Alla fine di febbraio, a Ragusa, faceva la sua comparsa un cartellone pubblicitario che sponsorizzava uno scooter elettrico. Come nella peggior tradizione del nostro poco evoluto paese, la scelta dei pubblicitari è caduta nel vecchio cliché dell’identificazione fra il prodotto da promuovere e il corpo femminile ipersessualizzato e senza volto (quindi un corpo deprivato della sua identità e ridotto a feticcio), scatendando le ire di un pubblico ormai avvezzo all’analisi di immagini del genere ed esasperato dall’ostinazione dei pubblicitari nel non voler abbandonare strategie vetuste e cadute in disgrazia, al punto che il sindaco è dovuto intervenire segnalando la questione allo Iap (l’Istituto dell’Autodisciplia Pubblicitaria).
L’azienda ha deciso di ignorare le obiezioni mosse contro il suo manifesto e attraverso il suo sito ci comunica che ritiene di aver raggiunto il suo obiettivo: far parlare di sé.
Peccato che coloro che ne parlano – ci dice il Corriere – lo fanno per lanciare il messaggio “boicottiamoli“.
La storia del marketing ci insegna che il principio “nel bene o nel male, purché se ne parli” non è un principio sempre utile a conquistarsi il favore del pubblico, e sono molti i casi che potremmo citare di brand che hanno pagato a caro prezzo l’indifferenza nei confronti di un tema come la discriminazione .
Perché ne scrivo, vi starete chiedendo, ma soprattutto perché ne scrivo oggi.
Perché in questi giorni, in cui chi si occupa di questi temi ha appreso con dolore della scomparsa di una veterana dell’attivismo contro la pubblicità sessista, Annamaria Arlotta, mi è stato segnalato un articolo in difesa della suddetta pubblicità, al quale vorrei rispondere diffusamente per onorare la sua memoria.
Pertanto inizierò citando proprio un articolo di Annamaria, quel decalogo per le aziende riproposto recentemente dai tanti che hanno voluto ricordare il suo impegno e la sua competenza in materia.
La vostra pubblicità è sessista se rientra in uno di questi casi – scriveva Annamaria – (se) usate la figura femminile sessualizzata, con o senza doppi sensi, per promuovere prodotti, eventi o servizi. Usate zone erogene di donne, isolate dal resto, su corpi senza testa, e se in questo tipo di immagine ci fosse un uomo al posto della donna non funzionerebbe; (…) fate corrispondere colori e forme della donna con il prodotto (esempio: abito rosso se il logo dell’azienda è rosso) o abbinate due o tre tipi di donne alle qualità del prodotto (es: donna intraprendente, automobile scattante, o gusto alimentare deciso); (…)ridicolizzate la donna, per esempio mettendole insalata o un altro cibo in testa. La mostrate in pose improbabili o in vestiario inadatto all’attività che svolge (es. cambia le gomme da neve in minigonna e tacchi alti).
Poiché dubito che qualcuno di voi abbia mai incontrato per la strada una scooterista in tanga, immagino si possa tutti concordare che il manifesto corrisponde a parecchi dei criteri elencati dal bignami della pubblicità sessista.
Criteri sui quali il Professor Edoardo Lombardi Vallauri, autore per Micromega dell’articolo Sessista non coincide con sessuale, non concorda affatto.
Secondo il linguista, infatti, l’errore in cui incappa chi critica il manifesto e le pubblicità analoghe è di confondere ciò che è semplicemente sessuale con ciò che è sessista.
