Lo stalker

«La retta comprensione di un fatto, e il fraintendimento di questo stesso fatto, non si escludono a vicenda per intero». (Franz Kafka, “Il Processo”)

Ci dice un recente articolo dell’Ansa che, secondo l’Istat, sono

“3 milioni e 466 mila in Italia, secondo l’Istat, le donne che nell’arco della propria vita hanno subito stalking, ovvero atti persecutori da parte di qualcuno, il 16% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Di queste, 2 milioni e 151 mila sono le vittime di comportamenti persecutori dell’ex partner. Ma il 78% delle donne che ha subito stalking, quasi 8 su 10, non si è rivolta ad alcuna istituzione e non ha cercato aiuto.”

Se fate caso ai numeri, quasi i due terzi delle vittime di atti persecutori si dichiarano tormentate dall’ex partner.

E’ di questi giorni la notizia della morte di Maria Archetta Mennella, uccisa con quattro coltellate dall’uomo dal quale si era separata. A proposito del movente leggiamo che

“A indurre Antonio Ascione, 44 anni, a uccidere l’ex moglie sarebbero stati alcuni messaggi “rubati” sul cellulare della donna: l’uomo avrebbe preso il cellulare di Maria Archetta Mennella e avrebbe iniziato a leggere i suoi messaggi, violando la privacy di quella che un tempo era stata sua moglie, ma che ora aveva tutte le legittime intenzioni di rifarsi una vita.”

Sempre di questi giorni è la notizia che a Torino la procura ha richiesto l’archiviazione del caso di una donna ripetutamente minacciata di morte dal marito, perché

“non sono maltrattamenti, ma dinamiche di una«contingente crisi coniugale»“.

Non è violenza, ma “conflitto”: un’analisi piuttosto comune dei casi di separazione nel corso dei quali una donna lamenti di essere vittima di abusi.

A tale proposito vorrei parlarvi oggi di un decreto interessante emesso dal Tribunale di Salerno e recentemente commentato con toni entusiastici sul sito Studio Cataldi, un sito che tempo fa ci deliziò informandoci che le avvocatesse italiane sono le più belle d’Europa e che, ormai da un po’, ha deciso di accogliere fra i suoi autori nientepopodimeno che Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme nonché paladino del movimento dei papà separati.

Il decreto riguarda le modalità di affido di una bambina di quattro anni, per la quale lo scorso anno era stato disposto l’affido condiviso ad entrambi i genitori “su istanza congiunta delle parti” (ovvero entrambi i genitori erano d’accordo).

Ad un certo punto, però, leggiamo che la madre decide di non rispettare più gli accordi presi, impedendo al padre di incontrare la figlia se non in rare occasioni e sotto la stretta sorveglianza del nonno materno.

Come mai?

La donna viene ascoltata dal giudice al quale fa presente di avere presentato contro l’uomo una denuncia per stalking.

A proposito di ciò che la madre testimonia, scrive il giudice nel decreto:

…non è dato riscontrare il reiterato compimento di condotte violente verso la madre o verso la prole caratterizzante altre decisioni di disporre l’affido esclusivo di un minore: vi sarebbe un unico episodio di scontro violento con la madre di cui è per controverso se sia la causa dell’esclusione del padre dalla gestione della prole o l’effetto e che comunque non è di per sé dimostrativo di personalità violenta.

Notate come l’episodio di violenza verso la donna (del quale il decreto omette qualsiasi altro dettaglio oltre a quanto qui riportato) è descritto come “uno scontro con”, espressione che solitamente descrive un diverbio piuttosto acceso, del quale entrambe le parti sono corresponsabili.

Notate anche come, secondo il giudice, ci sono situazioni nelle quali l’uso della violenza è in qualche modo giustificato, ovvero quelle situazioni nelle quali un uomo voglia far valere i suoi diritti di padre.

… le condotte paterne non integrano violazioni delle regole dell’affido condiviso (…) al più emerge un aver parlato della madre in termini inopportuni, come l’aver confidato alla figlia [di 4 anni] che avrebbe voluto continuare la relazione con la madre

A proposito del “parlare in termini inopportuni” ad una bambina di 4 anni, occorre specificare che risulta dal decreto che la madre ha intrapreso una nuova relazione sentimentale, che la bambina ha conosciuto il nuovo partner della madre nel corso di una giornata al mare, e che il padre, incurante della volontà della donna di lasciarsi definitivamente alle spalle la relazione con lui, avrebbe confidato alla figlia un “segreto da non dire alla mamma”, ovvero che “il padre e la madre si sposeranno“.

