Dicono della Pas XX: Intervista alla Giudice Maria Clara Sottomayor

Intervista condotta da una giornalista di Justiça Legal, un programma della rete televisiva ufficiale del Tribunale Giudiziario dello Stato di Santa Catarina, Brasile.

sottomayor Profilo biografico

  • Laurea in Diritto nella Scuola della città di Porto, della Facoltà di Diritto dell’Università Cattolica Portoghese.
  • Master in Scienze Giuridico-Civiliste nella Facoltà di Diritto dell’Università di Coimbra.
  • Dottorato in Diritto Civile nell’Università Cattolica – Porto.
  • Docente nella Scuola di Diritto di Porto dell’Università Cattolica Portoghese (dal 1989 al 2012, in regime di esclusività).
  • Eletta come Giudice Consigliera del Supremo Tribunale di Giustizia del Portogallo dal 26 Settembre del 2012.

Intervistatrice: È la giudice più giovane del Supremo Tribunale di Giustizia del Portogallo. Lotta contro la violenza sessuale, afferma che essere femminista non è nulla di stravagante. La mia intervistata di oggi è Maria Clara Sottomayor.

D: Maria Clara che cosa intende oggi la giustizia come alienazione parentale?

R: L’alienazione sarebbe allontanare il bambino dall’altro genitore. Pertanto sarebbe un comportamento manipolativo, un lavaggio del cervello del bambino per ottenere che egli smetta di relazionarsi con l’altro genitore. È chiaro che questo concetto è stato utilizzato come strategia di difesa da parte di individui accusati di violenza domestica o di abuso sessuale del bambino perché in queste situazioni il bambino rifiuta di vedere il padre e anche la madre, esercitando il suo dovere di protezione, impedisce il contatto del padre con il bambino, per proteggere il bambino dal rischio di essere nuovamente abusato o violentato.

Questo concetto ha un effetto perverso quando ci sono accuse nel tribunale penale contro i padri. Per un altro verso è una teoria che ha una concezione del bambino come un qualcosa che non ha opinioni proprie e che è necessariamente manipolato da uno dei genitori, che non esiste indipendentemente dai genitori. Ora, il bambino, sappiamo oggi, ha varie fasi di sviluppo ed è una persona che ha diritti fondamentali e che ha anche sentimenti, una volontà propria, la capacità critica di avere un’opinione propria, che analizzerà le situazioni. Quando c’è un divorzio il bambino si posiziona e non è necessariamente manipolato dalla madre o dal padre, ha una sua propria opinione; questo è stato confuso da Gardner con una psicosi del bambino, descritto come la conseguenza di una manipolazione quando in realtà è solo l’affermazione della natura umana e della dignità umana del bambino, che è una persona, come ciascuno di noi.

D: Quando si parla di sindrome di alienazione parentale che cosa si intende?

R: La sindrome di alienazione parentale è un concetto inventato da un medico nord-americano nel 1985, chiamato Richard Gardner, che classificava come malattia o disturbo mentale il comportamento del genitore che, a suo giudizio, ha la pretesa di rompere il vincolo affettivo del bambino con l’altro genitore nella situazione dei divorzio. Classificava questo comportamento come un insieme di sintomi rivelatori di una malattia o disturbo mentale. Come malattia non è stata mai riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità né dall’Associazione americana di psichiatria; successivamente è stata tolta la parola sindrome ed è nato il concetto di alienazione parentale come fatto oggettivo, sprovvisto di qualsiasi psichiatrizzazione, di chi lo mette in pratica.

D: Questa tesi dell’alienazione parentale, non avendo una base scientifica, perché è accettata dai tribunali brasiliani?

