Vorrei iniziare il nuovo anno mettendo a confronto due notizie abbastanza recenti, che nel tumulto della millemillesima ondata pandemica non hanno ricevuto troppa attenzione.
La prima notizia riguarda l’artista Billie Eilish, salita alla ribalta giovanissima e amatissima da pubblico e critica.
Nel corso di un’intervista radiofonica la carismatica cantante ha raccontato la sua personale esperienza con la pornografia, esprimendosi in modo netto ed inequivocabile, come solo i supergiovani sanno fare.
Credo che il porno sia una digrazia
ha dichiarato, raccontando che quando era ancora poco più che una bambina, spinta dal desiderio di integrarsi nel gruppo dei pari (come ogni ragazzina o ragazzino che si affaccia alla pubertà di questo mondo), ha iniziato a guardare filmati pornografici, la cui violenza e gli abusi rappresentati le hanno procurato devastanti incubi; per questa ragione è giunta alla conclusione che l’esperienza le abbia letteralmente distrutto il cervello, influenzando negativamente il suo approccio con il sesso.
The first few times I, you know, had sex, I was not saying no to things that were not good. It was because I thought that’s what I was supposed to be attracted to.
Quando si è trovata a fare sesso per la prima volta, non ha detto no a cose che non andavano bene – ovvero gli abusi e la violenza, si deduce dal contesto – perché pensava che fosse il comportamento che ci si aspettava da lei.

La condanna senza mezze misure di Billie Eilish non è stata bene accolta da chi ama la sua immagine di giovane musicista alternativa e in molti si sono affrettati a ricondurla nell’ambito del socialmente accettabile: non c’è niente di male nel guardare pornografia – ha replicato sui social SNOQ – basta guardarla perché ti piace e non perché pensi di doverla guardare.
L’articolo linkato da SNOQ in difesa della pornografia porta avanti anche un’altra teoria: il problema non è la pornografia, ma quale pornografia: la pornografia, nonostante una vasta gamma di attori e attrici in Italia e nel mondo molto conosciuti e rispettati, è diventata una merce scadente come tutto ciò che diviene di produzione dozzinale, dedicata a un consumo veloce e compulsivo.
Come dire: non c’è più la pornografia di una volta e quella prodotta oggi è di pessima qualità.
Ciononostante è importante ribadire che la pornografia non è una vergogna. Come qualsiasi cosa può e deve essere usata con intelligenza.
Una qualità, l’intelligenza, della quale Billie Eilish evidentemente non è fornita a sufficienza.
Dalle pagine dell‘Huffington Post, invece, l’esperto Emmanuele A. Jannini, professore di Endocrinologia e Sessuologia medica, tuona contro gli ipocriti che criticano la pornografia (ovvero Billie Eilish, sebbene il nostro esperto non osi scriverlo apertamente) e preannuncia ecatombi: un mondo senza pornografia, secondo Jannini, è un mondo popolato da mostri mossi da un desiderio patologico.
Al di là dell’inquietante tono apocalittico, la teoria di Jannini è piuttosto diffusa: il porno è solo un genere cinematografico come un altro e nelle forme più svariate esiste dai tempi della preistoria (per Jannini la preistoria è quel periodo che va dalla Pompei del primo secolo dopo Cristo al Giappone del diciannovesimo secolo), un genere al quale i ragazzini debbono essere educati. In altri termini, il problema non è la pornografia, bensì l’assenza di una adeguata educazione sessuale. A dimostrazione della fondatezza del suo assunto, cita un dato del quale mi piacerebbe conoscere la fonte: gli antagonisti del porno sono gli stessi antagonisti dell’educazione sessuale.
Prima di passare alla seconda notizia, vorrei citare ancora un’affermazione di Jannini:
“La violenza rappresentata nei film porno è finta, il mondo del porno è fatto di professionisti che hanno un’etica e un rispetto spesso migliore di quelli di molti ragazzi, che immaginano il rapporto di coppia basato su imposizione e violenza”.

La seconda notizia riguarda la Francia e – ci racconta il Post – il più grande caso di violenza sessuale che il sistema giudiziario paese abbia mai dovuto affrontare.
A fare da sfondo alle orrende violenze che coinvolgono al momento 53 vittime identificate e 8 persone incriminate per stupro di gruppo, traffico di esseri umani, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, abuso di vulnerabilità, ci sono le più grandi società francesi di distribuzione di film porno, complici di aver contribuito alla diffusione dei video delle aggressioni di donne raggirate, minacciate, drogate, ricattate e ripetutamente violate, spacciandole per “finta violenza messa in scena da professionisti con un’etica”.
