Violenza e affido esclusivo

Per le donne a cui è stato insegnato ad avere paura, troppo spesso la rabbia è una minaccia di annullamento. Nella costruzione maschile della forza bruta, ci hanno insegnato che le nostre vite dipendevano dal buon volere del potere patriarcale. La rabbia degli altri doveva essere evitata a tutti i costi perchè non poteva insegnarci nulla se non dolore, era un giudizio sul nostro essere state cattive, sul fatto che avevamo delle mancanze, che non avevamo fatto quello che dovevamo fare.

Da “Gli usi della rabbia: la risposta delle donne al razzismo”, “Sorella Outsider”, Audre Lorde

Ho esaminato tutti i casi di omicidio commessi dai genitori a partire dal 1980, osservando tutto ciò che questi padri hanno fatto fino al giorno in cui hanno commesso l’omicidio e ho scoperto alcuni stupefacenti schemi comportamentali. In sette casi su dieci, i bambini si trovavano coinvolti in una dolorosa separazione. Sia chiaro, non sto suggerendo che un divorzio conduce inevitabilmente all’omicidio. Tutt’altro. Tuttavia, ciò che è estremamente preoccupante è che esiste una piccola minoranza di uomini che trova impossibile affrontare la disgregazione della famiglia. Questi uomini provengono da tutti i ceti sociali. Ci sono medici, imprenditori, elettricisti, autisti di camion e guardie di sicurezza. Ma tutti sembrano avere una cosa in comune. Sentono che la loro mascolinità è minacciata. Sono convinti che a causa del divorzio stanno perdendo l’unica cosa che li fa sentire uomini realizzati: la famiglia. Assassinando i loro figli, in qualche modo contorto, sentono di ottenere di nuovo il controllo non solo su di loro, ma spesso anche sulle loro mogli. Uccidere i propri figli è il modo più sconvolgente e drammatico per mezzo del quale pensano di gridare al mondo: Guarda quanto sono potente.

Perché sempre più padri uccidono i loro figli, da un articolo di Elizabeth Yardley

In questi giorni, due notizie speculari:

un uomo di 43 anni rapisce il figlio e tenta di ucciderlo, aprendo una bombola di gas nell’auto dove il bambino si era addormentato; “per i carabinieri è chiaro che il suicidio e il tentato omicidio del figlio fossero stati preparati con cura“, leggiamo su Repubblica, tanto che nell’auto, insieme al cadave dell’uomo, sono state ritrovate “quattro pagine per dire che lui non accettava che il figlio fosse affidato alla madre e che non accettava la fine della relazione”;

nel bergamamsco, una donna di 28 anni viene arrestata dopo aver tentato di uccidersi e di ammazzare con un coltello il figlio di 20 mesi; aveva perso il lavoro poche ore prima di chiudersi in auto con il bambino, che era stato affidato ai nonni materni; la donna era separata dal padre del bambino.

In entrambi i casi, possiamo osservare due genitori giudicati inadeguati alla cura dei loro figli ed evidentemente incapaci di gestire la perdita di controllo sulle loro vite, che reagiscono con inaudita aggressività.

Se c’è una differenza, sta nell’accurata pianificazione del primo caso, nel quale l’omicida non si limita a compiere un atto criminale, ma lascia anche un documento affinché siano ben chiare le motivazioni del suo gesto; dell’uomo, sappiamo anche che si lamentava su facebook, dove “aveva condiviso un video dell’associazione padri separati“.

E naturalmente, una macroscopica differenza sta nel modo in cui le due vicende vengono narrate: nel primo caso il giornalista non manca di sollecitare l’empatia nei confronti del padre («Non chiederei poi molto…vedere il mio cucciolo». Questo scriveva il 28 febbraio scorso sulla sua pagina facebook il padre che si è suicidato. Lo stesso giorno l’uomo aveva condiviso un video dell’associazione padre separati che denunciava come migliaia di uomini separati non possano vedere i propri figli con regolarità), mentre nel secondo si limita a descrivere gli eventi.

Di questi due casi, Michela Marzano, in un articolo dal titolo Smettiamola di privilegiare sempre e solo uno dei due genitori, sceglie di commentarne uno solo, trasformando l’uomo che si è chiuso in auto con il figlioletto di 9 anni nell’emblema di un’intera categoria di vittime di un sistema sociale ingiusto e discriminatorio: quei “papà separati” i cui proclami riempivano la bacheca del quarantreenne fiorentino.

Scrive Michela Marzano:

Il dramma di Montecatini Val di Cecina costringe a riaprire il capitolo sull’affido esclusivo a uno solo dei due genitori quando una coppia con figli si separa, e sull’enorme sofferenza di tutti quei padri che, non solo devono pian piano fare il lutto della fine della propria storia d’amore, ma devono anche rinunciare per sempre a quella quotidianità che, in fondo, rappresenta l’essenza stessa della propria genitorialità.