Ma citiamolo testualmente:
oggi la parola sessista è sempre più usata per descrivere semplici manifestazioni del desiderio maschile. Non, quindi, atti di violenza (fisica o di altro genere) in cui l’uomo si pone al di sopra della donna e ne sopprime o ne limita la libertà per condizionarne il comportamento a proprio favore, ma semplici esternazioni del desiderio, in cui l’uomo in realtà si mette alla pari della donna perché le comunica il proprio stato interiore, o addirittura la pone al di sopra di sé perché le riconosce il suo potere di attrazione. A mio parere la levata di scudi contro una pubblicità di contenuto sessuale, attuata definendola sessista, rappresenta questo tipo di uso del termine. Infatti quella pubblicità (come in sé ogni altra allusione al desiderio maschile di accoppiarsi con la femmina) non contiene elementi di svalutazione o di avversione per la donna, ma la rappresenta come bella e attraente. In questo caso la presenta anche come disponibile, cioè come ricambiante in piena libertà il desiderio del maschio. Questo desiderio implica che la donna sia qualcuno a cui il maschio attribuisce valore e potere su di sé. E se il desiderio non trascende nel forzare la donna perché lo assecondi contro la sua volontà, non è in alcun modo sessista, ma semplicemente sessuale. Allo stesso modo, il desiderio di avere un conferenziere a un proprio festival non è violenza contro i conferenzieri, e il contattarlo per fargli l’invito non è violenza, mentre il tentativo di forzarlo a venire a parlare, lo è. Insomma, usare sessista per definire un messaggio sessuale è come usare violenza per definire un invito.
Quello che sfugge all’autore è che non si può sostenere che l’allusione sessuale del manifesto mette alla pari uomo e donna, quando la donna rappresentata è ridotta, grazie al doppio senso, al prodotto commerciale da promuovere; qui stiamo parlando di una donna-scooter, che non mostra il volto perché gli scooter non hanno personalità, ma sono prodotti in serie; per quanto un uomo possa essere appassionato di motori, è un po’ arduo sostenere che rappresentare il desiderio sessuale nei confronti di una figura femminile analogo al desiderio verso un veicolo ecologico il cui valore è quantificabile in termini di una somma di denaro non equivalga ad una svalutazione della donna in qualcosa di meno che umano.
Come le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato, il continuo associare le donne ad oggetti del desiderio inanimati arriva a modificare la percezione del corpo femminile a livello cerebrale, alterando (seppure non permanentemente) i nostri processi cognitivi, e questo processo di oggettivazione – ci dice la American Psychological Association – fra le altre cose riduce la capacità degli uomini di provare empatia nei loro confronti.
A conferma di ciò giova osservare che gli uomini desideravano sessualmente le donne anche secoli fa e non hanno mai mancato di elogiarne bellezza e fascino, ma questo non ha mai impedito loro di considerarle allo stesso tempo indegne di godere del medesimo status del sesso dominante.
Passiamo al secondo argomento del Professor Lombardi Vallauri: il contesto.
Si potrebbe obbiettare che è sessista una civiltà quando rappresenta sempre la donna come desiderabile sessualmente, e non la rappresenta mai come importante e significativa da altri punti di vista. Ma la nostra civiltà non è più questo. Nella nostra civiltà la donna è ormai rappresentata in tanti modi, e sarebbe abbastanza ipocrita pretendere che fra i tanti venisse abolita la sua rappresentazione come sessualmente attraente.
Non sappiamo dove l’autore abbia reperito i dati in merito ai profondi cambiamenti di cui parla (quando sarebbero avvenuti?), perché i dati che ho io raccontano un’altra storia.
Una recente ricerca che ha analizzato 56 film del 2018 di venti diversi Paesi, ad esempio, ha rilevato che
gli uomini schiacciano le donne per numero (rispettivamente 67% e 33%) e parlano più di due volte tanto, che è la stessa percentuale con cui rivestono ruoli di leadership. Le donne hanno il 30% di possibilità in più degli uomini di indossare vestiti succinti, sono mostrate seminude due volte tanto e completamente nude quattro volte tanto.
