guardavano i “power rangers” e i power rangers si trovavano solo su grembiuli azzurri. e i personaggi che piacevano alle femmine su grembiuli rosa, risultato, i maschi con il grembiule azzurro e le femmine con quelli rosa. Mia figlia, guardava li stessi cartoni di suo fratello, ma conosceva tutti i personaggi dei cartoni che non guardava, questo perchè doveva aggiornarsi per relazionarsi con le sue compagne di classe. quindi lei aveva personaggi sul grembiule, di cartoni che lei non guardava, ma erano visti dalle sue amiche.
      Poi non sottovaluterei nemmeno la questione della cravatta, perchè e il simbolo dell’eleganza, e imporre una soggettività non è un esercizio di libertà.

      • IDA ha detto:

        Riccio,, le costruzioni sono la disperazione dei genitori.. i miei figli avevano quattro, cinque mila pezzi in giro per tutta la casa. Mia figlia ci ha giocato fino alle superiori. Sarà per la sua passione per le costruzioni che oggi è una geometra?. 🙂

      • Paolo ha detto:

        Ida, mi spiace se tua figlia non poteva indossare il grembiule coi power rangers e non aveva gli stessi gusti televisivi dei compagni, fosse per me i grembiulini gli abolirei. Per il resto ho già detto come la penso e non cambio idea

        Ida..pure tu con “la cravatta = burka degli uomini”?..dai per favore. è vero la cravatta attualmente si riferisce all’eleganza nel vestire solitamente maschile ma in questo non c’è nulla di oppressivo e non ci sarà finchè non metteranno in galera tutti quelli senza cravatta quindi basta piagnistei: chi non vuole mettersi la cravatta non se la mette e non giudica “omologato” chi la indossa.
        E’ che l’eleganza come una serie di altre cose non è democratica, un uomo può essere elegante con o senza cravatta ma se va ad una serata di gala (il contesto è importante) in pantaloni corti non è elegante manco per niente, è un eccentrico nella ipotesi più benevola e un cretino nella peggiore. Accettatelo.e se vi sembra oppressivo dover coniugare il vostro personale gusto nel vestire con il luogo dove dovete andare, siete vittimisti

      • Paolo ha detto:

        ma perchè se dico che sarebbe bene cercare di essere più forti interiormente tutti pensate che voglia colpevolizzare le persone più fragili? Non è così e francamente credo di spiegarmi più che chiaramente quindi se non capite inizio a pensare che il problema sia vostro.

        Forza e debolezza sono caratteristiche umane, a volte però la forza è un valore: dipende da chi la usa, come la usa e sopratutto per fare cosa

      • IDA ha detto:

        Paolo, io non ho fatto nessun riferimento al burka, ho detto solo che non lo sottovaluterei, Come io non giudico chi indossa la cravatta, ma è il contrario, sono loro che giudicano chi non la indossa. Non esistono posti, locali, vietati a chi indossa la cravatta, ma a chi non la indossa si. L’eleganza si è democrazia, perchè è pluralismo, senza pluralismo non esiste eleganza, ma diventa un’uniforme una divisa. L’eleganza è stile e buon gusto, quindi per essere tale deve essere riconosciuta, ma non imposta. Io no giudico nessuno, ma certi aspetti della relazione sociale e l’abbigliamento è un linguaggio, non possono essere sottovalutati e accettati acriticamente.

      • Paolo ha detto:

        Ida, io ho risolto il problema evitando di frequentare locali troppo fiscali sul dress code, vivo bene anche senza andare in certi posti. Ma se uno ci tiene a frequentare certi posti si adegua al dress code.
        Uno che rifiuta la cravatta non lo vedo come un ribelle contro la società oppressiva, con tutta la buona la volontà ma mi state chiedendo troppo.