Ma quanti sono, “tutti quei padri” che “patiscono” l’affido esclusivo?

Una risicata minoranza, ci dicono le statistiche: nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono circa l’89% di tutte le separazioni con affido; soltanto l’8,9% dei figli è affidato esclusivamente alla madre.

E questo perché, ci dice la norma, “Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

E quando l’affido condiviso viene giudicato “contrario all’interesse del minore”?

Spesso e volentieri, quando uno dei genitori non risponde ai requisiti richiesti dal concetto di “friendly parent“, noto in Italia come “criterio dell’accesso”, che punta a sanzionare quel genitore incapace di “comprendere ed elaborare il problema della continuità genitoriale, che lega entrambi e perdura oltre e nonostante la separazione, nonché la disponibilità di assicurare al figlio l’accesso all’altro genitore e, con lui, alla sua stirpe ed alla sua storia relazionale.

Questo è quello che sempre più spesso leggiamo nei siti di informazione giuridica:

Purtroppo, in sede di separazione e divorzio, altrettanta attenzione non è data a fenomeni come la violenza domestica, l’abuso sui minori e la violenza assistita, al punto che siamo costretti a leggere sentenze come questa:

Dello stesso parere del Tribunale di Roma sembra essere Michela Marzano quando scrive

“Resto tuttavia dell’idea che ci si dovrebbe di nuovo interrogare sul significato esatto dell’espressione “interesse supremo del minore”, interesse che guida sempre le decisioni dei giudici ma che, talvolta, sembra essere del tutto travisato. Dove risiede l’interesse di un bambino quando si sfascia una famiglia? Non si dovrebbe sempre far di tutto affinché un bimbo o una bimba possano continuare ad amare entrambi e genitori, e quindi vederli regolarmente e vivere con entrambi le piccole e grandi gioie della vita? Non si dovrebbe smetterla di privilegiare sempre e solo uno dei due genitori, anche se alcune volte è proprio per il bene dei bambini che li si separa da uno dei due?”

Qual è il “supremo interesse del minore”? Si chiede Marzano. Non è “il bene del bambino”, visto che non è sufficiente porsi il problema di tutelare la sua incolumità e il suo benessere psicofisico per impedire a uno dei suoi genitori di  vivere quella quotidianità nella quale ella ravvisa l’ “essenza stessa della genitorialità”, ma esso dovrebbe coincidere sempre e comunque con un affido condiviso, di modo che uno dei genitori non risulti “privilegiato”.

Ora, vorrei solo farvi notare come l’ “amore” sia citato a sproposito, in questo paragrafo. Marzano ci lascia intendere che senza “quotidianità”, cioè senza vedere i genitori regolarmente e “vivere con entrambi le piccole e grandi gioie della vita”, il bambino sia limitato nella sua capacità di “amarli entrambi”.

In questa lettura semplicistica delle relazioni affettive all’interno di una famiglia, il “supremo interesse del minore” coincide con quella situazione nella quale il bambino elargisce una pari quantità di amore a ciascuno dei genitori, un amore misurato in secondi, minuti e ore, che vanno contate affinché ciascun genitore possa assicurarsi di non aver ricevuto meno di quanto gli spetta.

La relazione genitore-figlio, per l’intrinseca vulnerabilità che appartiene ai bambini e solo per i bambini può essere una giustificazione, è una relazione asimmetrica, nella quale il figlio è il soggetto più fragile e in quanto tale dovrebbe essere il primo ad essere tutelato.

Eppure, questa descrizione della separazione fornita da Marzano, i soggetti da tutelare sembrano gli adulti, uomini che “non c’è nulla che (li) possa consolare“, vittime di “quel vuoto che si spalanca all’improvviso e che diventa velocemente incolmabile”, un vuoto che il bambino dovrebbe colmare con il suo amore.

E’ vero, che ad un certo punto Marzano scrive

L’amore genitoriale dovrebbe sempre essere capace di tollerare e accettare, anche quando la frustrazione è enorme, anche quando la vita sembra aver perso ogni senso. Amare significa talvolta lasciar andare, talvolta accettare di perdere, talvolta mettersi tra parentesi. Nulla giustifica, quindi, quest’atto disperato. Resta un gesto di puro egoismo da parte di un padre che, forse, ha dimenticato che il compito di un genitore è prima di tutto quello di “prendersi cura”.

e allora perché si pone il problema di garantire a questi genitori egoisti e incompetenti una soluzione fondata su un capovolgimento della relazione, nel quale è il figlio che si “prende cura” del genitore garantendoli la “quantità di amore” che pretende per colmare i suoi vuoti e le sue frustrazioni?

