Serafina, la strega tagliacazzi

La propaganda è definita come ““the management of opinions and attitudes by the direct manipulation of social suggestion.” (Lynette Finch, “Psychological Propaganda: The War of Ideas on Ideas During the First Half of the Twentieth Century,” Armed Forces & Society 26, no. 3 (2000): 368.): scopo della propaganda è quello di influenzare il pubblico fino a modificarne la percezione della realtà.

Una delle tattiche usate per suggestionare e influenzare l’opinione pubblica si serve degli stereotipi, che vengono estremizzati allo scopo di stigmatizzare una categoria di persone.

Alcuni esempi di questo genere di propaganda sono i manifesti che nel secolo scorso hanno fatto un largo uso degli stereotipi razziali per raffigurare il nemico, come i poster della serie “Tokio Kid say”, nei quali “Tokio kid” pretende di rappresentare il tipico giapponese:

Anti-Jap3

In questa serie di manifesti vengono esagerate alcune caratteristiche somatiche orientali – gli occhi allungati, i denti da cavallo – che vengono associate ad altre caratteristiche, come le orecchie a punta e i canini affilati, per rendere il giapponese una creatura meno umana e più animalesca, la cui natura violenta è sottolineata dal brandire un coltellaccio insanguinato.

Questo tipo di immagini si proponeva di spaventare l’americano medio per garantire il suo sostegno alla guerra.

Un altro esempio, del quale ho già scritto in passato, sono le vignette della rivista Der Stürmer

ds16anelle quali l’ebreo è raffigurato come un verme, un insetto, un ragno o come un calvo grassone dal naso prominente, le unghie affilate e un’espressione vagamente ottusa che suggerisce un misto di ingordigia e lussuria.

Anche le suffragette sono state oggetto di questo genere di propaganda:

suffragette Qui possiamo vedere le donne che lottavano per ottenere il diritto di voto rappresentate come zitelle brutte e frustrate: “husbands for old maids!” si legge in uno dei manifesti, “mariti per le vecchie donne di servizio”, a suggerire che a monte delle proteste delle donne vi fosse la loro scarsa avvenenza e la conseguente impossibilità a raggiungere lo status che ogni donna agogna, quello di moglie.

Racchie, sessualmente frustrate, obnubilate dall’odio irrazionale e ingiustificato verso il maschio, i luoghi comuni sulle femministe da allora non sono cambiati poi molto (una lista esaustiva degli argomenti usati contro le donne che si espongono contro la discriminazione di genere potete trovarlo seguendo questo link), e il web pullula di vignette e meme creati per snaturare e svilire le tematiche che da sempre il femminismo affronta, come ad esempio la violenza domestica:

violenza sulle donneUno dei personaggi virtuali creato recentemente per denigrare il femminismo è l’avvocata Vajassa Faldocci; nel sito a lei dedicato (Feminazi Leaks – Diario segreto di una femminista), leggiamo che il suo creatore (o la sua creatrice) scrive con l’obiettivo di

denunciare il problema delle avvocate feminazi, manipolatrici e femministe che operando sotto la copertura di strutture dai nomi accattivanti danno sfogo al loro odio contro gli uomini, che vedono tutti come violenti e pedofili, aiutando quante più donne possibile a divorziare appropriandosi dei figli plagiandoli con calunnie e insegnando loro l’odio contro i papà (…) Queste spietate pedo-criminali oggi cercano di nascondere che tutto ciò è un abuso sull’infanzia chiamato alienazione genitoriale o PAS; cercano di opporsi al vero affido condiviso ed al mantenimento diretto dei figli.  Proliferano in quei centri che praticano il “lesbismo separatista”. Saccenti ma ignoranti, hanno posizioni di potere nelle istituzioni e ricchi finanziamenti grazie a politici vicini al femminismo ed alle quote rosa, alle giornaliste di area che aiutano a promuovere le loro iniziative, a diffondere statistiche grottesche finalizzate a dipingere i “maski” come violenti e ricostruzioni false dei casi trattati dalle loro “amichette”. Vajassa Faldocci nasce da una attenta osservazione delle feminazi reali, che la osteggiano perché rifiutano di vedersi allo specchio.”

Proprio come Tokio Kid, il personaggio Vajassa Faldocci è funzionale a stigmatizzare una categoria di persone; per suscitare odio e disprezzo nei confronti di qualsiasi donna di dichiari femminista e si adoperi nella difesa delle vittime di violenza intrafamiliare, la Vajassa (una parola che descrive una donna di bassa estrazione sociale, sguaiata e volgare) esaspera una serie di stereotipi: le femministe sono brutte, le femministe sono lesbiche, le femministe odiano i padri dei loro figli e se si separano plagiano i bambini per non farli stare col papà, le femministe vogliono gli uomini zerbini, sottomessi e pentiti, ecc.

Questa propaganda, a dispetto del suo apparire puerile e inconsistente, è efficace. Non si spiegherebbe altrimenti il suo riproporsi nel tempo e nei più disparati contesti.

Qualche giorno fa una mia lettrice mi ha fatto conoscere un nuovo personaggio, Serafina. Serafina è la protagonista di una serie di post satirici dal titolo Femministology.

In Serafina troviamo riproposti molti dei luoghi comuni usati in Vajassa Faldocci: è ottusa, “virile”, odia gli uomini (“Lei distingue gli uomini in tre categorie: fetenti, vastasazzi, teste di minchia”), non cura il suo aspetto e ha un atteggiamento disfunzionale nei confronti del sesso.

Se Vajassa Faldocci è stata creata per colpire le donne che operano nell’ambito della violenza domestica, Serafina è una femminista abolizionista.

Serafina vuole rappresentare la donna-tipo che sostiene il modello nordico (quello della relazione Honeyball, per intenderci), ed è raffigurata come una creatura poco intelligente, autoritaria, bugiarda (Se serve una prova tangibile a dimostrazione del suo discorso allora bisogna inventarlo), e ansiosa di tagliare cazzi.

In questo momento storico, all’interno del movimento femminista è in corso un dibattito sulla prostituzione: c’è chi definisce la prostituzione un lavoro come un altro, sostenendo che la decisione di entrare in questo settore è una questione di scelta individuale, con la quale lo Stato o chiunque altro non dovrebbe interferire (anzi, lo Stato dovrebbe piuttosto facilitare tale scelta perché possa essere vissuta nel modo più sicuro possibile), e c’è invece chi nella prostituzione vede una delle forme di violenza contro le donne perpetrate dal patriarcato.

Queste dueposizioni su alcuni punti concordano; tutte le femministe ritengono che le persone trafficate e/o sfruttate non dovrebbero essere criminalizzate e tutte le femministe sono favorevoli agli interventi di “riduzione del danno”, come ad esempio quegli strumenti atti a garantire la salute delle persone che si prostituiscono (contraccezione gratuita, assistenza in caso di dipendenza da droga e alcol…).