Un’altra ricerca dedicata invece al mondo della pubblicità ha rivelato che la rappresentazione della donna non è cambiata nell’ultimo decennio: oltre ad essere numericamente molte di meno, l’età media delle donne è inferiore a quella degli uomini; una donna su 10 è in abiti succinti e la sua immagine è sessualizzata, in un rapporto di sei a uno rispetto alla quantità di uomini rappresentati dalle pubblicità in questo modo. Se nella pubblicità invece l’intelligenza è parte integrante del personaggio, gli uomini hanno il 62% di probabilità in più di interpretare quel ruolo.
Insomma, come raccontava l’APA nel 2004, le donne nei media sono prevalentemente giovani, belle e sexy, e se non sono impegnate a solleticare il desiderio sessuale maschile molto probabilmente sono in cucina.
Ma questo l’autore lo sa, perché subito dopo aver accennato ad una immaginaria società nella quale l’immagine della donna sessualmente attraente è solo una tra le tante immagini della donna proposta dai media, corregge il tiro:
Se poi la donna è rappresentata come sessualmente attraente più spesso dell’uomo, questo dipende dai modi diversi in cui si manifestano il desiderio e l’attrazione fra i sessi nelle due direzioni. Rispetto alle femmine, i maschi sono molto più attratti da aspetti corporei e visivi, per ragioni biologiche ormai arcinote.
Eccola qua: la biologia.
Perdonatemi, ma devo, è più forte di me:
Vorrei sottolineare che questa affermazione è l’unica che in nota riporta una bibliografia:
Robert Trivers, Parental Investment and Sexual Selection, in B. Campbell (ed.), Sexual Selection and the Descent of Man, Chicago, Aldine, 1972; David M. Buss, Strategie sessuali negli esseri umani, In M. Adenzato e C. Meini, Psicologia evoluzionistica, Torino, Bollati Boringhieri, 2006; Louanne Brizendine, Female Brain. Random House, 2006 (ediz. ital.: Il cervello delle donne. Milano, Rizzoli, 2007); Domenica Bruni, Storia naturale dell’amore. Roma, Carocci, 2010.
Mi duole distruggere uno dei più amati miti sulle radicali differenze fra uomini e donne (non è vero, sto mentendo), ma sembra proprio che la psicologia evolutiva abbia preso una cantonata, almeno a quanto risulta da una ricerca condotta dal Max Planck Institute for Biological Cybernetics e pubblicata lo scorso anno.
Ci racconta in proposito il New York Times che i ricercatori, allo scopo di studiare come il cervello risponde agli stimoli visivi per mezzo di una risonanza magnetica funzionale, hanno confrontato fra loro 61 studi in cui a più di 1500 persone di entrambi i sessi e di diversi orientamenti sessuali sono state sottoposte immagini erotiche. Senza entrare nei dettagli del lavoro, la cui lettura integrale consiglio a chiunque voglia approfondire, arrivo subito alle conclusioni: quando uomini e donne guardano immagini erotiche, il modo in cui i loro cervelli rispondono, in generale, è sostanzialmente lo stesso.
Un risultato che le redattrici di Cioè, la rivista che acquistavo negli anni ’90, devono aver previsto anzitempo, almeno a giudicare dai poster che trovavo ripiegati all’interno (e appendevo nella mia cameretta come un vero camionista).
Insomma, la predominanza di immagini di corpi femminili sessualizzati potrebbe essere la causa, e non l’effetto, del modo diverso in cui uomini e donne vivono la loro sessualità, o almeno questo è quello che suggeriscono le risonanze magnetiche, nonché quello che da decenni sostiene una certa critica femminista.
A questo punto l’autore propone qualche corollario: se assumiamo come vero che la rappresentazione della donna sessualizzata è solo una delle tante rappresentazioni della donna nei media (e lo stesso autore ammette che così non è), allora per non essere in malafede dovremmo criticare anche le altre rappresentazioni della donna, ad esempio la donna sportiva o la donna scienziata. Siccome però, come ben sappiamo, il problema non sta nel fatto che alcune donne siano ritratte come sexy, ma che la predominanza di immagini femminili rappresentate come oggetti deputati al soddisfacimento del desiderio maschile è tale da fagocitare nell’immaginario collettivo qualsiasi altra rappresentazione, anche la conclusione lascia il tempo che trova.