E’ il bambino che deve adoperarsi con la sua presenza per rendere il genitore capace di amarlo a sua volta?

La risposta che azzardo è ispirata dalle parole di Audre Lorde che ho citato all’apertura di questo post: forse un articolo del genere viene scritto perché di fronte alla rabbia di un uomo siamo abituate ad andare alla ricerca di quel “buon volere del potere patriarcale” che siamo convinte possa mettere le nostre vite e quelle dei nostri figli al sicuro; perché di fronte alla rabbia di un uomo prima di interrogarci sulle sue ragioni siamo abituate a farlo “sul nostro essere state cattive, sul fatto che avevamo delle mancanze, che non avevamo fatto quello che dovevamo fare”.

Perché è così che reagiamo alla paura di essere annullate: accondiscendendo, nella vana speranza che concedere quanto ci viene richiesto, per quanto ingiusto, sia necessario a impedire l’esplodere di quella rabbia distruttiva che conosciamo tanto bene e che non si ferma davanti a niente, neanche di fronte ad un bambino inerme e indifeso al punto da cercare di salvare il suo stesso aguzzino.

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17 risposte a Violenza e affido esclusivo

  1. Nato Invisibile ha detto:

    ..questa piaggeria tutta femminile verso l’altro sesso, questo prostrarsi senza dignità e questa completa mancanza di empatia nei confronti delle proprie simili, così come la negazione di qualunque rivendicazione dei diritti e della dignità dei bambini in quanto individui, è frutto degli inganni del nostro tempo.
    La nonna della signora Marzano, come le nonne di noi tutti, difficilmente avevano conseguito un’istruzione superiore, e nemmeno andavano a votare. Il suffragio universale in Italia è di settant’anni fa, il diritto di divorziare è di quarant’anni fa, e l’abolizione del delitto d’onore è di poco più di trenta. Ed ecco il meraviglioso inganno ed autoinganno di cui sono vittime moltissime donne, le quali oggi esercitano in prima o seconda generazione i diritti di libera espressione o delle professioni che sino all’epoca delle proprie madri o nonne erano appannaggio dei soli maschi: la reciprocità. Esiste una regola comune a tutti i tipi di società umane, tale che una scia di sociologi come A. Gouldner la annoverano tra gli schemi comportamentali istintivi della razza umana: l’essere umano sente il bisogno o si sente obbligato a contraccambiare favori veri o presunti..
    ..questa piaggeria me la spiego solo attraverso il dato per cui queste “signore” si sentano in debito di qualcosa rispetto ai maschi. Motivo per cui si prostrano inconsciamente, senza alcuna logica né razionalità, utilizzando ogni meschino strumento per gratificare il maschio, seppur reo; esse arrivano a romanzare la realtà (amore criminale e via dicendo), ed arrivano ad annullare le donne che dimostrano autonomia – persino nella disperazione di un atto come il suicidio, e nella disperazione di non essere riconosciute come madri – e soprattutto, arrivano a rivendicare esse stesse il diritto di proprietà dei maschi sulla prole..
    si debbono scusare e debbono risanare il torto inflitto ai maschi.. esse non sono altro che tristi marionette inconsapevoli della manipolazione su proprio sé. Poverette, vivono eternamente in debito per il solo fatto di esistere.. I bambini sono cose, sono generatori di affetto e sono la “cura” per i poveri padri.. mica sono essi stessi i protagonisti della propria vita, essi sono a disposizione di coloro che ne abbisognano..
    😦

  2. Virgilio74 ha detto:

    Questa Marzano è la summa perfetta delle Assistenti Sociali. In presenza di un maschio lo schema del modus operandi è: annullare ogni malevola figura femminile di riferimento che sia la compagna, la madre, la sorella e sostituirsi ad essa, consolando il maschio e prostituendosi affinché i di lui sentimenti di sconfitta e le sue inadeguatezze o frustrazioni vengano attribuiti ad altro da sé, in genere si tira in ballo la vendicativa e bugiarda ex, e prostituendosi ancora affinché i suoi bisogni e le sue insufficienze soprattutto affettive siano ricolmate dal serbatoio filiale.
    Questa Marzano altri non è se non l’operatrice standard dei Servizi Sociali o dei centri accreditati dai Tribunali dei Minorenni. Storie di tutti i giorni.
    Ogni conclamata azione violenta del maschio viene minimizzata e negata al punto di non incappare in alcuna responsabilità quando scatta il cosiddetto “raptus” e i bambini indifesi ne pagano le conseguenze, finanche con la propria giovane vita.
    Altro che imprevedibilità. Questi tizi sono un esempio vivente di intolleranza, collera e frustrazione. E le Marzano galleggiano in un universo di ignoranza ed impreparazione da rasentare la galera.

