I ruoli: davvero ce la andiamo a cercare?

Dal portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica, curato dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute leggo, nella pagina dedicata all’allattamento al seno:

Il latte materno rappresenta il miglior alimento per i neonati, perché fornisce tutti i nutrienti di cui hanno bisogno nella prima fase della loro vita, come per esempio certi acidi grassi polinsaturi, proteine, ferro assimilabile. Inoltre, contiene sostanze bioattive e immunologiche che non si trovano nei sostituti artificiali e che invece sono fondamentali sia per proteggere il bambino da eventuali infezioni batteriche e virali, sia per favorire lo sviluppo intestinale.

È per questo che tutti i bambini dovrebbero essere esclusivamente allattati al seno per i primi sei mesi di vita (26 settimane). Secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, dell’Unicef e dell’Unione Europea, recepite anche dal nostro ministero della Salute, l’allattamento al seno dovrebbe poi continuare per due anni e oltre, secondo il desiderio della mamma e del bambino.

Come favorire l’allattamento al seno

Innanzitutto è importante che fin dai primi minuti madre e figlio rimangano insieme, facendo in modo che si instauri il cosiddetto contatto “pelle-a-pelle”: il corpo della madre aiuta il bambino a mantenere una temperatura adeguata (molto importante per bambini molto piccoli o nati pretermine ma anche per i bimbi sani nati a termine) e il bambino è meno stressato, più calmo e ha respiro e battito cardiaco più regolari. Il primo contatto con il seno dovrebbe avvenire entro un’ora dalla nascita, lasciando la mamma e il bambino, insieme al papà se presente, liberi di interagire spontaneamente, senza interferenze esterne.

Altre raccomandazioni importanti sono:

  • allattare il bambino “a richiesta”, senza seguire orari rigidi
  • controllare la posizione e l’attacco al seno del bambino, evitando di staccarlo prima che abbia finito
  • non dare al bambino altri liquidi diversi dal latte materno prima della prima poppata, così come evitare il latte o altri cibi artificiali, acqua, zucchero o acqua zuccherata tra una poppata e l’altra (nei primi sei mesi, infatti, quando il bambino ha sete prende quello che viene definito il “primo latte”, meno grasso e più ricco di acqua e zuccheri, mentre quando ha fame rimane attaccato più a lungo, fino a prendere anche “l’ultimo latte”, molto più ricco di grassi. Per questa ragione, spesso nei mesi caldi i bambini fanno poppate più brevi e frequenti)
  • evitare l’uso di tettarelle artificiali, biberon e ciucci, soprattutto nei primi mesi di vita
  • non lavare il seno dopo ogni poppata ed evitare l’uso di creme o unguenti durante l’allattamento; la normale igiene della mamma è sufficiente e il seno è provvisto di ghiandole che provvedono ad una naturale disinfezione dell’areola.

I vantaggi per il bambino

È ormai condiviso a livello internazionale che l’allattamento al seno:

  • riduce l’incidenza e la durata delle gastroenteriti
  • protegge dalle infezioni respiratorie
  • riduce il rischio di sviluppare allergie
  • migliora la vista e lo sviluppo psicomotorio
  • migliora lo sviluppo intestinale e riduce il rischio di occlusioni

Alcuni studi, inoltre, hanno ipotizzato che il latte materno possa contribuire anche a ridurre il rischio di numerose patologie:

  • numerose infezioni (enterocolite necrotizzante, meningite, botulismo e infezioni del tratto urinario)
  • malattie autoimmunitarie, come per esempio il diabete di tipo 1 e di tipo 2
  • sindrome da morte improvvisa del lattante (Sids)
  • obesità nella vita adulta.

I vantaggi per la madre

Anche per la madre l’allattamento al seno ha delle ricadute positive:

  • quanto più comincia precocemente, accelera la ripresa dal parto e l’involuzione dell’utero e riduce il rischio di emorragia e di mortalità
  • riduce la perdita di sangue, contribuendo così a mantenere il bilancio del ferro
  • prolunga il periodo di infertilità post parto
  • favorisce la perdita di peso e il recupero del peso forma
  • riduce il rischio di cancro della mammella prima della menopausa.