Il fatto che una femminista decida di servirsi della propaganda e degli stereotipi per degradare e stigmatizzare chi non condivide la sua analisi di un fenomeno, lo confesso, mi rattrista molto.

Soprattutto perché “Femministology” si serve di luoghi comuni maschilisti: la frustrazione sessuale, il cattivo gusto nel vestire, l’ingiustificata “cattiveria” verso poveri maschi innocenti e le “false accuse” (Perfino io che non conto niente sono riuscita a toccare quella vittima e a strapparle un lembo di stoffa. Toccare una santa regala grazia e dieci anni di vita in più accompagnati dal signore. Così, con l’aureola in testa, vediamo sparire all’orizzonte la vittima di tratta assieme a Serafina. Sapremo poi che Serafina, quella stessa sera, ha pagato molti quattrini alla signora che si è prestata per la recitazione).

false accuse_serafina

Alla creatrice di Serafine e a tutte le donne che in rete sostengono che Serafina – come Vajassa – possa nascere dall’osservazione delle abolizioniste reali (rafforzando così il peggiore – e più dannoso per le donne tutte – dei luoghi comuni, quello che vuole menzognera ogni donna che denunci di aver subito violenza da un uomo), rivolgo un invito:

torniamo a confrontarci portando degli argomenti, e lasciamo le caricature a chi di argomenti non ne ha.

Gli argomenti:

Scienziati per un mondo senza prostituzione

Femminismo e industria del sesso

Amnesty International sostiene che la prostituzione sia un diritto umano – ma si sbaglia

Petizione: Amnesty International e la prostituzione

Lettera aperta ad Amnesty International

Lo stupro non è un diritto umano

Sopravvissute e sex work

Prostituzione: una parola che UN Women non vuole sentire

Manifesto delle sopravvissute

Noi non compriamo le donne

Gli uomini che comprano sesso: le loro parole

Parliamo delle scelte di lui

«Senza il minimo coinvolgimento». Voci di “clienti”

Prostituzione: è dai clienti che arrivano stigma e disprezzo

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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51 risposte a Serafina, la strega tagliacazzi

  1. Blossom ha detto:

    Non è una femminista ed è sempre più chiaro il suo ruolo in tutto ciò: fare una campagna misogina dall’interno. Che essere triste.
    Fossi in lei comunque eviterei proprio di sponsorizzare un profilo di femminista volgare, ignorante, poco o per nulla intelligente, bugiarda, sciatta e di brutto aspetto: è lei stessa.

    • Vedi come va a finire? Alla fine si riduce tutto all’argumentum ad hominem: siccome chi parla è brutto e cattivo, allora quello che dice è falso. Non c’è più dialogo, ma solo una battaglia di insulti e l’argomento del quale si dibatte passa in secondo piano, viene dimenticato.
      Siamo esseri umani, ed è normale perdere la pazienza di tanto in tanto, ma questo modo di confrontarsi finisce con lo svilire tematiche importanti.
      Sulla base di cosa bisognerebbe prendere una decisione? Vince di insulta di più? E’ avvilente.

      • Blossom ha detto:

        È tutto vero ma non riesco a tenerla in considerazione, non vedo i suoi argomenti. Di norma non la leggo, leggo pochissimi blog italiani per lo più, quando lo faccio ogni rigo pare gridare: malafede. Preferisco zorin guarda, lui non finge d’essere ciò che non è.

  2. ... ha detto:

    C’è chi ritiene che la prostituzione a volte è una forma di violenza e a volte no, e chi la ritiene sempre una forma di violenza. Quest’ultima posizione, che non ha argomenti a suo favore, è fonte di caricature, perché, che sia una scelta o una visione viziata da pregiudizi, ha scelto di piegare la realtà a propria immagine. Giusto tornare agli argomenti e al confronto sulle idee, ma a partire dall’autocritica. Altrimenti il confronto è impossibile.

    • Gli argomenti ci sono, eccome. Ci avevo già pensato, al fatto che sarebbe stato sensato mostrarli, quindi stamattina ho aggiunto dei link sotto questo post. Chi è interessato può aprirli e approfondire.

      • ... ha detto:

        Scusa, ma è una questione logica. Gli argomenti a quella posizione non ci sono, e basta. Non c’è nessun link che può darti ragione su questo punto. Tutti i gatti sono neri. Ne vedi uno bianco, ti correggi. La prostituzione non può essere di per sé una forma di violenza. Voler continuare su questo punto ti porta dritta alla caricatura.

      • Ma li hai aperti e letti quei link? Troveresti dei contenuti, se ci cliccassi sopra.
        Ci spiegheresti nel dettaglio perché non sarebbero degli argomenti?
        Poi, tanto che ci sei, spiegaci anche perché il personaggio Serafina incarna tutti gli stereotipi maschilisti che le femministe tentano di scrollarsi di dosso dai tempi delle suffragette.
        Le accuse mosse a chi si dichiara abolizionista sono gravi: si accusa chi porta testimonianza delle violenze subite nella prostituzione di mentire, e di mentire in cambio di denaro.
        Queste accuse, però, non sono mosse “sul serio”: ci si serve di una parodia, cosicché le persone che hanno prodotto queste testimonianze, come ad esempio l’autrice di “Paid For” (http://www.resistenzafemminista.it/vita-di-un-attivista-contro-sistema-prostituente/), vengono denigrate senza potersi difendere.

      • Ti porto un altro esempio: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2015/05/09/di-uomini-stress-e-torte/
        In questo post ho cercato di spiegare che chi contesta la definizione di prostituzione come “lavoro”, assimilabile a qualsiasi altra professione, si concentra sull’argomento che ruota attorno alla “libera scelta” di prostituirsi, omettendo di inserire nelle sue analisi il contesto nel quale avviene questa scelta, e il contesto è una società che percepisce la donna come oggetto di consumo e non come persona, titolare del diritto di avere una sana e soddisfacente vita sessuale.

  3. ... ha detto:

    Non ho detto che non sono argomenti, ho detto che la posizione “la prostituzione è una forma di violenza”, non ha argomenti. è sbagliata concettualmente. Si dimostra concettualemente. Non c’è un link a una storia o informazione qualsiasi che può rendere vera quella posizione, a meno di piegare la realtà. Se invece cambi posizione, i tuoi argomenti entrano in gioco. Così no. Qualsiasi confronto su questo piano non può che passare dall’ammissione che la prostituzione può far parte di questo mondo, con certe condizioni. Mentre la posizione abolizionista esclude questa ipotesi. Questo non significa che qualsiasi opinione abolizionista è sbagliata, e che le informazioni o gli argomenti che usi per la tua posizione sono sbagliati. Ad essere sbagliata è solo la posizione di partenza. Per sbagliata intendo che nel nostro sistema di valori è sbagliata. Se immagini che le persone possano fare sesso consensuale, non puoi mettere una postilla per cui se c’è del denaro di mezzo allora è esclusa la consensualità. Penso che sia abbastanza facile capire questo punto. O al limite si può immaginare un mondo in cui nessuno ha voglia di prostituirsi come ideale, senza però escludere che ci siano mondi in cui qualcuno ha voglia di prostituirsi.