  3. fathers' rights are human rights ha detto:

    ma perché ricciocorno odia così tanto i padri? conflitti irrisolti con il proprio genitore?
    comunque in questo paese, la figura paterna è abbastanza tutelata dall’influenza cattolica. se ricciocorno provasse a uscire dalla sua microscopica sfera d’azione abituale confrontandosi con chi la pensa diversamente, verrebbe annientata in un batter di ciglio.

    • Ho uno splendido rapporto con i miei genitori, grazie. Proprio ieri sera ho trascorso una bellissima serata in famiglia. Mi preoccupano, invece, le sue fantasie sull’annientare la gente. Complimenti per gli argomenti.

    • Antome ha detto:

      Se lei dicesse effettivamente ciò che le attribuisci, sarei il primo a non essere d’accordo ;). L’affido è in genere condiviso se nessuno dei due genitori è pericoloso per il bambino. Solo che spesso la storia della Pas è usata per minimizzare la violenza di uno dei due o l’esperienza del bambino. Premesso che ovviamente le accuse devono essere provate.
      In un post il Riccio parla anche della pericolosità di una madre che ha beneficiato dell’affido condiviso quando ci sarebbero stati tutti gli estremi per toglierglielo.

  4. Nato Invisibile ha detto:

    Complimenti per l’attenzione ai diritti dei bambini! I diritti dei bambini non sono human rights, secondo certi bacchettoni togati.. chissà perché mi sono venuti i brividi a leggere un simile commento.. mi è venuta l’associazione mentale padri = padri spirituali.. i quali godono, si sa, di privilegi e di immunità particolari per cui i loro diritti sono decisamente più tutelati dall’ “influenza cattolica”, rispetto ai diritti dei tantissimi, troppi bambini violati da certi padri spirituali.. Brr, che argomentazione infelice..

  5. fathers rights ha detto:

    allora sarà il figlio di ricciocorno a subire le conseguenze dell’assenza paterna e una volta cresciuto potrebbe serbare rancore per questo.

    • L’unica persona che rischia di provare rancore perché non trova argomenti migliori che squallide illazioni personali, qui, temo sia tu.

    • IDA ha detto:

      Father, father..Noi non ti possiamo aiutare, ti devi rivolgere ad un professionista e di quelli bravi.
      Ci devi scusare.. nella nostra microscopica sfera d’azione, siamo abituate ai contenuti e non alle insinuazioni. Se non hai argomenti da portare, da un’altra parte devi cercare.

    • Antome ha detto:

      Ma perchè dovete sempre dare un cattivo esempio di un’associazione che potrebbe essere liberatoria ed emancipatrice per gli uomini, con questo modo di porsi e questa grettezza. Dai veramente una cattiva nomea a qualcosa che di per sè non sarebbe poi male.
      Ad esempio gran parte degli svantaggi veri o presunti che attribuisci agli uomini, indovina cosa, non sono colpa del femminismo, anzi, sono “sessismo benevolo” nei confronti delle donne, oppure un prodotto del considerle oggetti della competizione maschile, in parte vero.
      Qui ci sono pochi insulti al maschio, solo al maschilismo. Anche se alcune affermazioni sulla Marzano mi paiono un po’ esagerate, anche se non si è d’accordo.
      Un po’ come nei forum della Qm si dice peste e corna degli uomini che si definiscono femministi, che a loro dire già definirli uomini è un complimento.
      “maschi pentiti” e più radicalmente in America “Cucks”, da cuckold, manco a dirlo termine dell’immaginario porno sadomaso e quindi delle loro paranoie, per cui un uomo è tradito durante la relazione per uno di colore ed è succube al punto di accettare di buon grado, farsi umiliare ed assistere.

  6. Lilly ha detto:

    E i padri che provano tanto rancore verso le donne , che vissuto avranno? Quello di un cervo a primavera?

  7. Nato Invisibile ha detto:

    Ahahah! Chissà cosa ne sarà del povero padre Ralph qui sopra, quando si renderà conto che nei tribunali italiani si acconsente che due donne lesbiche adottino una bambina (figlia naturale di una delle due), fregandosene altamente del padre biologico.. chissà che responsabilità si è assunta quella giudice.. Ricciocorno, la tua anima è salva, fortunatamente per la tua anima, tu non hai lo stesso potere dei giudici.. siamo certi che padre Ralph perdonerà i tuoi peccatucci e condannera alle pene dell’inferno quella sconsiderata giudice che non odia i padri biologici: non li calcola proprio!! Ahaha
    (Sfigati in giro se ne trovanoa tutte le ore, eh?)

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