Alcuni studi, inoltre, hanno ipotizzato che il latte materno possa contribuire anche a ridurre il rischio di cancro dell’ovaio e di osteoporosi.

Al di là dell’ossessione mondiale per “il peso forma”, che inteso come lotta all’obesità e alle patologie ad essa connesse mi trova d’accordo, mentre in questo contesto mi sembra del tutto fuori luogo – quale madre non si sentirebbe in dovere di salvare il proprio bambino da enterocolite necrotizzante, meningite, botulismo, malattie autoimmunitarie o sceglierebbe consapevolmente di correre il rischio di trovarselo inspiegabilmente morto nella culla a causa della misteriosa Sids?

Io l’allattamento esclusivo per sei mesi l’ho fatto. La responsabilità di esporre il bambino ad una vita da ciccione o ad una morte prematura non me la sono presa. Così come non mi sono presa la responsabilità di contravvenire alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e staccarlo dal seno con le prime pappine: se “dovrebbe continuare per due anni”, se così è meglio… Chi non sceglierebbe di agire per il meglio?

Poi oggi trovo questo articolo: The Case Against Breast-Feeding, che ci racconta

Yet the actual health benefits of breast-feeding are surprisingly thin, far thinner than most popular literature indicates. Is breast-feeding right for every family? Or is it this generation’s vacuum cleaner—an instrument of misery that mostly just keeps women down?

Tuttavia, i reali benefici per la salute dell’allattamento al seno sono sorprendentemente pochi, molti meno di quanto indicahila maggior parte della letteratura popolare.

Insomma: l’allattamento al seno è davvero utile o è solo uno strumento per tenere le mamme avvinte al ruolo di mamme?

E’ buffo che si rimproveri ripetutamente alle donne di essere le artefeici del proprio martirio e di non voler condividere col partner – per puro egoismo e per una malata tendenza al vittimismo – quello speciale rapporto che ogni madre crea con il proprio figlio (“Innanzitutto è importante che fin dai primi minuti madre e figlio rimangano insieme, facendo in modo che si instauri il cosiddetto contatto “pelle-a-pelle”: il corpo della madre aiuta il bambino a mantenere una temperatura adeguata e il bambino è meno stressato, più calmo e ha respiro e battito cardiaco più regolari”)… rapporto che a me, da queste indicazioni tutt’altro che “neutre”, sembra piuttosto incoraggiato (per non dire imposto) dall’intera comunità medica.

Prima si consiglia una cosa, e poi si condanna chi la mette in pratica.

Hanna Rosin, l’autrice dell’articolo sulle implicazioni dell’allattamento al seno nella vita sociale e lavorativa delle donne, ci racconta come l’allattamento contribuisca alla cristallizzazione dei ruoli nella coppia: The root of the problem is not the sudden realization that your ideal of an equal marriage, with two parents happily taking turns working and raising children, now seems like a farce

L’ideale di coppia in cui la genitorialità è equamente distribuita non è realizzabile, se sei vincolato alla funzione di distributore di latte per due anni.

Ci troviamo quindi di fronte ad una scelta impossibile:

ascoltare la pediatra, ed allattare il nostro bambino, e poi subire da parte del mondo maschile i rimbrotti sul fatto che ci autoimmoliamo ad una castrante maternità, dagli psicologi la ramanzina sul fatto che monopolizziamo la genitorialità, da altre donne la predica sul fatto che ci identifichiamo troppo con la nostra funzione riproduttiva…

oppure fregarcene dei sensi di colpa nei confronti di quel piccolo, indifeso esserino esposto a tutti i visrus e batteri del mondo, e comprare tettarella e latte in polvere?

Giuro, non so rispondere. Ma confesso che Organizzazione Mondiale della Sanità è un termine che mi mette molta soggezione.

Vi racconto che Hanna Rosin ha fatto così: I dutifully breast-fed each of my first two children for the full year that the American Academy of Pediatrics recommends.