R: Non solo in Brasile, anche in Europa, negli Stati Uniti, in Argentina, questo concetto dell’alienazione parentale si è diffuso come una miccia che prende fuoco perché è un concetto che sfrutta i miti e i bambini in relazione alla famiglia e alle donne. Questo concetto presume che le donne quando divorziano subiscono uno sconvolgimento o siano esseri malevoli, che inventano accuse contro l’altro genitore e che facciano del loro comportamento giudiziario una strategia di vendetta contro l’altro genitore. In realtà nella maggior parte dei casi quello che accade è che queste madri stanno proteggendo i loro figli dalla violenza e dall’abuso. Questo non significa negare che padri e madri si comportino con mancanza di etica nei tribunali e che senza un motivo che lo giustifichi pretendano di rovinare la relazione del bambino con l’altro genitore, ma questi casi sono una minoranza; la soluzione proposta dalla tesi dell’alienazione parentale, sancita dalla legge brasiliana, il cambio di affidamento, l’applicazione di sanzioni o di multe, non è una soluzione adeguata per risolvere questo tipo di conflitti che devono essere risolti con aiuto psicologico, mediazione familiare e non con l’applicazione di sanzioni. Soprattutto bisogna cominciare ad ascoltare il bambino per sapere quali sono i motivi per i quali rifiuta il padre; perché nella maggior parte di questi casi il bambino rifiuta il padre non perché è stato manipolato dalla madre ma perché proprio il genitore rifiutato si è comportato con il bambino in maniera sbagliata o sleale e il bambino reagisce come qualsiasi essere umano cercando di allontanarsi dalla persona che non lo ha rispettato.

D: Che relazione c’è tra l’alienazione parentale e l’abuso sessuale?

R: La relazione è enorme, perché Richard Gardner, l’inventore di questa teoria, svolse la sua carriera professionale seguendo individui accusati di abuso sessuale e pertanto creò questa teoria per sostenere che nel contesto del divorzio le madri inventano accuse di abuso sessuale come strategia di vendetta contro l’altro genitore. Fanno parte proprio dei criteri o indizi di alienazione parentale le false accuse di abusi sessuali, il che induce i professionisti degli stessi tribunali a non dare valore a queste accuse, mettendo in pericolo il bambino invertendo l’affidamento od obbligandolo alle visite. Questa soluzione è prevista nella legge brasiliana come soluzione dell’alienazione parentale e quindi delle false accuse di abuso sessuale.

D: Che conseguenza ha per un bambino vittima di abuso sessuale essere obbligato ad avere una convivenza familiare con il proprio abusante?

R: La conseguenza è molto grave, secondo me; sono situazioni di violenza sul bambino messe in atto dal padre o altra figura familiare in cui il bambino soffre come le vittime di guerra o dell’olocausto o di tortura. Se questa situazione si ripete quotidianamente e i tribunali non lo proteggono, il bambino presenterà vari sintomi di disturbi psichici e sofferenza, enuresi notturna nei più piccoli, insuccessi scolastici, depressione, ansia, angoscia, nei più grandi tendenza al consumo di alcool, droga. Il bambino o il giovane avrà scarse capacità di relazionarsi con altre persone, sente la sua dignità e la sua intimità sistematicamente violate; è una situazione di sofferenza enorme che oggi noi non possiamo accettare.

D: È vero che ci sono molte false accuse di abuso sessuale nelle cause di divorzio?

R: Non credo a questo fenomeno delle false accuse perché il fatto di non poter provare nel processo penale un abuso sessuale non significa che non sia accaduto e pertanto bisogna fare molta attenzione con l’utilizzo di questo concetto delle false accuse. Quello che gli studi mostrano, e a oggi lo studio più rappresentativo è quello fatto negli USA nel 1990, basato su 9.000 divorzi, è che la maggior parte di queste accuse non sono fatte dalle madri; l’abuso sessuale è un reato di allarme pubblico, qualsiasi persona ha il dovere di denunciarlo. La percentuale di false accuse va dal 4 all’8%, come in qualsiasi altro reato, mentre Richard Gardner citava percentuali dal 70 al 90%, che riguarderebbero quindi la maggioranza dei bambini implicati in un divorzio.

D: Perché si accusa Richard Gardner, inventore della teoria della sindrome di alienazione parentale, di difendere la pedofilia?

R: Come medico e come teorizzatore della sessualità umana in uno scritto del 1992 ha affermato che la pedofilia era positiva per l’umanità perché stimolando sessualmente i bambini aumentava la fertilità e la perpetuazione della specie umana. Queste frasi sono orrende e di una gravità tale che da sole definiscono la mentalità di questo medico.

D: C’è del maschilismo in questa teoria?