    Ci sono contesti nei quali non è data scelta, e ci sono contesti nei quali la scelta è data. Dunque?

    La caricatura non l’avrei fatta, o l’avrei fatta solo delle idee. Non posso sapere il perché dei riferimenti a certi stereotipi. Posso immaginare che fra chi ha militato nel tempo si è prodotta una frattura sui modi che hanno dato una certa immagine del femminismo. Se ci sono ragazze che oggi hanno a dir poco diffidenza della sola parola non è solo per via del sessismo maschilista. Poi non sono su fb, ma ogni tanto leggo dei post con relativi commenti, e gli attacchi personali sono frequenti da ambo le parti.

    • “Se immagini che le persone possano fare sesso consensuale, non puoi mettere una postilla per cui se c’è del denaro di mezzo allora è esclusa la consensualità.”

      Poniamoci una domanda: che significa sesso consensuale?
      Chi assume una posizione abolizionista risponde a questa domanda in modo diverso da chi parla di sex work. Il sesso consensuale non è quello che si consuma quando formalmente i soggetti coinvolti dicono “si”, ma quando il sesso è l’espressione del desiderio, per tutte le persone coinvolte. Se entrambe le parti hanno il desiderio di fare sesso, allora non c’è nessun bisogno di pagare. Il denaro entra in gioco proprio perché è funzionale ad eludere il consenso.

      • ... ha detto:

        il fatto che per te se ce consenso non c’è bisogno di pagare non vuol dire che se c’è bisogno di pagare allora il consenso è escluso. Non ho studiato per cui non riesco a metterla in maniera formale, ma è così. De tipo: se piove, esco con l’ombrello. Non hai l’ombrello, allora non piove. Non puoi inferire che se non piove non esci con l’ombrello. Né che se hai l’ombrello, allora piove. dipende. Se mi va, non pago e non vengo pagato. Non vuol dire che se qualcuno viene pagato, allora non gli va. Hai messo le tue premesse per confutare le conseguenze altrui. Non è il denaro a eludere il consenso, è il potere. Il denaro semmai crea la condizione di potere, ma di per sé non elude nulla.

        Al di là del fatto che stai proiettando quello che per te è un bisogno e che per altri è un piacere. Tu non lo faresti, altri sì. Inoltre non può essere la tua visione del mondo a definire il consenso. O ipotizzare che dato che per te l’unico sesso consensuale è senza pagamento, allora questo vale per tutti. E anche che le persone non vivono la sfera sessuale allo stesso modo, per cui quello che per te è sempre un atto intimo e condivisibile solo a certe condizioni, per altri si manifesta in modi differenti.

        Non ci sarebbe nessun problema se la posizione abolizionista fosse soggettiva, che assumesse una valenza di prassi, per cui i rapporti sessuali sono immaginati non mediati dal denaro. il problema è che questa visione la si estende a tutti, pretendendo di dire come si esprime il desiderio e il consenso.

      • Intanto: io non sto “proiettando” proprio niente. Tu non sai cosa mi piace, né cosa faccio nella mia vita privata. Cerchiamo di escludere dalla conversazione la psicologia spicciola, e lasciamo questo genere di analisi negli studi degli psicoterapeuti.

        La mia analisi parte dall’osservazione della realtà, non è un mero esercizio sofistico. Io non sto “inferendo” proprio nulla. Ho premesso che il pensiero abolizionista pone una premessa: il sesso consensuale è quello che viene consumato quando entrambe le persone desiderano fare sesso. Questa è una definizione, non la conclusione di un discorso logico, pertanto è arbitraria. Difatti, la definizione di sesso consensuale data da chi parla di sex work è un’altra: il sesso consensuale è quando una persona dice di si, a prescindere dalle sue motivazioni (che non interessano, infatti tu stessa dici “Non vuol dire che se qualcuno viene pagato, allora non gli va”: certo, potrebbe essere che gli va come no, ma per te è ininfluente).
        Ci sono delle condizioni oggettive per le quali è molto difficile che l’esercizio della prostituzione coincida col desiderio della donna che si prostituisce, ed è la quantità di sesso che una prostituta è costretta a consumare, mediamente, per guadagnarsi da vivere. Le prostitute ammettono di essere costrette ad utilizzare pomate anestetiche, per sopportare il dolore di una simile quantità di penetrazioni. Se pensiamo che in uno dei bordelli più famosi dell’Austria (dove la prostituzione è legale) una prostituta deve pagare 175 Euro al giorno una stanza per lavorare, somma che corrisponde a 4 clienti (fonte: http://seebetterlear.com/2015/08/10/is-prostitution-a-human-right/), è facile comprendere quanto sia difficile sostenere che una prostituta possa “scegliere”, una volta inserita in un circuito del genere. Una volta “scelto” di entrare in un bordello, non può più permettersi di scegliere se fare sesso, quanto sesso fare e con chi, perché è vincolata da delle necessità: pagare il bordello, e poi guadagnare abbastanza da pagarsi da vivere. Ecco che, secondo me, il discorso sul “consenso” perde di significato.
        Il motivo per cui per me non è ininfluente che una donna desideri quella quantità di rapporti o meno, non dipende dal fatto che “proietto”, ma dal fatto che leggo e mi informo, e fra le cose che leggo c’è anche quello che scrivono i terapeuti che raccontano dei danni alla salute fisica e psichica che tutto quel sesso non desiderato procura alle prostitute: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2015/02/03/scienziati-per-un-mondo-senza-prostituzione/
        Chi rimpicciolisce il campo di analisi sono i teorici del sex work, che si limitano a discutere della scelta del singolo individuo. Quella scelta non avviene in un vacuum, ma in un preciso contesto, ed è una scelta che comporta delle conseguenze, e quel contesto e quelle conseguenze non possono essere ignorate.

    • Inoltre: l’hai detto eccome che non ci sono argomenti. Ti cito: “Quest’ultima posizione, che non ha argomenti a suo favore, è fonte di caricature” e ancora “Gli argomenti a quella posizione non ci sono, e basta”.
      Io ritengo che invece tu gli argomenti non li conosca, e non li conosci perché non godono della medesima diffusione che ottengono gli argomenti favorevoli alla regolamentazione.
      Perché poi è di questo che si parla: non di limitare la libertà delle donne che vogliono prostituirsi (che in Italia sono liberissime di farlo), ma della depenalizzazione del reato di sfruttamento, ovvero del diritto di guadagnare sulle donne che si prostituiscono.