Non è la prima volta che nel mondo della pornografia vengono denunciate complesse organizzazioni criminali mirate al reclutamento forzato di giovani donne allo scopo di filmare delle vere e proprie violenze sessuali: nel 2016, infatti, Human Right Watch aveva denunciato un numero considerevole (nell’ordine delle centinaia) di casi in Giappone, dove le giovani vittime, convinte di iniziare una carriera da modelle, venivano poi costrette a subire violenze sessuali a fronte di contratti che prevedevano mostruose penali.
Alla luce di casi come questi, o il caso di Rose Kalemba di cui abbiamo discusso qualche tempo fa, il vero ipocrita nei discorsi sul porno a me sembra chi si affanna a deviare la discussione da quello che a me sembra il nocciolo sollevato da Billie Eilish: molta della pornografia che fruiamo rappresenta abusi e violenze perpetrati ai danni delle donne e molta della violenza che i più accreditati portali diffondono è violenza vera.
Diciamolo quindi senza ipocrisia: i nostri ragazzi si fanno le seghe guardando dei veri e propri stupri e non riescono a cogliere la differenza fra le donne che recitano e quelle che vengono abusate. Le ragazze come Billie Eilish hanno gli incubi dopo aver guardato quei video, perché – data la quantità di casi emersi, la difficoltà che hanno le vittime di farsi ascoltare dalle autorità
(Nel 2018 era stata convocata in un commissariato, ma ha raccontato che il primo poliziotto con cui aveva parlato, il suo superiore e anche il pubblico ministero le dissero che non c’era niente che potessero fare: «Tutti mi hanno fatto capire che un’attrice porno non può essere stuprata» – leggiamo sempre nel Post)
e quindi l’alta probabilità che ci siano molti più video girati con modalità coercitive e violente di quelli che siamo disposti ad ammettere – stanno guardando delle violenze sessuali immerse in un contesto sociale popolato adulti che spiegano loro, con grande supponenza peraltro, che nella pornografia non c’è nulla di male.
Sì e no. Cioè, sì mi dispiace molto che Eilish abbia sofferto a causa della pornografia, sì sono d’accordo che c’è molta pornografia “negativa” (fatta abusando delle persone coinvolte, ad esempio), sì dovremmo fare di più per limitare l’accesso alla pornografia ai bambini o a ragazzini giovanissimi, ma non sono d’accordo che la pornografia sia negativa in quanto tale. Non capisco peraltro se tu pensi che in effetti la pornografia sia negativa e basta, in quanto pornografia, anche se il tono del post me lo fa pensare. Ho visto che certe femministe fanno un distinguo fra pornografia (negativa) e l’erotismo (positivo), che ci può pure stare, anche se non capisco bene dove stia la distinzione (a parte i casi ovvi in cui la pornografia sia realizzata appunto per mezzo di abusi).
Va benissimo criticare la pornografia chiaramente ma anch’io la penso come hai riportato: “Ciononostante è importante ribadire che la pornografia non è una vergogna. Come qualsiasi cosa può e deve essere usata con intelligenza.”
Senza voler accusare Eilish di non essere stata sveglia abbastanza (non è certo stata colpa sua), non mi piace il clima di vergogna che circonda la pornografia e che anche certi tipi di femminismo contribuiscono ad alimentare; protestare gli abusi dell’industria pornografica è un conto, far vergognare chi la pornografia la consuma, e forse anche chi la realizza (?) è un altro. Fra l’altro credo anche che questo clima di vergogna non aiuti le vittime o potenziali vittime, che probabilmente si trovano ad aver paura di parlarne, magari specie nel caso in cui loro facciano pornografia (o lavoro sessuale di qualunque altro tipo) di loro spontanea volontà. Se il porno è una vergogna, una donna a cui piaccia fare porno dovrebbe vergognarsene, e se poi questa donna dovesse subire un abuso si sentirebbe libera di parlarne e denunciare apertamente, se la società attorno a lei cerca di screditarla? Io non penso.