R: C’è perché si presume che la donna sia un essere malevolo e diabolico che inventa accuse. Questo induce i professionisti a non svolgere le indagini in una forma neutrale perché la neutralità nelle indagini è automaticamente compromessa dalla demonizzazione delle donne proposta da questa teoria dell’alienazione parentale.

D: Quanto agli uomini, i padri possono essere alienanti e accusare le madri?

R: Esiste anche ma è più raro che i padri accusino le madri di maltrattamento. D’altronde gli stessi aggressori quando sono accusati di violenza domestica denunciano a loro volta di violenza domestica le donne.

D: Qual è l’effetto dell’alienazione parentale nelle madri nei casi di in cui ci sono indizi di violenze domestiche o abusi sessuali?

R: È chiaro che una madre che vede suo figlio consegnato a una persona come un abusante ha una sofferenza enorme anche perché sarà trattata come maltrattante, perché per questa teoria dell’alienazione parentale l’unico maltrattamento è l’impedimento al bambino di vedere il padre. La violenza domestica e gli abusi sessuali non sono crimini gravi per questa teoria, nell’ideologia della teoria; ciò che è grave è impedire al bambino di vedere il padre indipendentemente dalla giustificazione che ci sia per questo. Questo è il vero maltrattamento, la madre è trattata come maltrattante, le visite della madre sono sospese o sono svolte in ambiente protetto.

D: Che rimedi la giustizia propone in questi casi e quali le novità in questo senso?

R: La giustizia di fronte ad accuse di abusi sessuali deve immediatamente avviare le indagini, ascoltare il bambino, nominando professionisti specializzati per questo e valorizzare la testimonianza del bambino. Se non si dimostra l’abuso per insufficienza di prove non si deve penalizzare la persona che ha accusato perché altrimenti costringiamo le madri a tacere e a non denunciare questi crimini per non perdere l’affidamento di figli e mettiamo i bambini in una situazione ancora più pericolosa. Ci sono stati in Portogallo e Spagna, e sono i casi che conosco meglio, alcuni tribunali di famiglia che in prima istanza aderiscono alla tesi dell’alienazione parentale, nel processo penale non svolgono le debite indagini sull’abuso, l’accertamento medico-legale non giunge a risultati conclusivi e pertanto presumono che l’accusa sia falsa. Questo non è giuridicamente e moralmente corretto perché la maggior parte degli abusi non lasciano segni fisici, l’unica prova che abbiamo è la testimonianza del bambino, è questo che dobbiamo valorizzare. Il fatto che i risultati degli esami della pratica di medicina legale non forniscano indizi di abuso non significa assolutamente nulla.

D: La mediazione e la conciliazione sono indicate nei casi di accusa di alienazione parentale?

R: Io credo nella mediazione nei casi in cui non vi è alcun indizio di violenza o di negligenza verso il bambino o di maltrattamento; nelle situazioni di violenza o di maltrattamento la mediazione è del tutto sconsigliata perché non c’è uguaglianza tra la vittima e il suo aggressore. La mediazione può essere possibile solo tra uguali cioè tra persone che hanno il medesimo potere nel negoziare una situazione, in casi in cui c’è conflitto ma non c’è alcuna situazione di violenza e nessuno dei genitori ha in corso un processo giudiziario contro l’altro, per perseguire l’altro. A volte la situazione di violenza si verifica durante il divorzio e non esisteva nel corso del matrimonio, pertanto questa situazione di violenza impedisce la mediazione familiare perché così si fa ulteriore violenza alle persone, ai bambini. Se non c’è alcuna situazione di violenza, se c’è solo un fraintendimento o un conflitto allora sì è utile la mediazione familiare con tecnici specializzati che facilitino il dialogo tra i genitori per superare i loro problemi attraverso una via più pacifica.

D: Lei crede che l’affido condiviso sia una soluzione per una convivenza familiare salutare?

R: L’affido condiviso è consigliabile solo per le situazioni in cui c’è accordo tra i genitori, in cui ci sia capacità di cooperazione e collaborazione in relazione all’uno con l’altro, che sappiano superare i propri conflitti personali nella relazione con i figli e che abbiano capacità parentale educativa per allevare i figli e avere entrambi una relazione affettiva con i figli. Perché se manca tutto questo è completamente irrealistico supporre che il giudice imponga che le persone sappiano mettere in pratica con successo l’affidamento condiviso. Al contrario, il bambino rimane più esposto ai conflitti ed è dimostrato che questa maggiore esposizione ai conflitti è causa di sofferenza per il bambino. Ciò che è importante è la qualità della relazione con i genitori non necessariamente la quantità di questa relazione.