    • Antome ha detto:

      Paolo, so che è un post vecchio, però questo ricorso all’Utopia, a volte, mi fa cadere le braccia. Ammesso che non arrivi mai il mondo perfetto dove tutti si rispettano, perchè appunto è un’astrazione, possiamo fare comunque in modo, che ci siano uno, due, quattro, tanti stronzi in meno. Spostare un equilibrio e creare un’organizzazione sociale in grado di reagire agli abusi, a ridurre i disagi che possona favorirli (prevenzione), nella fattispecie una azione culturale, nelle scuole, che insegni il rispetto della diversità, anzi la sua inclusione come normale (appunto perchè basata su norme compulsive, la cui frequenza statistica è basata sul conformisco e crea così l’ostracismo verso quelle statisticamente minori, oltre a rafforzare la frequenza di quelle maggioritarie). A volte i professori se ne lavano le mani perchè il “cliente” il genitore ha sempre ragione, oppure non hanno gli strumenti culturali.

      • Paolo ha detto:

        ma infatti è giusto lottare contro il bullismo
        io ho detto che chi vive in un certo modo non è per forza un conformista

  3. IDA ha detto:

    Un paradosso che è diventato un paradigma, inteso come modello, ogni qual volta che fai delle rivendicazioni di libertà o di diritti, ti accusano di voler negare la libertà e diritti ad altri. Se cerchi di contrastare la genderizzazione dei giocattoli, ti accusano di voler condizionare i bambini.
    Io gli anni sessanta li ho attraversati tutti, ma non ho molti ricordi, ricordo che avevo i capelli lunghi e la mia mamma mi faceva la treccia, cosa che io odiavo, un giorno la tagliai con le forbici. Alle elementari avevo la “passata”, tutte le bambine avevano la “passata”, (non so come si chiama il cerchietto per i capelli, in toscana si chiama passata). I grembiuli erano neri sia per i maschi che per le femmine, anche le maestre avevano i grembiuli neri, non tutte ma la maggioranza si. Poi verso la fine delle elementari, cambiò; le maestre nessuna aveva il grembiule, le bambine grembiule rosa con fiocco bianco i maschi azzurro con colletto rigido, (di plastica) bianco e gravattina bianca.

  4. Il rasoio di Occam ha detto:

    Anche la divisione rosa/blu è abbastanza recente.

    http://www.smithsonianmag.com/arts-culture/when-did-girls-start-wearing-pink-1370097/?no-ist=&fb_locale=fr_CA&page=1

    A proposito di moda, lo sapevate (sapevatelo!) che i tacchi alti erano una volta un accessorio maschile, che le donne copiavano per apparire più mascoline? Allora, guarda caso, nacque il tacco maschile (quadrato) distinto da quello femminile (sottile). Poi gli uomini smisero di indossare i tacchi del tutto, insieme ai pizzi ed altri orpelli vennero decretati cosa frivola associata all’instabilità femminile. Poi sparirono dopo la rivoluzione francese, e furono riportati in auge dai primi pornografi. E adesso nessuno riesce a concepire i tacchi in altro modo che associati alla sessualità femminile (almeno nella nostra cultura).

    http://www.bbc.com/news/magazine-21151350

    Succede sempre quando le donne fanno il loro ingresso in ambiti precedentemente maschili, aumenta l’esasperazione delle differenze esteriori tra maschi e femmine, come se ci fosse un’ansia di ricostruire recinti man mano che vengono abbattuti.

    • Paolo ha detto:

      la moda maschile e femminile cambia..per me la cosa importante è dire che una donna coi tacchi e libera e autentica quanto una senza

    • Cinzia ha detto:

      La divisione rosa/blu è abbastanza recente per un motivo molto pragmatico : non si sapeva se il nascituro sarebbe stato di un sesso o dell’altro e quindi il Corredino era preparato neutro; vestivano quasi tutti verde, giallo, rosso, cartazucchero. Anche perché il passarsi abbigliamento da un fratello all’altro, tra cugini, vicini,amici era uso comune e il neutro ottimizzata l’investimento. Magari il ritorno ad un pratico buon senso, ci farebbe bene 😉

    • IDA ha detto:

      Quello dei grembiuli rosa/blu, torna la data con i miei ricordi 71/72..