Immagino che anche American Academy of Pediatrics sia una dicitura che mette soggezione.

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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8 risposte a I ruoli: davvero ce la andiamo a cercare?

  1. Paolo1984 ha detto:

    Io dico questo: non vanno negate le proprietà positive del latte materno e dell’allattamento al seno, ma sono contro anche la demonizzazione del latte artificiale. Ci sono madri che hanno un allattamento felice e sereno e altre che non possono o non vogliono allattare al seno, entrambe vanno rispettate. e certo non credo che il pargolo avrà mille malanni solo ed esclusivamente per via del latte artificiale. Il neonato ha bisogno di essere nutrito e di una madre serena, a prescindere da come viene allattato

  2. Ciò che volevo suggerire, è quel senso di inadeguatezza che la “poetica” dell’argomento suggerisce a chi lo deve affrontare praticamente, e che la Rosin descrive nel suo articolo parlando del “maternal nirvana”… Prendiamo questo sito ad esempio: http://bimbonaturale.myblog.it/archive/2009/03/18/allattamento-al-seno-un-aiuto-pratico.html
    recita: “L’allattamento al seno è quanto di più naturale per mamme e bebé, ma, soprattutto alla prima esperienza possono nascere delle difficoltà.”
    Naturale significa conforme alla natura, e sappiamo, da Rousseau in poi, il valore etico che il “naturale” porta con sé; proviamo a pensare che tipo di valore, soprattutto connesso alla sopravvivenza, nel momento del massimo sciogliemento dei ghiacci del polo, con l’inquinamento e lo stress e tutto il resto, possa avere la “natura” e il ritorno ad essa…
    Naturale significa anche normale, ovvio, oppure non artificiale, non alterato, genuino, in funzione avverbiale significa non artificialmente, con spontaneità.
    Come può una cosa ovvia, spontanea, genuina, conforme alla natura, presentare delle difficoltà?
    Forse le presenta per un soggetto non “naturale”, alterato, non genuino, che manca di spontaneità; forse, se ti trovi in difficoltà è perché non sei conforme a ciò che dovrebbe essere secondo natura… forse sei manchevole, inadeguata, perché non sai fare con spontaneità ciò che dovrebbe essere ovvio.

    • Paolo1984 ha detto:

      l’allattamento al seno è “naturale” in quanto siamo mammiferi, il fatto è che quando si parla di umanità, è molto specioso separare con l’accetta natura e cultura

  3. Cosa c’è rimasto di “conforme alla natura” nella vita che viviamo?
    Anche volessimo tornare ad arrampicarci sugli alberi come i nostri progenitori, non troveremmo neanche più una foresta dove farlo…
    In ogni caso la Rosin afferma proprio che esiste una sorta di propaganda che esagera le proprietà del latte materno, il quale non avrebbe in realtà tutte queste magiche proprietà millantate dagli “addetti ai lavori”…
    E ribadisco: io davvero non so a chi credere… come San Tommaso, in questi casi mi piacerebbe aprirmi un laboratorio tutto mio!