      • ... ha detto:

        Ma questi non sono argomenti a favore della tua tesi, che ho espresso sopra. Se non è quella la tua tesi, mi correggo. Infatti, rileggi, ho detto che non ci sono argomenti per quella tesi, non che i tuoi non siano argomenti. Io li sto conoscendo, cerco di studiare la questione. Possiamo anche immaginare che una legislazione a livello mondiale di tipo abolizionista agisca meglio di quella regolamentatrice, nel senso che diminuirebbe il numero di persone costrette a prostituirsi, che è più importante di salvaguardare la libertà di prostituirsi, volendo metterli sullo stesso piano (anche se non credo che le due cose siano collegate) Se questo fosse vero, sarebbe una tesi a favore di un certo modello rispetto a un altro, ma certo non affermerebbe che la prostituzione sia una forma di violenza. Sono due cose diverse. Si può far del bene anche partendo da principi deboli.

      • Vedi? Io e te stiamo discutendo civilmente della questione. Questo, secondo me, dimostra che un dibattito basato sugli argomenti è possibile, anzi, non solo è possibile, ma è estremamente costruttivo e proficuo.
        A questo punto, ti senti ancora di affermare che il personaggio di Serafina è la diretta conseguenza della mancanza di argomenti sui quali costruire un dibattito serio?

      • Volevo solo chiarire che il femminismo abolizionista parla di violenza patriarcale contro le donne, riferendosi alla prostituzione, basandosi sul dato che ci dice che la stragrande maggioranza delle prostitute è donna, mentre i clienti sono maschi. Quella che viene assunta è una prospettiva di genere, che si interroga sul perché di questa enorme disparità numerica.

    • IDA ha detto:

      Il sistema abolizionista, non si pone l’obiettivo di abolire la prostituzione, non si pone l’obbiettivo di diminuire il numero di prostitute. La libera scelta di prostituirsi è salvaguardata, non è vietata, vietato è lo sfruttamento, la condizione coatta, l’induzione, ecc.. Quindi perché parlare di libera scelta quando è l’unica cosa salvaguardata? Il problema della prostituzione, non è la libera scelta della prostituta, perché nessuno la mette in discussione, ma la prostituzione coatta, lo sfruttamento, la criminalità organizzata, amministratori, che parlano di decoro, dei clienti pervertiti e violenti, non tutti naturalmente, ma esistono, la corruzione, trafficanti di esseri umani, trafficanti di organi, la salute psico-fisica delle prostitute, maternità, e altro, questi sono problemi aderenti alla prostituzione, non la libera scelta, già c’è e solo combattendo lo sfruttamento, puoi garantire l’effettiva libera scelta.
      Ora parliamo di concetti: Il sesso può avere due funzioni, riproduttiva e ricreativa. Uno/a può fare del sesso un’attività professionale, anche se un lavoro può dare momenti di piacere e farlo con piacere, ma è sempre un lavoro con i suoi doveri e obblighi. Con questo non dico che uno è meglio di un altro, ma dico che sono due cose differenti e vanno analizzate in maniera differente, una è un’attività ricreativa e l’altra è un mezzo di sussistenza.
      Quindi la prostituzione non ha nulla a che fare con il libero amore o con il libertinaggio, ma con il dominio, la diseguaglianza sessuale e il predominio maschile. Già questo ci porta nel territorio del sopruso e della violenza, in più la transazione di denaro serve a bypassare il consenso. In oltre si può dire che è sessista, perché prevede unicamente un rapporto soggetto/oggetto.
      Mettere in discussione la prostituzione NON vuol dire mettere in discussione le scelte delle donne, o degli uomini, ma il patriarcato, il sessismo e ogni gerarchia economica e politica.

      • ... ha detto:

        ah, che bello, siamo d’accordo. un’altra prostituzione è possibile. Quindi è stato solo un problema di comunicazione, un eccesso di sintesi: abolizionismo della prostituzione coatta.

      • IDA ha detto:

        Nel sistema abolizionista chi si vuole prostituire lo può fare. Non mette in discussione il diritto a prostituirsi. Non è un problema di comunicazione ne di sintesi, ma di significato.

  4. Sonia ha detto:

    Si tratta semplicemente di onestà intellettuale e di discussione pacata. Inventandosi fakes o storielle da temino di quinta elementare per lasciar sottintendere che “sia così bello e liberatorio” prostituirsi (con l’immancabile postilla che sostiene che riferimenti a persone e fatti sono puramente casuali, tanto per lavarsene poi le mani) non soltanto è disonesto, ma ridicolo.

  5. ... ha detto:

    Ok, ma tu puoi fondare una posizione del genere su un assunto arbitrario (ma tu poi ne trai la conclusione che se c’è il denaro non c’è consenso: è questo il salto logico sbagliato che ti contesto) e pensare che valga per tutti? Che ci siano posizioni pro sex work ingenue, o poco attente al contesto, che riducono tutto a una questione etica consensuale non porta a negare la posizione possibilista, mentre la sola testimonianza di una persona che vuole fare quello nega la tesi abolizionista. Inoltre non mi pare di conoscere persone favorevoli al sex work che neghino la coercizione (e non è neanche corretta la posizione che riporti tu, poiché tu neghi che ci sia la volontà di farlo dietro compenso, mentre non tutti coloro che sono per il sex work non sono affatto indifferente alle motivazioni del sì, semplicemente si ammette che qualcuno desidera fare sesso dietro compenso, sia che lo ritenga accettabile solo per guadagnare, e sia che lo ritenga anche piacevole in sé), mentre è frequente ascoltare tesi abolizioniste che negano la consensualità. è così difficile limitarsi a indagare il campo senza metterci il cappello teorico della violenza in sé, che ripeto non ha argomenti? Io non sto scrivendo qua per discutere i pro e i contro dei vari modelli, di cosa è meglio e cosa è peggio. Non mi interessa. Ti sei chiesta come nasce una caricatura ed hai espresso la giusta idea di confrontarsi sulle idee. Forse potresti cominciare dal mettere in discussione alcune cose che dici, i frame entro cui metti i tuoi argomenti, esempio il caso Amnesty. Mettere link a titoli che fanno credere che Amnesty sostenga che la prostituzione sia un diritto umano. è corretto? Dire lo stupro non è un diritto umano. Chi è che sostiene il contrario? Si può far credere a chi legge che la posizione pro sex work implichi questo, sia fondata su questo? A cosa serve allora una retorica del genere?

    • Scrivi: “tu neghi che ci sia la volontà di farlo dietro compenso, mentre non tutti coloro che sono per il sex work non sono affatto indifferente alle motivazioni del sì, semplicemente si ammette che qualcuno desidera fare sesso dietro compenso, sia che lo ritenga accettabile solo per guadagnare, e sia che lo ritenga anche piacevole in sé”. Io non nego affatto che una donna possa volontariamente fare sesso dietro compenso, dove lo avrei negato? Dico che quando si accetta di fare sesso non per desiderio, ma solo ed esclusivamente per guadagnare, io non lo considero “sesso consensuale”. Il sesso consensuale, per me, è un’altra cosa, è quello che fanno due (o più) persone mosse dal desiderio.