L’intervista è stata tradotta dal Dott. Andrea Mazzeo e la pubblicazione autorizzata dalla Giudice Maria Clara Sottomayor, che ringrazio.

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12 risposte a Dicono della Pas XX: Intervista alla Giudice Maria Clara Sottomayor

  1. Morgaine le Fée ha detto:

    Forse leggermente OT, ma oggi mi sono imbattuta in questa notizia:
    http://www.repubblica.it/cronaca/2017/01/10/news/_troppo_effemminato_tredicenne_tolto_alla_madre_e_a_padova_scoppia_la_polemica-155728297/?ref=HRER3-1
    Non so se c’é altro dietro, ma giá il fatto che il padre fosse accusato di molestie sessuali ma assolto nonostante non si fosse dubitato delle parole del figlio, é orribile.

    • https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2016/04/07/il-padre-divorziato-che-molesto-la-figlia-minore/ Qui c’è un esempio che spiega come è possibile.
      Da notare che, nel corso delle indagini, erano stati accertati
      “comportamenti inadeguati da parte del padre (consistenti in toccamenti delle parti intime)“ (…) “comportamenti che hanno dato fastidio alla minore e che la stessa ha percepito come invasivi”.
      Nonostante il giudice penale avesse verificato la sussistenza dei comportamenti contestati, nella condotta del padre viene rilevata “l’assenza di rilievi di natura penale”. Si parla anche di “inconsapevolezza attribuita al M. in relazione alla sua condotta“, come se il “grave turbamento psichico nella figlia C.” non bastasse a dare rilievo penale alla vicenda e fosse necessaria una ammissione di responsabilità del tipo “mi rendo conto di aver fatto qualcosa di sbagliato”. Perché è così che fa di solito, chi commette un reato, no? Si mostra perfettamente consapevole del danno inflitto…

    • IDA ha detto:

      A dimostrazione di quanti pregiudizi esistono ancora in Italia sull’omosessualità. anche da parte di chi dovrebbe essere un tecnico. Questa era una delle vecchie teorie che circolavano al tempo in cui facevo l’università io, ed era già considerata priva di fondamenti. La teoria era la figura materna troppo dominante e la figura paterna debole. questo determinava l’omosessualità, non si capiva perchè, con la figura materna forte uno doveva diventare omosessuale e non imbianchino, per esempio.
      Dietro un uovo c’è sempre una madre che cova. Fanno parte delle teorie della colpevolizzazione femminile, tipo quella della “madre frigorifero”. Comunque lo rigiri è sempre colpa della madre.
      Se poi c’è una storia di abusi da parte del padre, il tutto diventa ancora più assurdo.

      • http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/10/padova-il-caso-del-13enne-allontanato-dalla-mamma-tribunale-non-prendiamo-decisione-per-natura-sessuale/3307577/ Aggiornamenti: a proposito dell’abuso subito è scritto “Fu però verificata la sua impossibilità a rendere testimonianza.” Visto che non c’erano motivi per mettere in dubbio i suoi racconti, era opportuno che tacesse? Io davvero non riesco a seguire la vicenda tanto sembra surreale. Ma ancora più surreale quanto risponde la Presidente del Tribunale: “la procedura di monitoraggio è iniziata sei anni fa e non può essere liquidata con un solo aggettivo” Si, ma quell’aggettivo è stato usato o no? Che venga usato dopo sei anni, a mio avviso, non cambia il fatto che sia stato usato.