Il secondo corollario invece, si dipana a partire dall’idea che una certa rappresentazione della donna – la donna-prodotto senza volto – sia la necessaria conseguenza del modo “naturale” in cui gli uomini vivono la loro sessualità, motivo per cui stigmatizzare la scelta dei pubblicitari equivale a stigmatizzare non solo tutti gli uomini, ma il sesso stesso, rischiando di compromettere la sopravvivenza della specie.
Se ricordate, una teoria del genere la propose qualche tempo fa Claudia Gerini; lei non parlava delle campagne contro le pubblicità sessiste, ma di come il movimento #metoo avesse portato a galla una mole tale di insofferenza femminile da farle temere la fine del mondo.
Non è un ragionamento peregrino, se ci riflettete, perché quello che si propone la critica femminista del sistema patriarcale è proprio la fine del mondo così come lo conosciamo.
Tuttavia, poiché non c’è nulla di “naturale” nell’oggettivazione della donna (come non c’è pericolo che le donne arrivino a confondere un complimento con una molestia sessuale), se le cose dovessero cambiare è molto probabile che uomini e donne continuerebbero a fare sesso, e non solo: potrebbero addirittura cominciare a fare un sesso più soddisfacente, visto che quello che facciamo ora vede le donne eterosessuali come le più insoddisfatte in assoluto.
Arriviamo ora alla parte dell’articolo che preferisco, quella che mi ha convinto ha scrivere questo post:
Nella mia esperienza, che certamente è parziale e quindi può anche indurre in errore, ma che propongo perché induce a sollevare una perplessità non senza rilievo, le persone che si ritengono molto attraenti non sono quasi mai offese da queste manifestazioni esplicite del desiderio. (…) Più spesso sono offese e arrabbiate, quando il desiderio si manifesta in pubblico con franchezza, proprio le persone che pensano di essere fisicamente meno desiderabili (non importa se essendolo o meno, e sempre che si possa definire in modo non soggettivo la desiderabilità). Certamente non vale di tutte, e sarebbe stupido generalizzare in assoluto; ma probabilmente di alcune persone più inclini a demonizzare il desiderio vale il fatto che nel manifestarsi del desiderio le offende non il sopruso, che in effetti non c’è, ma la sensazione che quel desiderio difficilmente sarebbe destinato a loro. Ecco dunque trovata una ragione per odiare il desiderio: il fatto di esserne esclusi.
Questi paragrafi, lasciatemelo dire, sono un capolavoro. Non per nulla, l’autore è uno che con le parole ci lavora.
Dite la verità: fra tutte le volte che vi è stato detto che cianciavate di sessismo soltanto perché siete brutte e nessuno mai vi scoperebbe, ma proprio mai mai mai, neanche se foste l’ultima vagina sulla terra, c’è mai stato qualcuno in grado di farlo con tanta grazia?
Scommetto di no. Certo la mia esperienza è parziale, non voglio generalizzare, ma d’ora in avanti ogni volta che pronuncerò il verbo infiorettare mi verrà in mente questo articolo e la perizia con cui il più becero degli argomenti è stato trasformato in qualcosa di tanto orecchiabile e delicato.
Concludendo: è vero che non c’è nulla di brutto e colpevole nel desiderio sessuale, maschile o femminile che sia, ma questo non esclude che ci sia molto di criticabile nella scelta di proporre la solita modella nuda e ipersessualizzata per piazzare sul mercato un motorino. Il mondo non finirà se i pubblicitari decideranno di fare uno sforzo di creatività e se ci estingueremo a breve non sarà certo perché le donne sono sempre più consapevoli dell’importanza della lotta al sessismo nei media.