    • Il rasoio di Occam ha detto:

      Secondo quell’articolo, il motivo pratico era anche che coi vestiti bianchi si poteva andare di candeggina, e non ci si preoccupava di rovinarli. Addirittura certe riviste di moda per bambini ai primi del novevento indicavano nel rosa il colore più adatto ai maschietti, perché più vivace, e l’azzurro, più delicato, per le femminucce.

      Se penso a come certa gente reagisce con orrore al suggerimento di vestire un maschietto di rosa 😀

  5. M. ha detto:

    Ah, Ah, come i muri di gomma! :-))) ( in riferimento a “come se non avessi/mo scritto una riga”..)Grazie Ricciocorno per le belle analisi che ci regali. Ti seguo da tempo ma non commento mai.

  6. Daniela Soravia ha detto:

    Per fortuna c’è chi decide di essere fuori dal coro. Io tengo corsi di cucito creativo per bambini e ho sempre anche qualche maschio che viene. Per i bambini non esiste il problema, loro cuciono perché gli piace. Il problema sono sempre gli abulti.

  7. Maura ha detto:

    Il problema che cucire è un mestiere da uomo. Tutti gli uomini della mia famiglia erano sarti! Provate a fare un corso di majorette e vedete quanti maschi!
    Io ho vissuto i terribili anni 50. I grembiuli erano bianchi per le femmine e neri per i maschi. Le bambine non potevano giocavare in cortile per “non sporcare i grembiuli bianchi”.
    Il prossimo che scrive che una donna che porta i tacchi è una donna libera lo mando in giro con i tacchi a fare la maratona di New York (le poliziotte nei film rincorrono sempre ed efficacemente i ladri in scarpe da ginnastica con i loro tacchi 12, li prendono sempre!)

    • Paolo ha detto:

      Io dico che sono libere esattamente come le altre ma è ovvio che per fare la maratona di new york non ti metti i tacchi a spillo esattamente come non vai in spiaggia col cappotto
      Io vedo parecchi film e telefilm polizieschi americani mai viste donne poliziotto che inseguono i delinquenti portando il tacco 12. Smettete di prendervela col cinema

      • IDA ha detto:

        Paolo, forse non ci fai caso, ma quello che dice Maura l’ho notato pure io. Che corrono o rincorrono con i tacchi.. Non è prendersela con il cinema dire che i telefim americani sono pieni di stereotipi, ricordo un episodio della signora in giallo che erano a Venezia, e il gondoliere che canta “o sole mio”. e tutti gli esterni erano accompagnati dalla suonata per mandolino di Paisiello.

      • Paolo ha detto:

        io vedo un sacco di polizieschi, è vero che non mi concentro spesso sulle calzature degli attori ma sono sicuro che le poliziotte non hanno il tacco 12 quando sono in servizio sia nei film sia nella realtà.
        Magari la Signora in giallo è un po’ “old fashion” ma i telefilm americani sono la cosa migliore che ci sia in TV da ogni punto di vista, alcune serie tv sono arte per me
        Anche I Soprano erano stati accusati di perpetrare lo stereotipo del mafioso italo-americano, ma il punto è che parecchi mafiosi americani hanno (o avevano, oggi la mafia italo-americana è in declino) cognomi italiani ed è legittimo raccontarlo, la famiglia Gambino non me la sono inventata, esiste.