Fra l’altro questa cosa che il porno sia negativo in quanto tale perché al suo interno ci sono abusi mi sembra venga applicata solo al porno e non a molte altre cose. Facebook per dirne una è un disastro, non solo per la privacy: anche lì circolano video di abusi, e sappiamo che Facebook non faccia granché per ostacolare e chiudere gruppi che abbiano o incoraggino comportamenti abusanti (in senso generale). Eppure non è sentito come una vergogna l’utilizzo di Facebook. Né viene sentita come una vergogna celebrare il matrimonio, o essere in una coppia, anche se sappiamo che la coppia è uno dei luoghi più pericolosi per una donna; spesso chi stupra e ammazza è proprio il marito o il compagno.
Per me possiamo pure criticare l’istituzione del matrimonio, molto volentieri, e possiamo pure proporre e attuare modi diversi di organizzare le relazioni fra persone (credo sarebbe in effetti di gran beneficio), ma non mi sembrerebbe giusto alimentare un clima di vergogna contro il matrimonio in sé, e se qualcuno vuole sposarsi faccia pure. Idem per la pornografia.
Io non vedo nessun clima di vergogna attorno alla pornografia. Chi oggi come oggi si vergogna di parlare apertamente di pornografia?
Nessuno si vergogna di ammettere che guarda pornografia. Nessuno più considera il lavoro nell’industria della pornografia come una vergogna da decenni. Il porno ormai è un’istituzione, proprio come il matrimonio, che non a caso citi, e viene difesa da fior fiore di accademici. Parlare della violenza sulle donne veicolata dalla pornografia, invece, mi appare più come un tabù. Nessuna delle repliche che ho citato lo considera un argomento degno di attenzione. E invece è ciò di cui parla Eilish. Se non abbiamo problemi nel dire che, quando si parla di violenza sulle donne, uno dei terreni più fertili sono le relazioni romantiche, perché tanta titubanza nel parlare dell’enorme quantità di humus fornito dall’industria della pornografia?
Per non parlare del fatto che i mariti non ostentano sfacciatamente le violenza che esercitano fra le mura domestiche: è nascosta, avviene senza testimoni, per lo più è negata, altrimenti minimizzata. La violenza agita nel porno diventa spettacolo: è prodotta a scopo educativo. E Billie Eilish lo spiega benissimo.
Ecco, non sono assolutamente d’accordo con questo: “Nessuno si vergogna di ammettere che guarda pornografia. Nessuno più considera il lavoro nell’industria della pornografia come una vergogna da decenni.”
Io penso che questa vergogna esista eccome, prevalentemente verso le donne (come al solito). Basti pensare a quando un uomo fa revenge porn contro una donna e posta online video e foto intime di lei: la maggioranza della società si accanisce contro la donna. Anche se la donna riesce a dimostrare che quel materiale è stato postato contro la sua volontà, e che quindi si tratta di un abuso, la gogna sociale continua. È stata un’ingenua, è stata una stupida, è colpa sua, è una troia… Figuriamoci quando una donna mette dei video sessuali su internet di sua volontà. La sessualità non è stata assolutamente sdognata per la donna (ancora la si accusa di avere avuto troppi partner sessuali, anche quando lo fa esclusivamente nel privato), e va ancor peggio quando la donna esibisce la sua sessualità in maniera aperta e accessibile a un pubblico. E quando poi una donna che posti o faccia pornografia o immagini a carattere sessuale viene molestata o violentata, si gioca la carta del “te la sei andata a cercare” o che visto che fa porno allora non è possibile che sia vittima di violenza, che è proprio quello che è successo ad alcune delle vittime del caso francese. Io penso che se questa verogna non ci fosse queste persone farebbero meno fatica a farsi avanti, e le forze dell’ordine e la società in generale farebbero più fatica a liquidare le violenze e le molestie che hanno subito come un niente di che, roba che capita quando sei una poco di buono.
Quindi forse la reticenza di cui parli – che sono d’accordo esista e che a volte da risultati molto deludenti, come sviare il discorso da temi che invece sono importanti, come hai detto – nasce anche da questo, dal timore di puntare il dito ancor di più contro una categoria, le lavoratrici del sesso ma anche le donne che pur non facendolo per lavoro mostrano il proprio corpo in un contesto sessuale, che già ce n’ha un goso come si dice dalle parti da cui provengo (ovvero ne ha fin sopra i capelli). Sottolineo che sono d’accordo che bisogna liberarsi di questa reticenza, ma bisogna anche non colpevolizzare la sessualità – anche rappresentata, anche pornografica – e soprattutto quella femminile, cosa che invece purtroppo vedo fare.