La dobbiamo anche ad Annamaria Arlotta, questa diffusa consapevolezza, e alla tenacia con cui negli anni ha portato avanti il suo gruppo e le sue battaglie.
Grazie Annamaria.
Ma si riesce a inviarlo a Micromega o all’autore il tuo articolo? Così imparerebbero ad argomentare con dati alla mano e non a sentimento. Sarebbe bello… Che loro imparassero.
Mandiamoglielo in tanti a Edoardo Lombardi Vallauri: http://www.uniroma3.it/persone/aVFaTzdpTFlQSW1vY1dFRmVQd3FQNGVyQkhQM0MvNi9rVHZWUHJ1NWRwaz0=/
E anche a Paolo Flores d’Arcais, direttore di MicroMega:
redazione@micromega.net
gli uomini eterosessuali desiderano sessualmente il corpo femminile (il corpo della bellucci un po’ più di quello di kathy bates), le donne etero desiderano sessualmente il corpo maschile (il corpo di Michael Fassbender più di quello di Paolo Villaggio) e questo è bene, non è oggettificante, non è cosificante, è cosa legittima e bella non è sopraffazione (la molestia non ha a che fare col desiderio).
le pubblicità e i film hanno il diritto di rappresentare l’eros, il sex appeal, il desiderio, il sesso, vale per uomini e donne, perchè è cosa umana. nei film ci sono donne sexy, con vestiti succinti così come uomini secondo le necessità di trama e atmosfere, non c’è nulla di oggettificante, il sex appeal fa parte dell’umano vale per uomini e donne. il fatto che ci sia una donna sexy non è di per sè indice di sessismo
ma la pubblicità del motorino è sessista (lo dice uno che non ha mai condiviso tutte le idee di Arlotta, ma la rispettava), è sessista non operhè di solito non si va in motorino in tanga,è sessista non solo perchè la donna è senza volto, è sessusta perchè il prodotto pubblicizzato (motorino) non ha alcin legame col corpo e con l’eros perciò la pubblicità è sessista, mentre le pubblicità di lingerie con Irina Shayk che le indossa non sono sessiste, non lo sono perchè il volto della famosa modella è ben visibile e non lo sono perchè il legame tra prodotto pubblicizzato, corpo ed eros è fattuale
(quanto all’insoddisfazione sessuale delle donne etero, è colpa degli uomini che non sanno come soddisfarle, il cltoride può essere stimolato anche durante il rapporto penetrativo ma la penetrazione deve essere dolce, tutto il contrario di quanto si vede nei pornazzi di internet)
nei film ci sono molteplici rappresentazioni femminili come maschili. essere sessualmente attratti da un esere umano e dal suo fisico è cosa legittima e non è oggettualizzante
I numeri hanno la loro rilevanza.
ribadisco quanto ho detto
Anch’io.
Fai bene a ribadirlo, quello che si vuole dire è che i numeri sono ancora troppo diversi perchè non si possa parlare di sessismo a livello culturale. Numero di film rivolti agli uomini con le donne oggetti da conquistare rispetto al contrario, per cui viene in mente Bridget Jones, anche se è possibile abbia un bias selettivo. In effetti un film mette in campo una parte della realtà con i suoi pregiudizi, però con i motorini e le macchine, questo prosegue, con la Leotta, per dire, che comunque va rispettata perchè fare i modelli non è indignitoso, ci mancherebbe, uomini o donne, so che sostieni che una parte della retorica femminista può rischiare di essere sessista nell’assumere una minore dignità nella modella che nel modello.
Però siamo sempre lì, con l’equazione che il target della moto o della macchina è l’uomo e la donna è quasi quasi in omaggio e questo è molto presente nella mente maschile, tutt’ora, spero che non sia presente in quella femminile, nella stessa proporzione, quello del maschio status symbol vs sfigato particolarmente legato alla ricchezza e allo status.