      Tu non puoi basarti sui titoli, dovresti aprire i link e leggere il contenuto cui quel titolo rimanda.
      Ad esempio Amesty International ha dichiarato che
      “Il desiderio e l’attività sessuale sono bisogni umani fondamentali. Criminalizzare coloro che non sono in grado o per qualche motivo sono impossibilitati a soddisfare tale esigenza attraverso i mezzi tradizionali e per questo acquistano sesso, può per questa ragione rappresentare una violazione del diritto alla privacy e minare il diritto alla libera espressione e alla salute.” [http://www.scribd.com/doc/202126121/Amnesty-Prostitution-Policy-document]
      E’ corretto affermare che Amnesty sostiene che chi non può soddisfare i propri desideri “attraverso i mezzi tradizionali” ha il diritto di acquistarli?

      Io con questo post non mi sto chiedendo come nasce una caricatura in generale, ma come nasce Serafina. Serafina permette di muovere una serie di accuse molto gravi: i dati dei quali si serve per sostenere le sue tesi sono falsi, le testimonianze che porta sono false, non accetta il dialogo con chi non la pensa come lei, disprezza le donne che si prostituiscono e gli uomini tutti. Queste accuse sono mosse contro un’intera categoria di persone, senza che venga portato un solo esempio concreto a supporto di queste accuse. Quali sono le testimonianze false? Chi è che spende il suo denaro per pagare queste false testimonianze? Quali sono i dati falsi usati a sostegno del modello nordico?
      Usare Serafina permette di muovere delle accuse senza darsi il disturbo di supportarle con delle prove. E’ questa secondo me la funzione che assolve.

      Io sono qui a dialogare con te. Non mi sembra che questo denoti una mia incapacità di mettermi in discussione, ti pare? Se non accettassi il confronto ti bannerei e me ne starei a suonarmela e cantarmela tutta da sola. E’ assurdo accusarmi di non essere capace di mettermi in discussione se sono qui, aperta al dialogo.

      • Io, al contrario di Serafina, ti posso fornire degli esempi di testimonianza costruita ad arte per dimostrare una tesi: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2015/08/06/kattia-la-prostituta-felice/ Guarda caso non hanno nulla a che fare con la “retorica abolizionista”.
        Ciononostante non mi permetterei mai di generalizzare, giungendo all’indebita conclusione che TUTTE le persone che parlano di sex work si servono di mezzi del genere per sostenere tesi insostenibili. Che è quello che invece fa “femministology”.

      • ... ha detto:

        Parli con me perché sei aperta al dialogo, che non vuol dire che sei aperta al confronto. Forse sì. è una caratteristica rara,soprattutto quando ci sono queste questioni, poiché dovresti fare un post in cui dici che ti sei sbagliata su alcune cose. Se non c’è questo per me non c’è differenza. So che suona divertente, ma altro non posso dire, poiché è così. In ogni caso non è un’accusa la mia, ci mancherebbe. è un’opinione.

        Se tu sei disponibile ad ammettere che le persone hanno una visione diversa di cosa è il sesso consensuale e di come si esprime il desiderio, allora devi ammettere che non puoi basare la definizione di prostituzione come forma di violenza solo sulla tua idea di consenso. Allo stesso modo per cui nessuno accetta la visione della Chiesa per quanto riguarda il sesso(la dignità del sesso nel matrimonio), tranne i suoi fedeli. Se le abolizioniste continueranno a pensare alla prostituzione in questo modo saranno trattate in questo modo. Altro non posso dirti.

        Dài per scontato che abbia letto solo i titioli, ma per il mio discorso non c’è bisogno di leggere il contenuto, sebbene in certi casi lo abbia fatto. La mia opinione te l’ho data. trovo curioso mettere uno stralcio di un documento per condizionare le idee ai lettori e far credere loro cosa pensa AMnesty, come l’accusa di essere dalla parte dei papponi, o di voler togliere il reato di sfruttamento della prostituzione, o di essere per il diritto di acquistare sesso, cosa negata a chiare lettere nelle bozze e nelle Q&A. Anche qui, se vuoi ti puoi fidare di quello che ti obietto o puoi continuare sulla tua strada, fai come credi. Nel senso che io non credo che tu non abbia capito ciò che dice Amnesty, ma cerchi di fargli dire un’altra cosa perché hai una visione diversa delle cose.
        Tanto più che ci sono le carte, molto chiare nel loro contenuto.

      • Fammi capire: è aperto al confronto solo chi è disposto a darti ragione senza neanche esporre le sue ragioni? 🙂 Scusa se rido, ma il succo del tuo discorso è questo: “dovresti fare un post in cui dici che ti sei sbagliata su alcune cose. Se non c’è questo per me non c’è differenza.”
        Io dovrei riconoscere che sono in errore di fronte alle argomentazioni di una che ritiene di non avere neanche bisogno di leggere i contenuti che le propongo, perché sa già di essere nel giusto. E quella che non accetta di mettersi in discussione sarei io? Io almeno ti leggo, non ti rispondo che non ne ho bisogno per sapere che hai torto, perché mi suonerebbe un tantino arrogante.
        Inoltre, sostieni che siccome le abolizioniste hanno idee diverse dalle tue, allora è legittimo denigrarle, accusandole di nefandezze di ogni genere: “Se le abolizioniste continueranno a pensare alla prostituzione in questo modo saranno trattate in questo modo.” Su questo non sono affatto d’accordo, ed è proprio per questo che ho scritto questo post.

      • ... ha detto:

        Ma: o tu sei nel giusto o non lo sei, non dipende da me (posso benissimo essere meno aperto al confronto di te, la questione non cambia). Se è questo il caso, dovresti correggerti. Ho premesso che è divertente, ma è così. La questione che ti ho posto non si risolve accrescendo informazioni, sei almeno d’accordo su questo? Per questo dico che non ho bisogno di leggere nulla per sapere che hai torto su una questione (tra l’altro non significa che non ti leggo, ma che è indifferente in questo caso). Non per arroganza, ma perché è una questione che si risolve col solo ragionamento. O la prostituzione è intrinsecamente violenta, oppure non lo è. Io ho solo sostenuto questo. C’è bisogno di leggere dei contenuti per saperlo? Non mi pare. Basta un qualsiasi esperimento mentale. Questo determina l’abbandono di ogni argomento contrario? No, secondo me determina la presa d’atto che c’è un vizio di base nelle proprie tesi, e basta.