La maggioranza della società si accanisce contro le donne. Non contro una donna che fa questo o quello, ma contro le donne. Si accanisce contro le vittime di revenge porn come si accanisce contro le astronaute perché non sono abbastanza femminili; si accanisce contro le politiche inchiavabili, si accanisce contro le donne di successo solo perché l’hanno data e quelle che sono isteriche perché non scopano abbastanza. Questo mondo odia le donne che fanno una cosa e il suo contrario, ovvero odia le donne perché sono donne, non perché fanno una cosa piuttosto che un’altra.
La pornografia fa parte della violenza di genere, è violenza. la pornografia non è una finzione, ovvero falso e simulato. Ma è realtà, cioè accade quello che si vede. La pornografia è legata a un modello di cultura machista, che comprende la valutazione positiva della violenza e i vari miti dello stupro che giustificano l’atto, ovvero che le donne lo cercano, che ne godono, che non ha conseguenze, che non si può stuprare la propria moglie, né una donna promiscua, né una prostituta dal momento che per definizione sarebbero donne disponibili.
Quello della vergogna poi è paradossale, perché non è alimentata o creata da chi si oppone alla pornografia ma dagli stesse sostenitori e produttori. Nella pornografia la violenza non è solo nelle immagini, ma anche nei titoli e nei commenti. La pornografia ha creato una svalutazione e un odio nei confronti delle donne e della sessualità femminile che non ha pari nella storia umana.
La differenza tra pornografia e erotismo, per me è notevole, perché c’è la stessa differenza tra realtà e fantasia, tra violenza e non violenza, tra fantasticare di essere violentate ed essere violentate.
Intanto, secondo me è difficile commentare il discorso di Billie Eilish se non si circoscrive il concetto di pornografia. La cantante fa riferimento al mercato odierno, alla produzione che arriva al grande pubblico attraverso il web, e ha poco senso tirare in ballo gli affreschi di Pompei, i film di Sergio Leone o le stampe erotiche giapponesi (per quanto, alla fine, sempre di punto di vista maschile sull’eros si tratti).
Nel libro Pornland: How Porn Has Hijacked Our Sexuality, l’autrice Gail Dines afferma che l’88% dei video pornografici in circolazione mette in scena una qualche forma di aggressione nei confronti delle donne: è una percentuale spropositata. In molti, naturalmente, non sono d’accordo con questi dati: secondo loro quella rappresentata non è violenza, bensì tollerabilissimo BDSM. A queste persone vorrei chiedere perché la pornografia si dedica con tanta passione a rappresentare il sadomasochismo trascurando colpevolmente gli altri modi di vivere la sessualità e perché le persone che si trovano nella posizione di subire sono nella stragrande maggioranza dei casi donne. Ma soprattutto perché le tante voci delle giovani donne che manifestano insofferenza nei confronti di questo mercato a senso unico, che rende il loro approccio alle prime esperienze sessuali caratterizzato dal disagio e dalla sofferenza più che dal piacere che dovrebbe in realtà procurare (ne avevamo parlato qui: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2016/09/18/crescere-a-pornland/), vengono sempre liquidate con sufficienza, con commenti che suonano tanto come un antipatico “vai a studiare, ragazzina”.
Io non ho mai capito, come mai quelle che si definiscono “pro sex” o “sex positive”. Te le ritrovi sempre dalla parte dei papponi e degli stupratori ? è un mistero!
X Loon Martian
la vera differenza è che è possibilissimo avere relazioni romantiche e coniugali sane, esistono tante coppie etero e non etero in cui non c’è violenza. E’ possibile avere un porno non violento? Mah..
sarò un uomo etero atipico ma ho sempre trovato le scene erotiche, hot dei film normali, delle serie tv e delle soap opera molto più eccitanti di qualsiasi porno proprio perchè rappresentano anche in maniera esplicita sesso consensuale (e simulato ma è un altro discorso)
Non so se hai letto questo, e pensare che questa è una psicoterapeuta.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/31/i-porno-sono-il-male-assoluto-ai-ragazzi-manca-la-consapevolezza-del-confine-fra-realta-e-fiction/6431995/#
Visto che siamo a segnalazioni, vorrei segnalare anche lo studio di Patrizia Romito e Lucia Beltramini, che io sappia è l’unico fatto in italia.