Perchè così facendo, gli uomini, per comportarsi secondo le aspettative di evoluzione culturale desiderabile, si alienano quella parte di donne che si aspettano da loro il solito ruolo attivo e stereotipicamente maschile, quindi bisogna anche preparare gli uomini all’idea che alcune donne sia meglio perderle che trovarle e resistere all’idea che vorrebbe uno semplicemente uno sfigato, avvicinandosi così alla selettività attribuita alle donne.
sui film vi sbagliate e io ho ragione e non cambierò idea e non si può ridurre tutto a statistiche. sulla pubblicità in questione invece avete ragione: è sessista
Non si può ridurre tutto alla percezione soggettiva di un singolo individuo.
sui film ribadisco quel che ho detto
Ma mi rendo conto che questa è in parte una narrazione red pill quindi reazionaria, che si inserisce in una nota di magari vero disorientamento legato a disagi e incomprensioni, che abbatte gli anticorpi nei confronti, metafora delle Sardine da prima del corona, di questi virus dialettici. Da Gerini a Deneuve sembra avallarsi e farsi strada l’idea che c’è un’intersezione eccessiva nel venn diagram tra quello che Me Too considererebbe molestia e l’iniziativa che alcune donne, abbastanza perchè i maschilisti possano dire “le donne”, si aspettano dagli uomini su cui hanno buttato un occhio, idea questa molto pericolosa.
Quindi è compito del femminismo puntare il dito anche sui comportamenti e sulle aspettative di queste donne, poichè in un sistema biunivoco è difficile che un esito cambi con un cambio di una sola delle variabili della funzione in questione, sempre in ambito di metafore :).
non c’è nessuna narrazione redpoill in quel che dico. e le donne non hanno nulla da rimproverarsi
Paolo, su red pill infatti mi riferivo a quanto dicevo io, non tu ^_^.
Red Pill strumentalizza alcuni desideri individuali, pur parzialmente influenzati culturalmente (proprio dalla stessa cultura che può influenzare gli uomini), delle donne, vedendoli contradditori con quello che il femminismo afferma, li generalizza, dice che sono desideri di tutte le donne, anche tutte quelle femministe e progressiste, con la solita arroganza di affermare che le donne non vogliono quello che pensano di volere, il che è la base stessa dello stupro, “so io quello che pensi” diventa implicito. Oppure “non chiedi al pesce come si fa a pescarlo” altra metafora predatoria e di caccia.
i redpillati, come gli incel sono idioti. io dico che i nostri desideri sono genuini, non èvero che ogni uomo e ogni dobba desidera le stesse cose o desidera lo stesso tipo di partner ma ogni desiderio è genuino
Sui film sono più orientato a concordare in parte con te, lo sai.
Ciao Ricciocorno, penso tu abbia già scritto tutto. Aggiungo solo una cosa, fra i grafici c’è un detto, se non hai idee metti una donna mezza nuda in copertina-manifesto o quel che è, e hai risolto il problema. Penso che quel manifesto pubblicitario, possieda un sacco di problemi oltre al contenuto sessista. Anzi direi che il contenuto sessista sia un segno di mancanza di idee grafiche.
Quello che intendo è che non dico che una donna o un uomo devono rimproverarsi dei loro desideri se non problematici o se non mettono in discussione la dignità dell’oggetto soggetto di questi, ma rilevo una contraddizione in una donna, femminista o no ma specie se si dichiara tale, dice che ci sono aspettative stressanti in termini di stereotipi e perfezione fisica verso le donne, indifferenza dal punto di vista attrattivo nei confronti delle loro capacità, performance di femminilità, e poi si aspetta, per essere attratta da un uomo, che abbia il fisico scolpito, tutti i capelli, sia estremamente sicuro, stoico, competitivo etc. insomma la body positivity e la decostruzione è solo per lei,
ma sia chiaro che questo è uno strawman non rappresentativo del femminismo ma di una quota di contraddizioni in tutti i movimenti che non va strumentalizzata per demolirne la parte positiva, ma perchè queste contraddizioni vengano più vocalmente stigmatizzate da parte del movimento in questione.