        Poi non mi pare di aver scritto che è legittimo denigrare, né che non sei aperta al confronto (non lo so se lo sei, non ti conosco. Il fatto che accetti il dialogo non è una prova di una reale voglia di confrontarsi, tutto qua). Ho detto che non avrei fatto quella caricatura, o che l’avrei limitata alle idee, per quanto non ne sento il bisogno. Tu puoi giustamente non essere d’accordo, ma ogni cosa ha un effetto, e l’effetto che suscitano certe idee abolizioniste produce caricature. Che tu lo voglia o meno. Posso sbagliarmi nella previsione, ovviamente. Così come non m’importa proprio nulla che tu sia in errore o meno. Tu hai espresso un invito, io ti dico che ne penso. Ci può essere confronto tra due idee opposte? Solo attraverso una mediazione, che implica retrocedere su alcuni punti. Il punto sul quale penso debba interrogarsi la posizione pro-sex work è l’ipotesi di forme di punizione dell’acquisto, seguendo la linea Amnesty. Se è illegale lo sfruttamento e la coercizione-tratta (ove ci sia), lo è anche l’acquisto. Così come nel momento in cui legalizzi la droga, punisci il cliente che la acquista attraverso canali criminali. Se però il cliente ha la possibilità di acquistarla legalmente.

      • Vorrei rispondere su questo: “l’effetto che suscitano certe idee abolizioniste produce caricature”. Ma che vuol dire? Qui contro un’intera categoria di persone vengono mosse accuse gravi ed infondate. Serafina è molto più che una caricatura, è un calderone nel quale sono stati riversati i peggiori stereotipi che il maschilismo ha sempre usato contro le donne in generale, e contro le femministe soprattutto.
        Perché offrire un’analisi diversa da quella che vuole il sex work una professione come un’altra scatena necessariamente tutto questo livore?
        Tu sostieni che dipende dall’illogicità delle argomentazioni.
        Io le mie argomentazioni non le trovo affatto illogiche.
        Le persone fanno sesso e fanno sesso perché il sesso è piacevole, quando lo si fa con dei partner che suscitano desiderio.
        Il denaro non serve a nulla.
        Io non ti ho chiesto che cosa vogliono le donne che si prostituiscono (è chiaro che vogliono del denaro), ti ho chiesto che cosa comprano con quel denaro gli uomini che vanno a prostitute.
        Si paga per eludere il problema del consenso, inteso come rapporto tra pari; nella prostituzione non serve che la prostitua provi davvero del desiderio, non c’è bisogno che le piaccia ciò che le viene chiesto di fare e la prostituta non ha il diritto di chiedere nulla né di negare nulla, perché il denaro serve a pagare la sua rinuncia a questi diritti. Questo non solo procura dei danni alla salute sessuale delle persone che si prostituiscono, ma influenza il rapporto tra i sessi nella vita di tutti i giorni.
        A te tutto questo non sembra logico? A me si. Basta spostare la discussione dalla libertà di vendersi al diritto di comprare; perché comprare? Le statistiche ci dicono che gli uomini che vanno a prostitute sono uomini normali, spesso coinvolti in relazioni sentimentali, uomini che hanno una normale vita sessuale. Che cosa comprano, se non sesso con una persona sulla quale possono esercitare il pieno controllo?
        E’ di questo che discute il femminismo abolizionista, che sostenendo la piena decriminalizzazione della prostituta non ha mai inteso condannare la scelta di prostituirsi (come invece sostiene Serafina). Semplicemente si occupa di analizzare lo scenario nel quale avviene questa scelta, uno scenario nel quale le scelte possibili per le donne sono limitate e condizionate da un contesto ancora fortemente patriarcale, lo stesso identico scenario che produce tratta e schiavitù.
        Perch vedi, il cliente è sempre lo stesso e non si cura di verificare se la prostituta della quali si sta servendo è una libera sex worker o una schiava. Se parli con i clienti, le prostitute che frequentano sono tutte libere a autodeterminate. eppure la tratta esiste, le persone trafficate sono tantissime. Chi sono i clienti delle vittime del traffico di esseri umani?

      • ... ha detto:

        Puoi pensare che ci sia del livore gratuito oppure puoi cominciare a pensare che le posizioni abolizioniste sono difese con atteggiamenti facilmente caricaturabili, dalle tesi assurde (la prostituzione è sempre violenza, donne sempre vittime, clienti tutti mostri), agli atteggiamenti accusatori (Amnesty sta con i papponi, difende i clienti stupratori, eccetera). Non proseguo oltre su questo. Fai le tue considerazioni, ciò che sentivo di dirti te l’ho detto.

        Per il resto, non farmi dire più di quello che dico. Non ti ho detto da nessuna parte che tutto ciò che dici non è logico. Così è faticoso parlare. Ti ho detto che la tesi di partenza è sbagliata, e si dimostra logicamente. Solo questo. Altre cose che dici sono confutabili sul piano fattuale.

        Il denaro non serve a nulla. Falso. Essere pagati può di per sé essere fonte di piacere.
        Non fosse così, comunque non si arriva a conclusioni del tipo che allora serve a eludere il consenso. Altro errore. Il consenso deve esserci comunque. Per caso quando paghi qualsiasi professionista costui è obbligato a lavorare per te e perde ogni diritto? Gli artisti non si fanno pagare?

        Il denaro serve a negare i diritti della prostituta. Falso, non sempre è così. La prostituta può rifiutare il cliente, se è nel potere di farlo.

        I clienti comprano il pieno potere sulle prostitute. Falso, non sempre è così. Ancora una volta è questione di potere.

        I clienti non sono tutti uguali, non tutti pagano per avere il pieno controllo.

        Il diritto di comprare non è il diritto che si ha su una merce, per cui entri in un negozio e se hai i soldi compri,poiché la merce è inerte. Contratti con una persona una prestazione. Se questa persona è nel possesso del suo potere la contrattazione è consensuale, essa può porre dei limiti, può rifiutarsi di farlo, può interrompere la prestazione, può richiedere aiuto. Se non ci sono queste condizioni è una forma di violenza, se ci sono non lo è. Il pagamento non impedisce che ci siano queste condizioni. Perché continui a dire che il denaro elude il consenso, quando non sempre è così? Il denaro crea la possibilità. Altrimenti torni a quel corto-circuito logico di cui sopra, per cui essendoci denaro non può esserci consenso, per cui c’è sempre violenza. A meno di arrivare ad assurdità maggiori del tipo che ogni rapporto sessuale privo di desiderio spontaneo è un rapporto violento, di dominio. Il fatto che il desiderio della prostituta non sia necessario (cosa che non esclude la possibilità che vi sia), non lo rende un rapporto coercitivo, perché appunto ogni persona vive la sessualità a suo modo, clienti compesi, quando non diventa una violazione della libertà altrui.

        Non capisco come continui a scrivere queste cose, e con te tante altre persone lo fanno, quando sono evidentemente una parte della realtà, spacciandole per il totale della realtà. Questi argomenti, non sono cose sulle quali discute il femminismo abolizionista (FA), sono tesi sbagliate che cerca in ogni dove di promuovere, dando adito a ovvie reazioni di sconcerto, quando non di insofferenza. Se il FA discutesse senza arroccarsi su posizioni indifendibili, non avrebbe le critiche che riceve. Quando le critiche le esprimono gli uomini, è perché difendono il diritto a stuprare. Con le critiche poste da donne invece cosa ci si inventa? False femministe, collaborazioniste, eccetera.

