La vicenda, dai quotidiani, è stata narrata così:
Se facciamo una ricerca sulla celiachia, scopriamo che
La celiachia è una malattia digestiva di origine genetica. I celiaci reagiscono all’introduzione di alimenti ricchi di glutine, un termine utilizzato genericamente per indicare alcune proteine specifiche del grano, dell’orzo e di altri cereali, come la gliadina. Queste proteine sono contenute nella pasta, nel pane, nei biscotti e causano una risposta immunitaria abnorme a livello intestinale, determinata dall’incapacità di digerirle e assorbirle. La risposta immunitaria genera una infiammazione cronica, danneggia i tessuti dell’intestino tenue e porta alla scomparsa dei villi intestinali, importanti per l’assorbimento di altri nutrienti.
Un celiaco quindi, oltre al danno diretto, subisce un consistente danno indiretto perché non è in grado di assorbire sostanze nutritive e quindi rischia la malnutrizione. Dato il meccanismo con cui si sviluppa, la celiachia è quindi una malattia autoimmunitaria.
Se non è diagnosticata tempestivamente e trattata in modo adeguato, la celiachia può avere conseguenze importanti, anche irreversibili.
Scopriamo anche che
Se non trattata adeguatamente la celiachia può portare allo sviluppo di altre malattie, in particolare di:
- linfoma e adenocarcinoma, forme di cancro intestinale
- osteoporosi, derivante da uno scarso assorbimento del calcio
- aborto e malformazioni congenite, dato che nel corso di una gravidanza, l’apporto di sostanze nutritive è particolarmente cruciale per la buona salute del feto
- bassa statura, soprattutto quando la celiachia si sviluppa nell’età infantile e quindi non permette un adeguato assorbimento dei nutrienti necessari alla crescita
- convulsioni o attacchi epilettici, derivati da calcificazioni che si formano nel cervello in seguito a una carenza di acido folico per scarso assorbimento
L’unico trattamento possibile per la celiachia è una dieta appropriata, priva di glutine (gluten-free), che permette di ridurre ed eventualmente eliminare i sintomi e di ricostituire i tessuti intestinali.
Che una persona sia o non sia celiaca non è opinabile: in quanto patologia essa va diagnosticata da personale medico adeguato, mediante test specifici, come l’analisi sierologica, volta a determinare il livello di anticorpi specifici antigliadina, IgA e IgG, e di anticorpi anti-transglutaminasi (tTG) nel sangue, prodotti in risposta alla presenza di glutine, e una biopsia intestinale, che permette di verificare il danneggiamento e l’atrofia dei villi intestinali.
Ma proseguiamo nella lettura dell’articolo pubblicato da fanpage.it:
A quanto leggiamo, sembrerebbe che il bambino, dopo oppurtuni accertamenti, sia risultato non celiaco, e che la celiachia sia solo un’ossessione sviluppata da una donna con qualche problema di salute mentale, una donna definita dai giudici come “simbiotica e alienante”.
Ma le cose, forse, non stanno così.
Andando a leggere l’interpellanza urgente presentata dall’Onorevole Marco di Stefano in Parlamento venerdì 28 aprile 2017, si scopre infatti non solo che
“La madre, essa stessa celiaca”, è “in possesso di numerosi referti attestanti la malattia“
ma che gli stessi giudici, dopo aver disposto l’allontanamento del bambino dalla madre e il suo collocamento in casa famiglia, abbiano stabilito per lui
“una dieta priva della sostanza di glutine.”
Ma leggiamo cosa dichiara l’Onorevole Di Stefano:
Il lungo calvario di questo bambino deriva dalla separazione dei suoi genitori, che, iniziata come consensuale, si tramuta in una guerra a causa della diatriba sull’effettiva celiachia e intolleranza al glutine del minore.
La madre, essa stessa celiaca, e in possesso di numerosi referti attestanti la malattia, ha iniziato ad evitare la somministrazione di cibi contenenti glutine a tutela della salute del bimbo. Il padre, non concorde sul problema alimentare del figlio, avrebbe continuato – come sembrerebbe da notizie assunte – a somministrargli alimenti contenenti il glutine, sostenendo che l’intolleranza fosse frutto della follia di una madre. Questo fatto, purtroppo, provocava numerosi dolori fisici al bambino, per cui la madre, a tutela dello stato di salute del bambino, ha iniziato ad attuare misure di allontanamento del padre in difesa della sua incolumità. Il padre, come reazione, accusa la ex moglie di mettergli contro il figlio – e qui parliamo di PAS, di sindrome da alienazione parentale – e chiede la modifica delle condizioni di separazione con l’affido esclusivo del minore. La decisione, rimessa nelle mani del giudice ordinario, che rigetta la richiesta, finisce in corte d’appello, che commina il regime degli incontri protetti e stabilisce che il bambino abbia una dieta priva della sostanza di glutine.
(…)
Non solo, quindi, esiste il reale problema alimentare del bambino segnalato dalla madre, ma è ancora più grave il fatto che sarebbero in atto diversi procedimenti pendenti alla procura della Repubblica di Roma nei confronti dell’uomo, che avrebbe più volte aggredito la moglie alla presenza del figlio. Da tutto questo nasce lo stato di paura e timore della donna che, purtroppo però, nel cercare di proteggere se stessa e il figlio, viene interpretato come alienante nei confronti del padre ovvero viene accusata di PAS sul proprio figlio. Questo è il punto fondamentale di questa vicenda, così come di altre centinaia di storie simili: la PAS, ovvero la sindrome di alienazione parentale, che sembrerebbe non essere addirittura una malattia riconosciuta scientificamente, ma la semplice ipotesi di disfunzione psicologica.