Nessun paragone con il tossico incel, se non nel fatto che si lamenta che le donne non si filano chi è sotto “7”, ma magari per lui un 7 è Jessica Alba o Natalie Portman.
Quando la body positivity nega la bellezza fisica maschile e femminile e la sua carica attrattiva o mette in discuissione il desieroo diventa una stupidaggine. Insomma: Danny De Vito è brutto fisicamente, è simpatico, lo adoro, attrarrà una minoranza di done tra cui la moglie rhea perlman (una pari-estetica di suo marito) ma fisicamente brutto è e brutto resta negarlo è ipocrisia
una donna, femminista o no, ha tutto il diritto di rifiutare sessualmente un uomo brutto, pelato e grasso e desiderare un uomo bello e col fisico scolpito (e lo dice un magrolino che nonostante la cyclette il fisico scolpito non ce l’ha). Le preferenze estetiche di un uomo o di una donna sono sacrosante e non si devono mettere in discussione per nessun motivo al mondo e non hanno nulla a che fare con la coercizione o la sopraffazione: la violenza sessuale non è desiderio, è odio.
il trto degli incel sta nel fatto che vogliono togliere alle donne il diritto di essere selettive (anche sul fisico dei partner potenziali) mentre vogliono teere quel dirutto solo per gli uomini. per me ogni uomo e ogni donna ha il diritto alla selettività, ha il dirutto di rifitare sessualmente chi vuole e essere attratto da chi vuole senza che nessuno per nessuna raguone metta in discussione il suo desiderio
vietato mettere in discussione il desiderio sessuale e le preferenze estetiche e sessuali, questo è il mio motto e vale per uomini, donne, per tutti. Io magrolino difenderò fino alla morte il diritto di una donna che mi attrae di rifiutarmi e preferire un palestrato a me, perchè è un dirutto di tutti. ovviamente spero di trovare una donna che mi attrae e che sia attratta da me ma se così non sarà mi rassegnerò
Questo si chiama ribaltare la frittata, Paolo, a danno di persone che reagiscono in modo costruttivo alla discriminazione e al bullismo.
ho sempre detto che il bullismo va condannato
Per fortuna non sono un marketer e non mi occupo di pubblicità. Oggi devi inginocchiarti davanti al femminismo, sempre. Io non lo sopporto, pertanto sono contento di non dovermi neanche porre la scelta. Io personalmente da marketer mi occuperei di assecondare le femministe, in pratica la scelta che permette di conservare il lavoro. Non me ne vergogno, sono opportunista ma contro il femminismo e i bulli dei social media non si può fare nulla. La folla virtuale grida “sessista” e il giorno dopo sei licenziato, non conviene mai mettersi contro le folle di bulli fanatici.
C’è stato un esempio positivo, una ditta di integratori ha reagito all’aggressione dei bulli femministi espandendo la dimensione del suo cartellone, un bel gesto simbolico pagato caro. Ecco io non sono così, preferisco assecondare le folle di bulli fanatici e non entrarci in guerra. Probabilmente se fossi artista, a posteriori la gente avrebbe detto di me che ero organico al sistema e ho passato la vita a sostenere la verità del partito. Si ma almeno avrei conservato il lavoro, e dopo la mia morte non mi interessa cosa diranno i posteri, i soldi vanno fatti in vita.
I dati a conferma di questi licenziamenti causati dallo strapotere femminista?
Posso citare il caso del povero Sturmia, poi questo altro caso: https://www.lastampa.it/tecnologia/news/2017/08/07/news/google-un-documento-interno-se-la-prende-contro-il-politically-correct-1.34432717
In generale, non è solo il femminismo che ci mette in pericolo. Uno stupido documento di 10 pagine ha causato il licenziamento di quell’ingegnere, ma sono migliaia le persone che riportano discriminazioni sul posto di lavoro, per causa del fatto che le HR sono organi pseudopolitici. Se io protraessi il discorso rischierei di imbastire una sorta di “complotto”, farei brutta figura. E come mi fai notare tu, dovrei spendere più tempo del necessario per raccogliere dati e fonti.