        Ci sono tante ragioni per comprare sesso, tra cui avere il pieno controllo. Quest’ultima è una ragione inaccettabile, altre no. Rappresentare un mondo in cui esiste solo questa ragione è un altro motivo per cui il FA viene contestato.

      • “Donne sempre vittime, clienti mostri, Amnesty sta con i papponi”: queste non sono le tesi abolizioniste. Queste sono semplificazioni create ad arte per ridicolizzare una posizione.
        Per questo ti ho invitato ad aprire i link e ad informarti su cosa davvero dicono le persone e perché lo dicono.
        Quella operata dal personaggio di Serafina è disinformazione, più che una caricatura.

        “I clienti comprano il pieno potere sulle prostitute. Falso, non sempre è così. Ancora una volta è questione di potere.
        I clienti non sono tutti uguali, non tutti pagano per avere il pieno controllo.” Ok questa è la tua tesi. E ora come la dimostri? Perché un uomo dovrebbe spendere dei soldi per qualcosa che molte donne hanno una gran voglia di fare? Alle donne piace il sesso, proprio come piace all’uomo. Perché c’è una enorme differenza numerica fra i maschi che comprano sesso e le donne che comprano sesso?
        La tua analisi manca del contesto. La tua analisi è scollegata dalla realtà. La tua analisi omette di considerare che la sdtragrande maggioranza delle prostitute è costituita da donne straniere, da donne povere, da donne che hanno iniziato a prostituirsi quando erano ancora minorenni.
        La tua analisi manca del contesto. Il contesto è il patriarcato. Senza contesto, l’acquisto di “servizi sessuali” è semplicemente inspiegabile.

    • IDA ha detto:

      Puo essere.. può avere…se è nel potere di farlo… Ma questo potere chi lo stabilisce, chi lo delimita, la forza contrattuale, quindi il mercato, o lo stato etico e moralizzatore che stabilisce norme e regole per vendere sesso? E chi non ha questo potere?
      Dici: “Se le abolizioniste continueranno a pensare alla prostituzione in questo modo saranno trattate in questo modo. Altro non posso dirti.”
      Cos’è una minaccia?
      Quale potere etico e morale hai per stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato pensare della prostituzione?

  6. ... ha detto:

    Ma il problema del femminismo abolizionista non è la sua prospettiva di genere, e tutto il portato patriarcale che sappiamo. Il suo problema è che la realtà cambia, e ogni ideologia deve fare i conti con la realtà.

    Io non so, anche se intuisco le motivazioni di quella caricatura. E se l’ho detto mi correggo, ma non penso alla caricatura come diretta conseguenza di, e che appunto non ci siano argomenti seri sui quali dibattere dall’altra parte. Però sì, ritengo che la tesi di fondo e alcuni atteggiamenti incontrati in rete si prestano a una caricatura, che può essere anche a sua volta messa in discussione.

    • IDA ha detto:

      Allora: si intuisce che c’è un’etica superiore, la quale dice: le femministe abolizioniste non hanno capito un cazzo sulla prostituzione e la realtà. Bene ne prendo atto! Ma vorrei capire cos’è la prostituzione? libertà sessuale, libero amore, libertinaggio, si può dare una definizione concettuale o si deve aderire per fede?

      • ... ha detto:

        Ma il problema, cara Ida, è che vuoi concettualizzare ciò che non può essere concettualizzato. Prostituzione è l’atto sessuale dietro compenso. Stop. Il FA cerca di descrivere questo comportamento con valenze intrinsecamente negative (la società è il prodotto del patriarcato, la prostituzione è nata in seno alla società, dunque è il prodotto del patriarcato, dunque non va bene, mai), per portare acqua al suo mulino ideologico, scontrandosi con la realtà, che è multiforme. Ogni persona ha una storia diversa e vive in maniera diversa la sua vita, per cui non ha alcun senso dire la prostituzione è questo o quello, ancor meno ha senso associarla a concetti fumosi come libertà sessuale, libero amore, libertinaggio, che ognuno definisce a suo modo e che portano solo confusione. Quindi nessun atto di fede (e tantomeno nessuna etica superiore), ma semplice osservazione empirica. Le storie di chi si prostituisce sono le stesse? Stesse motivazioni? Stesse condizioni? E le persone che acquistano sono uguali, hanno gli stessi comportamenti? Allora perché vuoi una definizione concettuale univoca per una cosa cosa così eterogenea?

      • Ancora non hai risposto alla mia domanda.
        Perché pagare una donna per un atto sessuale quando il mondo è pieno di donne che fanno sesso per il loro piacere senza sentire alcun bisogno di essere pagate?

      • ... ha detto:

        Sono sotto esame? Evidentemente le donne di cui parli non vanno in giro per il mondo h24 con chiunque. La quantità di donne che un uomo può incontrare è limitata, ancor di più la quantità di sì che riceve. C’è chi sta bene con le donne che gli è dato di incontrare e chi cerca altro (ma non vale lo stesso per chi tradisce con altre donne senza pagare?). Uomini che cominciano con la prostituzione per difficoltà relazionali da giovani, per poi avere una relazione stabile; che alternano vita di coppia e prostituzione nei periodi di singletudine; uomini d’affari sposati che tengono parallelamente coppia e prostituzione; uomini che ritornano alla prostituzione da vecchi; clienti abituali oppure occasionali: quest’ultimi per curiosità, come esperienza trasgressiva o particolare nella propria vita. C’è chi non ha una buona vita sessuale in coppia, o che non si ritiene soddisfatto. C’è chi prova l’esperienza con le persone trans. Clienti abituali, occasionali, non-clienti tentennanti, dubbiosi, potenziali, timorosi, non-clienti e basta. Criminali e non (fra i clienti come fra i non-clienti)

        In ogni caso ci sono ormai diversi studi in merito, arrivati con un po’ di ritardo poiché l’attenzione sociologica si è concentrata in principio su chi si prostituisce. Ma la letteratura è sempre più diffusa.

      • Gli studi (ad esempio questo: Farley, M., Bindel, J and Golding, J.M. (2009). Men who buy sex: who they buy and what they know. London) ci dicono che i che la maggior parte degli uomini che fanno sesso a pagamento, contestualmente sono coinvolti in una normale relazione sentimentale. Questo ci dice che non è la mancanza di alternative alla prostituzione la ragione per la quale queste persone vanno alla ricerca di prestazioni sessuali in cambio di denaro. Quindi perché pagare per qualcosa che possono fare gratis?
        E perché la stragrande maggioranza dei clienti è di sesso maschile?
        Non puoi ridurre tutto ad una miriade di casi individuali, sperando che questo tuo approccio – che semplicemente rifiuta di verificare se ci sono delle caratteristiche comuni alla maggior parte dei clienti – possa confutare un’analisi basata sul riconoscimento della matrice patriarcale della prostituzione.