Aggiunge l’Onorevole dopo la risposta del Sottosegretario di Stato per la Giustizia:
“…voglio ricordare che quando il papà di questo bimbo fece l’appello al papà stesso vennero comminati gli incontri protetti con il bambino per i suoi comportamenti violenti, di cui credo dovrebbero avere anche copia su un DVD sia il sottosegretario sia il Ministero.”
Se decidiamo di dare credito alla narrazione degli eventi così come li racconta l’Onorevole Di Stefano, se proprio c’è da interrogarsi sulla salute mentale di qualcuno, questo qualcuno dovrebbe essere in primis quel genitore che, di fronte ad un referto medico, si ostina a mettere a rischio la salute del proprio figlio somministrandogli alimenti conteneti glutine, e in secondo luogo il giudice che prima valuta come inadeguata una madre che insiste affinché il figlio segua un regime gluten-free e poi dispone per il bambino il medesimo regime.
Se leggete con attenzione la risposta del Sottosegretario Cosimo Maria Ferri, scoprirete che mai viene nominata la celiachia in relazione al rifiuto paterno di far seguire al figlio una dieta priva di glutine, mentre viene dedicata grande attenzione alla “gravità della condotta genitoriale materna”, le cui accuse contro l’ex-marito
“non hanno trovato riscontro nei ripetuti approfondimenti processuali svolti in varie sedi, sia civili che penali.“
Quali accuse non hanno trovato riscontro?
E’ vero o non è vero che il bambino è celiaco?
Esistono o non esistono i referti che attestano la celiachia?
Questo è un dato oggettivo, non difficile da verificare.
Se esistono, è vero o non è vero che, di fronte a questi referti, il padre avrebbe insistito ad attribuire la celiachia ad una presunta “follia” materna?
Il giudice ha stabilito o non ha stabilito che il bambino segua un regime alimentare gluten-free oppure no?
Perché, se il comportamento violento dell’uomo denunciato dalla madre non ha “trovato riscontro nei ripetuti approfondimenti processuali”, il giudice ha comunque stabilito degli incontri protetti fra padre e figlio?
Ed eventualmente, di fronte ad un padre violento, che oltretutto pretende che il figlio non sia celiaco a dispetto dei referti medici, davvero vogliamo considerare “simbiotica e alienante” una donna perché si è “rifiutata di partecipare agli incontri programmati e di condurvi il figlio“?
Solo a me la risposta del Sottosegretario sembra, per quanto prolissa, tutt’altro che esaustiva e chiarificatrice?
Vorrei che metteste a confronto questo caso con un altra controversia per l’affido della quale vi avevo raccontato tempo fa: L’appello di una madre
Si ripropone la medesima dinamica: un bambino malato e un padre che reagisce alla sua malattia producendo una “non meglio identificata documentazione medica di un certo dott. XXX il quale – senza visitare il bambino! – avrebbe asserito che il minore non è affetto da patologia alcuna“ e accusando la madre di inventare patologie allo scopo di allontanare il figlio da lui.
In questo caso, nonostante la malattia del bambino fosse, secondo quanto certificato dal nostro sistema sanitario, effettivamente malato, venne comunque diagnosticata l’alienazione genitoriale e la madre fu etichettata come “genitore alienante”.
A leggere questo storie, sembrerebbe quasi che essere “un genitore alienante” consista nel mostrarsi responsabile e sollecito nei confronti dei propri figli, insistendo che vengano tutelati da chi non riesce ad esserlo altrettanto.
Sullo stesso argomento:
qui siamo veramente all’abominio. La pas o come dir si voglia viene usata per giustificare impunemente ogni comportamento nefasto e violento.
Anche il padre di mio figlio cercò di negare la patologia che colpì il bambino onostante fosse stato ricoverato e avesse 2 cartelle cliniche e altri numerosi referti e nonostante sia ancora in cura presso l’ospedale (pubblico tengo a precisare).
Incredibile in questa vicenda, oltre chiaramente al fatto in sè e alla inimmaginabile sofferenza del bambino, è l’avallo di stato che viene fornito a certe violenze giuridiche ormai sempre più diffuse e inquietanti.
Mi stupisce, ma non troppo purtroppo, il silenzio dei più oltre che questo giiornalismo da 4 soldi e a mio modesto avviso anch’esso assolutamente di parte….
Il giudice non è un medico, non può prescrivere e imporre diete se non ci sono dei supporti medici che lo attestano. Quindi si può presumere che sia il padre che ha messo a rischio la salute del bambino, negando l’esistenza di un disturbo. Ma il giudice sembra che abbia elementi per sostenere che la celiachia è un’invenzione della madre, partendo dal sacro principio che le donne mentono per natura, Ma allora non si capisce perchè abbia imposto una dieta priva di glutine. Per sapere se il bambino è celiaco o no, per sapere se il padre è violento o no, occorrono accertamenti, ma gli accertamenti non vengono fatti, basta l’osservazione del fegato di capra da parte di un assistente sociale fresco dai corsi di aggiornamento patrocinato dai padri separati, con diagnosi di una madre sombiotica e alienante. A sua volta il giudice che sa perfettamente che non ci si può fidare degli aruspici, per pararsi il culo, prescrive una dieta priva di glutine e incontri protetti fra padre e figlio. Non si sa mai.