Abbiamo qui un uomo che evidentemente non accetta la fine della relazione con la madre della bambina, che già si è reso responsabile di una aggressione fisica nei suoi confronti, e abbiamo una donna che afferma di avere paura, per sé e per sua figlia, una paura che, a suo dire, sarebbe la causa del suo comportamento ostativo nei confronti dell’uomo.

Il giudice non le crede e afferma che non c’è violenza o persecuzione, ma solo “conflitti interni alla coppia genitoriale“, e che la denuncia per stalking è da ritenersi “astratta e strumentale alla condotta apprensiva materna“.

Secondo il giudice, il fatto che l’uomo annunci alla figlia di 4 anni che sposerà la madre, la quale non intende affatto sposarlo visto che è innamorata di un altro uomo il quale la ricambia, non è un comportamento che possa mettere in allarme una donna o che possa considersi pregiudizievole per una bambina.

Ma perché, se oggettivamente non vi è nel comportamento paterno alcuna ragione che giustifichi il mutamento avvenuto nella madre, una donna che inizialmente era d’accordo sull’affido congiunto improvvisamente avrebbe deciso di ostacolare il rapporto padre-figlia?

E’ “apprensiva”, ci spiega il giudice, ovvero si preoccupa troppo in circostanze che non dovrebbero destare alcuna preoccupazione.

Tenendo conto della “piena idoneità paterna“, il giudice nomina uno psicologo che sarà responsabile di valutare “la capacità genitoriali di ciascun genitore” (non si capisce perché, visto che il padre è stato già descritto nel decreto come pienamente idoneo e la madre come incapace di “educare alla bigenitorialità la figlia“, quindi come il genitore manchevole) e di operare “per l’introduzione di un regime di frequentazione bilanciato, in modo che sia conforme all’interesse della figlia e idoneo a garantire il mantenimento di un rapporto equilibrato, continuativo e sereno con entrambi i genitori“.

Ogni volta che vi chiedete “ma perché le donne non colgono i segnali d’allarme?”, pensate a questa frase: “uno scontro violento non è di per sé dimostrativo di personalità violenta“.

Nel contesto culturale odierno è difficile che vengano colti gli indicatori di una situazione a rischio ed è per questo che, quando è troppo tardi, si finisce col parlare di “raptus”.

Mi auguro di tutto cuore che non sia questo il caso.

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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4 risposte a Lo stalker

  1. Paolo ha detto:

    alla faccia di chi dice che in Italia “conta solo la mamma” mi pare che i tribunali italiani siano molto solleciti nel tutelare i papà pure quando non se lo meriterebbero. Dubito molto però che il cosiddetto “dipartimento mamme” si occuperà di queste storture, il maternismo italico è solo falsa retorica, delle madri vere non frega nulla a nessuno

  2. rossasciamana ha detto:

    Che bella la parola “apprensione” e simpatico anche il concetto che le violenze verso le donne si possano giustificare in talune situazioni, ma ribaltando e facendolo per difesa personale? sono sicura che una donna che si difendesse dalle percosse o dalle violenze psicologiche in tre minuti starebbe in carcere, (magari anche alla faccia delle lungaggini burocratiche) ci facciamo una scommessa e qui ritorno alla tua frase: Ogni volta che vi chiedete “ma perché le donne non colgono i segnali d’allarme?”, pensate a questa frase: “uno scontro violento non è di per sé dimostrativo di personalità violenta“.
    Perdona il sarcasmo ricciocorno ma come dici te preservare la razza è esattamente quello che fanno, ci aggiungo preservazione del privilegio di essere padre perché se fosse davvero un diritto non dovrebbe esistere quel loro concetto di apprensione, ne tutte le arzigogolature per affermare (e confermare a vari livelli) quelli che di fatto non sono diritti ma che nel quadro normativo e dello Stato sessista italiano sono super privilegi di un sesso dominante su uno che si continua a volere inferiore, e chi paga questo è l’infanzia e l’adolescenza, ovvero le future persone adulte formate da una specifica cultura.

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