      • ... ha detto:

        guarda, continui a prendere le mie parole per metterci cose che tu pensi di quello che scrivo. Ed è stancante. Uno, il mio non è un approccio teorico volto a disconoscere la radice patriarcale della prostituzione (che è una visione con la quale concordo in parte, poiché ho delle riserve qui fuori tema). I miei sono esempi che ti smentiscono nei fatti, laddove basta un esempio contrario a smentire una teoria. Due: appunto la radice patriarcale non esclude che ci siano situazioni che non dipendono da essa, e questo è quello che tu non capisci, e con te il FA, che pensa di far aderire alla realtà la propria visione della realtà. Tre: ti batti tanto contro il riduzionismo biologico per poi sostituirlo con quello sociologico. Quattro: non ho scritto da nessuna parte che è la mancanza di alternative a definire il tutto. Sarebbe sciocco pensarlo in principio, e basta appunto dare un’occhiata in giro per capire che ci sono clienti single e accompagnati. Ci sono pure le coppie che provano l’esperienza a pagamento come fantasia ulteriore. Quello che non capisci è che c’è differenza tra fare sesso con la propria compagna o una qualsiasi, cosa che puoi fare gratis; e farlo anche con un’altra donna, con la quale invece gratis non puoi farlo, poiché gratis ella non vuole. Cinque: non ho proposto miriadi di casi individuali. Ho proposti alcuni esempi fra quelli che mi sono venuti in mente e fra quelli che ho letto nel libro che ti ho linkato. E non l’ho fatto per dire che non ci sono caratteristiche comuni fra i clienti. Solo che queste possibili caratteristiche comuni non dànno modo di poter parlare dei clienti come fossero un blocco unico. Se vuoi che le tue analisi siano prese sul serio devi fare i conti con questa realtà. La scelta in questo caso è tutta tua. Buone cose

      • Nessuno qui vuole negare che ci possano essere dei casi particolari che esulano dalla stragrande maggioranza delle statistiche. Il punto è che si vuole basare la politica sulla prostituzione su quelli che sono una esigua minoranza di casi, ignorando che la regolamentazione della prostituzione (la cosiddetta brothelisation), nei paesi in cui è stata applicata “a tutela del libero sex work” ha avuto effetti nefasti sulla tratta di esseri umani (che si è intensificata) e sulla schiavitù sessuale delle persone economicamente svantaggiate.

      • IDA ha detto:

        Come non si può concettualizzare? L’hai fatto.. “Prostituzione è l’atto sessuale dietro compenso.” Definizione giusta e siamo d’accordo. Chi è che da una valenza negativa a quest’atto? Io assolutamente no, e come me, nemmeno Lina Merlin, che ha tolto lo stato da esprimere un giudizio, vietato le schedature, e ha reso la prostituzione è un atto consentito. Quindi richiedo, l’atto chi è che lo condanna o lo considera negativo?
        Mi stai dicendo che associarla alla libertà è un concetto fumoso, ma associarlo al lavoro no? Quindi il business deve sempre avere il sopravvento sulla libertà dell’individuo? Per me no.
        Chi è che afferma che sono le stesse storie, le stesse condizioni, lo stesso vissuto ecc.. Chi è, e dove viene affermato questo. Se io parlo di sfruttamento non esprimo un giudizio su chi si prostituisce. Se io parlo di tratta non esprimo nessun giudizio su chi è costretto a prostituirsi. Perchè la prostituzione è fatta di tante cose, tanti soggetti ed è riduttivo parlare solo e unicamente di chi si prostituisce. Una risposta c’è, mi si costringe a parlare di chi si prostituisce, per non parlare degli sfruttatori e dei trafficanti. Forse non è questa, ma è lecito pensarlo.
        Ma arriviamo al dunque, come si è detto nessuno giudica chi si prostituisce, chi sceglie la prostituzione come lavoro, chi per libertinaggio, chi per bisogno, chi perché è stata costretta, chi per amore, chi per noia, per tanti altri motivi, ognuna ha la sua condizione e il suo motivo. Detto questo, qual è la forma o il modello che le può garantire la dignità e la libertà di tutte? Perché non siamo in un paradiso terrestre, siamo in una società maschilista e autoritaria, con un capitalismo feroce e rapace e bisogna farci i conti.

      • IDA ha detto:

        Siamo in una società che offre molte opportunità prostituenti alle donne, dal matrimonio, per accedere al lavoro, per mantenere il lavoro, per aver riconosciuto dei diritti, e tante altre forme più o meno subdole. Io giudico, critico e combatto questo sistema perché lo considero iniquo e discriminatorio, quindi violento, ma non giudico le donne che accettano di prostituirsi per avere un posto di lavoro, per mantenersi il lavoro o per carriera, Giudico il sistema che le costringe e non la scelta individuale. Altresì sono solidale con quelle donne che hanno pagato per essersi rifiutate.

      • ... ha detto:

        Su questo sono d’accordo, la politica non può basarsi solo su una realtà.

      • Paolo ha detto:

        matrimonio e prostituzione nella società occidentale moderna non centrano nulla: marito e moglie si scelgono per amore o per altri motivi ma comunque si scelgono; le prostitute che possono selezionare il cliente sono poche.
        Definire il matrimonio come “occasione di prostituirsi per le donne” significa pensare di vivere ancora nel medioevo e non è così

      • IDA ha detto:

        Mii.. Paolo, cosa sei andato a cercare… ho dovuto rileggere i commenti per capire a cosa ti riferivi.
        Io non lo escludo, ci sono ancora donne che basano il proprio riscatto sociale, il proprio benessere, investendo nel matrimonio. Logicamente è un matrimonio d’interessi. Cos’è questa se una forma di prostituzione? Attenzione, io non giudico lei, ma quella cultura a cui facevo riferimento nel commento.

  7. IDA ha detto:

    La propaganda serve ad acquisire il consenso in assenza di argomenti e in presenza di menzogne.
    Poi c’è un’altra tendenza strategica, che è quella della “sessuofobia”. Parola jolly, che viene usata su tutto per tutto, a sostegno del dominio e del dominante, quindi non più come una fobia, un disturbo, ma come arma retorica. Se parlo di sessismo, il problema non è il sesso, ma la discriminazione e il dominio, ma con la parola sessuofobia, ti puntano l’attenzione sul sesso, quindi eludono intenzionalmente il problema, dimostrando di essere sostanzialmente dei sessisti.

  8. Maria Serena ha detto:

    Boia che palle, il solito trolletto che rigira le frittate quando lo sgami. …

  9. Alessandra ha detto:

    Come sempre articolo molto interessante. Vorrei precisare che “old maid” in realtà vuol dire “vecchia zitella”, nel senso di donna avanti con gli anni che non si è sposata né ha avuto figli (“maid” sarebbe abbreviazione di “maiden”, vergine). Vedi http://it.urbandictionary.com/define.php?term=old+maid

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  11. Pingback: Prostituzione violenza sessista – Massimo Lizzi

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