  8. Tiziana ha detto:

    In effetti è vero: le bambine che vengono iscritte alla scuola per principesse non vengono obbligate. non più di quanto lo siano la maggior parte dei bambini nelle attività extrascolastiche, spesso pensate dai genitori come parcheggio dopo la scuola (ci sono bambini, tanti che…il lunedi hanno judo, il martedi danza, il mercoledi calcio ecc). Spesso vi vengono trascinati per soddisfare aspettative fallite dei genitori (volevo fare calcio ma non me l’hanno mai lasciato fare, ci manderò mio figlio anche se lui vuole fare pallavolo.questo quando non dicono apertamente “lo farà lui per me”)
    Avendo letto il programma non ci vedo nulla di male nella scuola per principesse, se nn il fatto che non sia stata estesa anche ai maschi: trovo che sia molto utile e divertente insegnare anche al maschietto insegnare a cucire un abitino per il ken o bambolotto che sia. Nonchè insegnare le buone maniere, oggi ritenute antiquate ma vista la maleducazione dilagante c’è bisogno urgentemente di correre ai ripari.
    Le imposizioni esistono da sempre, qualsiasi tipo di educazione è un’imposizione: per coerenza dovremmo togliere qualsiais tipo di educazione.

    • Se cerco nell’enciclopedia “educazione” trovo questa definizione: “Il processo attraverso il quale vengono trasmessi ai bambini, o comunque a persone in via di crescita o suscettibili di modifiche nei comportamenti intellettuali e pratici, gli abiti culturali di un gruppo più o meno ampio della società.”
      Ovvio che in una società dove ai maschi e alle femmine sono attribuiti determinati ruoli di genere, ai bambini saranno trasmesse quelle norme comportamentali che li aiuteranno a comportarsi come maschi e femmine. Il punto è che si tratta, appunto, di “abiti culturali”.
      Quello che dovremmo chiederci è: quale funzione hanno? Se assumiamo una prospettiva femminista, gli stereotipi di genere assolvono la funzione di perpetuare uno status caratterizzato dalla diseguaglianza, nel quale il maschio (quello forte e competente) è superiore alla femmina (quella carina e sentimentale).

  9. paolam ha detto:

    Ne avevamo già parlato e, quindi, (ri)confermo tutto. Per la storia: dal 1965 al 1970, alle mie elementari, le femmine avevano il grembiule bianco e i maschi il grembiule blu; dal 1970 al 1973 alle mie medie inferiori, le femmine e maschi avevano il grembiule nero. Dopo, libere/i tutte/i e alle superiori niente grembiuli. Alle bambine si potevano regalare sia bambole che piste per le automobiline, anche se ai bambini era impensabile regalare bambole; tutto il resto però era indifferenziato. E questa era l’enorme differenza da quel che oggi viene imposto dal mercato e dalla pubblicità. Ieri pomeriggio ho ascoltato con orrore un’amica più che trentacinquenne dire che si era dedicata con i nipoti ai giochi da maschi (piste e macchinine) e con le nipoti ai giochi da femmine (bambole, acconciature etc.) e questo detto da una donna autonoma, indipendente in tutti i sensi, sportiva etc. Come se la sua personale realtà dell’essere fosse separata da un’immaginaria realtà del dover essere. BACK LASH. Sul tema sempre valido: “Ancora dalla parte delle bambine” di Loredana Lipperini.

    • Paolo ha detto:

      questa amica vieterebbe al nipote maschio di giocare con le acconciature se volesse? E vieterebbe alla nipotina di giocare con le macchinine? Se come spero, non avrebbe alcun problema a giocare con le macchine con la nipote e viceversa..allora forse non va troppo male

      • paolam ha detto:

        Personaggio dell’aneddotica familiare: un’anziana parente che, essendo un po’ sorda, interveniva nelle conversazioni, per non parere di non aver seguito, dicendo : “Eh, s’ì, infatti”, a qualsiasi proposito. Con i più vari effetti comici.

      • Antome ha detto:

        Tardivissima curiosità? Ma ti riferivi a Paolo, sarebbe lui il “sordo”? Perchè?
        Per me chiede, senza malizia, ma con finta ingenuità, fino a dove si spingerebbe questa tua amica nell'”enforcement” dei ruoli di genere. Anche se probabilmente, e anch’io come lui, si aspetta già una conferma del sospetto.

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