Ho solamente scritto che “annusando l’aria”, se fossi un marketer non mi metterei mai contro i bulli femministi. Perché questi sono brutti tempi. Basta vedere come viene trattato Charles Murray, solo perché sostiene idee accurate e osa farlo pubblicamente. Oppure il caso di Jordan Peterson, che viene censurato e bannato dai dibattiti pubblici nelle facoltà universitarie. Vuoi altri esempi? Noi incels siamo vittime di censura femminista da oltre 2 anni (chiudono i nostri subreddit, censurano i nostri forum dal clearnet) e per tutto quel tempo i giornali mainstream ci hanno diffamato costantemente, creando termini tipo “terrorismo domestico”, associano gli incels ad assassini come Elliot Rodger (che non è mai stato incel), fomentando odio, diffondendo teorie pseudoscientifiche e dati falsi (raccolti usando metodi discutibili, tipo NLP e machine learning).
Il femminismo può non essere il motore principale di questa ondata di censura, ma è abbastanza evidente che internet dopo il 2016 è peggiorato tantissimo, ho visto decine di blog sparire nel nulla, tutti a causa del bullismo dei fanatici, canali youtube shottati di colpo (basta vedere tutti gli MGTOW censurati nello stesso anno).
Non posso “collegare i puntini” non capisco precisamente cosa stia succedendo e perché tutti vengono censurati proprio ora. So solo che sono brutti tempi, dove è pericoloso esporsi sul posto di lavoro altrimenti si rischia seriamente il licenziamento.
Prendiamo un caso analogo: https://www.open.online/2019/09/16/lukaku-gli-devi-lanciare-banane-per-fermarlo-bufera-a-top-calcio-24-opinionista-licenziato-in-diretta-video/
Anche questo lo definiresti un caso di bullismo?
Vedi, ci sono idee che la nostra società ormai ha quasi del tutto rigettato rigettato, come il fatto che esistano razze da porre in ordine gerarchico o che un ordine gerarchico possa essere stabilito fra i sessi,anche se per alcune persone, come Strumia, questo cambiamento culturale è difficile da accettare.
Questa è la risposta dei colleghi a Strumia: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2018/10/21/particelle-per-la-giustizia/
Forse dovresti leggerla prima di parlare impropriamente di bullismo.
Le uniche che ancora pensano esistano razze da posizionare entro una scala gerarchica sono le donne, razziste e femministe. Il razzismo è stupido, come dicono gli ethnics è solamente una forma di femminismo applicato ai genitali invece che al colore della pelle.
Quanto scrivi è in aperta contraddizione con il link. Oppure Passirani è una donna femminista?
Certi maschi fanno di tutto per farsi accettare dalle femministe. https://geekfeminism.wikia.org/wiki/Feminist_cookie
Fanno bene a negare il biscottino ai cani del femminismo. Un sacco di maschi spendono molto tempo ad andare d’accordo con le femministe e a rispettarle. Quei maschi che ancora sono razzisti, probabilmente sono dei femministi in incognito e traditori del proprio genere. Non otterranno mai niente alleandosi con le razziste donne, le femministe infatti li deridono e non li rispettano (giustamente).
Possibile. Oppure potrebbero essere degli alieni in incognito, che progettano di allearsi coi servizi segreti per inseminare le femministe e creare una specie ibrida. Fonte: x-files.
Queste perle non le avevo viste. Secondo me se li inventano le femministe, o almeno questo penserei se certi forum che affermano questi folli concetti, anche peggiori non esistessero. Ma questa dei razzisti femministi perchè femministe = misandriche = razziste = l’unico razzismo che esiste è un trip psichedelico degno del migliore Lsd d’annata.