https://simonasforza.files.wordpress.com/2014/11/ricerca-romito-beltramini.pdf
“Ciò che risulta pericolo non è la.visione del porno in sé, bensì i messaggi impliciti che esso veicola”: ma che significa? Come dire che non è l’articolo in sé il problema, ma le cose che ci sono scritte… e comunque, anche questa donna sposta il discorso allo scopo di censurare ciò di cui parla Eilish: la violenza. Non si tratta di mancanza di orgasmi, ma di abusi rappresentati come fossero sesso. È per questo che il porno ha bisogno di organizzazioni criminali che raggirino e minaccino donne per girare porno, perché è difficile trovare donne che accettino di essere abusate. Quella.che viene rappresentata è violenza, quella perpetrata è violenza sessuale. Lo scopo del porno di cui parla Eilish è normalizzare la violenza.sessuale, affinché le giovani generazioni la accettino senza fiatare. È consolatorio che non lo facciano. Alla fine, al di là delle chiacchiere degli “esperti”, ci sono queste ragazze che ascoltano i lorocorpi e dicono di no.
” Il porno ha bisogno di organizzazioni criminali che raggirino o minaccino donne per girare porno, perché è difficile trovare donne che accettino di essere abusate. Quella che viene rappresenta è violenza, quella perpetrata è violenza sessuale”. Se pensi veramente questo allora suppongo tu sia favorevole ad una nuova eventuale legge anti-porno in salsa “modello nordico”… Carcere per chi guarda i filmini porno perché sono tutte persone complici di questo scempio. Se non ci fosse nessuno a guardare filmini porno non ci sarebbero nemmeno tutte queste donne violentate sui siti porno. Senza domanda non c’è offerta, giusto ?
Perché dovrei scrivere cose che non penso? A quale scopo? E tu invece, di queste organizzazioni criminali cosa pensi? E ora che sai come un certo tipo di video è prodotto, continuerai ad usarli per masturbarti? Pensi che l’unica cosa che potrebbe impedirti di farlo è una norma che prevede una sanzione?
A dire la verità il mio utilizzo di siti porno credo sia ampiamente sotto la media nazionale perché non li guardo quasi mai. Mi sorprende però la tua risposta. Affermi che le attrici porno sono tutte vittime di violenza, quindi secondo il tuo modo di pensare dovresti considerare chi usufruisce di questi video come corresponsabili di questa violenza. Per non parlare degli attori porno…
Non ti ho chiesto quanto porno. Ti ho chiesto se la notizia riportata a proposito degli abusi subiti da tutte quelle donne in Francia influenzerà il tuo modo di guardare al porno. Oppure se non te ne frega niente.
Si sta parlando della violenza e non dei divieti. La violenza deve , diventare argomento di riflessione, non di divieti. Per lo meno non necessariamente. Se critico le discoteche, non è detto che le voglia chiudere.
Nel caso in questione la prima cosa che dovrebbe venire in mente è che il porno non è fatto per essere visto a undici anni. Il porno è una attività che gli adulti fanno per altri adulti. Senza questa premessa non ha molto senso giudicare la vicenda. Qualunque video porno a quell’età può essere traumatico. Il sesso stesso a quell’età può essere traumatico. Per ciò non è questione di intelligenza, è che in quel giudizio non si può non tenere conto dell’età in cui è maturato. Ci sono persone che anche avendo visto per la prima volta da adulte porno lo giudicano allo stesso modo, ma è un giudizio minoritario. E il motivo è che sebbene si possa concordare tutti sull’idea che il porno sia qualcosa di cui in parte vergognarsi, dire che è una disgrazia è un’altra cosa. Per quanto normalizzato oggi data la sua diffusione è comunque qualcosa che si tiene nascosto. Io non direi mai ai miei genitori che guardo porno perché in ogni caso la masturbazione è una cosa privata. E il farlo è ancora più trasgressivo, perché pure se si parla continuamente di sesso, fare sesso è ancora un’attività estremamente privata. Poi la questione va distinta in ciò che il porno è in sé e ciò che è nella pratica. Tutte le attività umane hanno pro e contro. Il cibo, le droghe, i farmaci, il tabacco, l’inquinamento, sono tutte cose che rendono la vita migliore e peggiore allo stesso tempo. Oggi si sono aggiunti i social. Recente è l’inchiesta sui problemi legati alla percezione di sé attraverso le immagini. E fanno molti più danni del porno. Eppure nessuno direbbe che sono una disgrazia. Forse solo per l’eroina si dice una cosa del genere.