      • http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/10/troppo-effeminato-13enne-tolto-alla-madre-cirinna-pd-scelta-pericolosa-padova-e-un-po-bigotta/3306950/ Anche in questa occasione, comunque, non c’è speranza che i togati si assumano una qualche responsabilità, visto che sono ampiamente spalleggiati: “comunque del tribunale dei minorenni mi fido tantissimo, bisogna capire bene cosa è accaduto”. Il Tribunale non sbaglia mai, deve essere un dogma di fede…

      • Morgaine le Fée ha detto:

        Piú o meno come quando i tribunali decidono che i vaccini causano l’autismo…

      • Antonymous ha detto:

        MLA RELAZIONE – “Nella relazione con i pari e gli adulti è aggressivo , provocatorio, maleducato, tende a fare l’eccentrico – l’analisi dei servizi sociali -. Tende in tutti i modi ad affermare che è diverso e ostenta atteggiamenti effeminati in modo provocatorio”. Nella relazione, dopo la descrizione del rapporto tra figlio e madre, viene indicato come esempio il fatto che sarebbe il ragazzo andato a scuola “con gli occhi truccati, lo smalto sulle unghie e brillantina sul viso”. La madra contesta l’episodio, circoscrivendolo a un fatto accaduto in terza elementare per una festa di Halloween. La decisione del tribunale – che sarà al centro di una udienza la prossima settimana con la convocazione dei genitori – fa seguito a un altro provvedimento di allontanamento del minore con l’indicazione di una presenza in una comunità diurna dalle 7 alle 19. Proprio qui, i responsabili della comunità avrebbero notato gli atteggiamenti del ragazzo che una volta segnalati ai servizi sociali avrebbero portato alla relazione al centro del decreto del tribunale dei minori.” è legale questa cosa?
        L’effeminatezza sarebbe provocatoria e motivo di sequestro ehm, ritiro di tutela? A meno che non fosse proprio lei che lo costringe, ma semplicemente lo assecondasse. iIl machismo allora?

  2. Antonymous ha detto:

    La vicenda è complessa, i genitori erano già stati protagonisti di una querelle legale. La madre infatti aveva denunciato il padre del bimbo per abusi, ma il processo si era concluso con un assoluzione per insufficienza di prove. Il quotidiano padovano riporta alcuni estratti del decreto dove il minore viene descritto con un mondo affettivo “legato quasi esclusivamente a figure femminili” e con una relazione con la madre che è apparsa “connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente difficoltà di identificazione sessuale”.http://www.quotidiano.net/cronaca/bambino-effeminato-padova-1.2808227
    Mi avete preceduto. Come ho letto la notizia sono rimasto allibito.
    C’è di mezzo anche qui una denuncia di abusi contro il padre, ma questo della presunta o vera effeminatezza come male o come disturbo della personalità di cui sono colpevoli i genitori sembra una gravissima forzatura allo scopo di trovare una pas. Il “razionale” è poi neo freudiano con la solita accusa alla madre di essere pervasiva e quindi svirilizzante, sebbene ufficialmente sia stato portato via a entrambi. Il messaggio qual è? Attenti se il vostro figlio maschio si vuole truccare che te lo portano via? Perché non si sente di altrettanta solerzia nei confronti di bulletti? O magari cchi fuma. È forse memo grave che mettersi lo smalto, per la salute?
    Da mettersi le mano nei capelli, spero non finisca qui.

    • E infatti, guarda cosa ho trovato tra i commenti di questo articolo: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/10/ragazzo-effeminato-a-padova-non-siamo-ancora-un-paese-civile/3307268/

      Improvvisamente compare un nuovo sintomo, mai citato prima da nessuno degli esperti di PAS che conosco: l’effeminatezza.

      • Antonymous ha detto:

        Ti pareva. È un commentatore del Fatto, immagino.
        Non è però una novità, diciamo che l’avevano in frigo, ed è nello stesso filone di Nicolosi e compagnia, l’occasione si è presentata ef e stato pescato, come squali.
        Hanno una sindrome corrispondente per uno che cresce col padre?
        Anche se tu stessa hai detto che è raro sia il padre ad accusare.
        A proposito di complotti è stata fatta nell’altra discussione una distinzione importante tra complottismo e critica di sistema. La prima abbonda negli ambienti retrogradi, sebbene anche in una parte di quelli di sinistra (i più faziosi, in genete tuttavia).

      • I “sintomi” elencati da Gardner erano otto – sebbene egli usasse impropriamente la parola sintomi – e otto sono i criteri descritti da chi oggi parla di alienazione genitoriale, fingendo di parlare di qualcosa di diverso. Questo descritto dal commentatore del fatto non è mai stato citato fra questi otto, ma è chiaro che ormai si può scrivere tutto e il contrario di tutto…

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