Per quanto riguarda i casi di cronaca il porno rispecchia quello che succede in tutti gli ambiti lavorativi. Essendo un’attività borderline è facile che attiri più criminali da un lato e più donne fragili dall’altro. Io ho fatto caso a un’attrice che ha un profilo verificato su pornhub, si chiama Lola Rae. Adesso fa solo video da sola. In passato ha fatto pochi video con un uomo, tre o quattro. Di questi uno finiva con l’intervista, in cui si vedeva che oltre a essere molto giovane, sembrava a disagio, nuda in mezzo al bosco, una gamba le tremava nervosamente, la pelle aveva molte screpolature, portava l’apparecchio. Come si sentiva non lo so, perché uno si può solo fare delle impressioni. In quella intervista di pena. I video non erano violenti. Si può supporre che avendo smesso di farne con uomini non sia una cosa per lei, ma d’altronde il porno è una cosa per pochissimi.
In tutti gli ambiti lavorativi? Cioè a te risultano organizzazioni criminali che trafficano impiegati del catasto o operatori ecologici? Dentisti? Imbianchini? Il traffico di esseri umani, e quando parlo di traffico parlo delle modalità particolarmente violente descritte nell’articolo del Post, riguarda solo alcuni specifici ambiti lavorativi.
Poi, a proposito dell’accettabilità del fruire di pornografia, vi ho trovato uno studio interessante sui termini usati per descrivere il porno nei media: https://scholarsarchive.byu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=10298&context=etd Non l’ho letto ancora con la dovuta attenzione, ma mi sembra interessante. Mi sarebbe piaciuto trovarne altri di questo tipo, perché ci danno un’idea delle norme sociali che regolano la fruizione del porno.
In tutti gli ambiti lavorativi ci sono fenomeni criminali, più o meno diffusi. A seconda della tipologia di lavoro ci sono differenti tipologie di crimini. Le organizzazioni criminali si infiltrano in vari ambienti. Negli USA una connivenza tra politica e case farmaceutiche ha provocato un’epidemia di morti dovute all’abuso di farmaci oppiacei. Centinaia di migliaia di morti, vite distrutte, nettamente più grave dei danni causati dal settore pornografico. Però questo cosa dovrebbe dirci sui farmaci e sul settore? Il traffico di esseri umani riguarda settori diversi, ma non dipende dallo specifico di quei settori. Dipende da quanto sono esposti ad attività del genere e da quanto sono difficili da controllare. Nel settore pubblico l’unico punto borderline è l’immigrazione, e infatti ci sono stati casi giudiziari dovuti alla gestione degli immigrati. Nel resto del pubblico però ci sono consueti problemi corruzione, gestione appalti eccetera. Ogni settore ha il suo fattore d’attrazione per l’attività illecita. A volte è la legge stessa che crea o meno illegalità. Vendere alcol è legale, eroina no.
Il fatto che ci siano svariati tipi di organizzazioni criminali, in che modo influenza il mio discorso sull’opportunità di parlare della violenza di genere veicolata dal porno?
Se non in tutti magari in molti: lo sfruttamento del lavoro (o del corpo) non mi sembra essere una prerogativa solo del porno:
Pensa al lavoro minorile o al caporalato…
Penso personalmente che queste istanze di cui si fa spesso portavoce il mondo femminista difficilmente potranno portare ad un abolizione del porno, o comunque ad una diminuzione della richiesta di porno. Sarebbe utile però se almeno sfociassero in una qualche forma di “certificazione” tipo quella cruelty-free per i cosmetici, o quella della sostenibilità ambientale o dell’assenza di lavoro minorile nella filiera per l’abbigliamento.
Qualcosa tipo “porno certificato consenziente” 🙂
Dopotutto queste forme di certificazione sono sorte proprio per una questione di sensibilità che si è sviluppata nella domanda. Potrebbe succedere lo stesso al porno no?
Potrebbe succedere. Eppure nessuno solleva un dibattito per richiederlo.
Billie Eilish non è un’eccezione. Il diffondersi della pornografia online ha fatto sì poi che l’età del primo impatto con questo tipo di immagini si stia sensibilmente abbassando. Difficile avere dati certi, però secondo alcune ricerche il primo contatto con immagini pornografiche avverrebbe occasionalmente già a 7-8 anni.https://www.stefaniagarassini.it/pornhub-e-gli-altri-tempo-di-reagire/