  4. penso che la Paolo abbia ragione: la scelta è personale e dettata dalle necessità. La mia esperienza è stata bellissima: ho allattato esclusivamente al seno per i primi 6 mesi, ed ho contnuato a farlo per contentino-abitudine-trastullo-golosità della mia bambina fino ai suoi 2 anni e 7 mesi e mezzo, fino a quando la necessità di assumere un farmaco non me l’ ha impedito… e siccome ritenevo che il tempo trascorso con le tette all’aria fpsse stato più che sufficiente ho messo uno stop con non poca fatica, ma senza sensi di colpa. Sicuramente è un’esperienza che ho sempre consigliato (magari anche meno lunga della mia) a parenti ed amiche che hanno avuto figli dopo di me, dando pure consigli se si sentivano in difficoltà, ma non per questo penso che chi non ha potuto/voluto sia una madre meno capace di me o di chi allatta al seno. Il rapporto affettivo lo vedo molto forte anche nei bambini che non sono stati allattati al seno, addirittura è presente tra genitori e figli adottivi…
    Al di là di quello che sostiene l’OMS (che sì fa un certo effetto, ma è anche la stessa organizzione, duole dirlo, che a livello mondiale è molto sensibile ai risvolti-interessi economici che ruotano attorno alla sanità), va ricordato che quando sono nata io il latte materno era assolutamente considerato inadeguato alla crescita dei bambini, e che mia mamma mi ha allattato non tanto per convinzione filosofica/psicologia, ma perchè il latte artificiale metteva in crisi il budget familiare, sostenuta dal nostro medico curante (che non era un pediatra, perchè allora non c’era l’obbligo di averlo) che rappresentava una voce allora isolata…
    Per cui alla componente culturale deve essere considerata anche quella economica, aldilà dei supporti statistici (detto da una che di statistica ne sa) presentati ad avvalorare una tesi più che un’altra.
    A questo si aggiunge anche quello sociale. E’ purtroppo vero che chi allatta ha tempi di rientro alla vita lavorativa più lenti di chi utilizza il latte artificiale, in quella fase sei di fatto insostituibile, ma il relegarti a quel ruolo non dipende dall’allattamento. Per modificare questa situazione occorre operare una rivoluzione culturale-sociale-economica che ancora non ha nemmeno tanti germogli. In Italia, come nel resto del mondo esclusa la Norvegia, la maternità è un fenomeno sociale che riguarda quasi solo le donne e questo perchè, in generale, da una parte le donne per la maggiornaza non ricoprono ruoli lavorativi di rilievo e quindi hanno meno motivazioni per discutere chi della famiglia e per quanto tempo starà in maternità, da una parte mancano leggi (vedi Norvegia) che rendono i genitori paritari nel godere della maternità obbligando ciascuno di essi in periodi consecutivi. In un contesto in cui economicamente la donna è più debole, e in cui la cultura condivisa lega la maternità alla donna più che al padre (sono convinta che solo una minima parte della gente sa che il congedo per maternità può essere utlizzato anche dai padri), chè se questi andassero in maternità verrebbero visti in modo strano, è chiaro che la donna ne “paga” più le conseguenze nelle analisi sociologiche. E purtroppo il ruolo della donna nell’ambito familiare non è solo quello della mamma, ma diventa anche fonte di supporto quando si ha anziani da accudire… e lì la cosa assume ben altre dimensioni da tutti i punti di vista.
    Mi scuso se l’ho fatta così lunga…

    • Scusarsi… e di che?
      Io sono d’accordissimo sul fatto che dovrebbe essere una scelta personale. Tutte le scelte dovrebbero essere personali. Ma mi chiedo anche: quanto la società così come è strutturata oggi rispetta il diritto dell’individuo ad operare delle scelte e quanto impegno mette nel tentare di pilotarle?
      E soprattutto: la scienza di sicuro ha fatto tantissimo per migliorare la qualità della nostra vita, ma a volte, forse, dovremmo prendere con le pinze alcuni dei suoi consigli… o no?

      • Paolo1984 ha detto:

        bè io della scienza medica tendo a fidarmi paradossalmente proprio perchè non è una scienza esatta, non propone verità assolute e tra i medici possono esserci pareri contrastanti. ma ci sono anche alcune coe su cui la comunità scientifica è concorde fino a quando ovviamente sempre la scienza non le avrà dimostrate errate.
        Cmq la maternità è legata alla donna perchè è lei quella incinta, per il padre parlerei più propriamente di congedi di paternità..io come ho detto tante volte sarei favorevole a congedi genitoriali di tipo “scandinavo” che la coppia può gestire in base alle proprie esigenze e a quelle del pupo

  5. E’ molto bello Paolo quello che hai scritto, e io ti ringrazio: la maternità è legata alla donna perchè è lei quella incinta… Conferma quello che sostenevo qualche sera fa: l’importanza di non fare di tutta l’erba un fascio.
    Il problema è che tutti si fidano della scienza, e spesso, la scienza ci prende in giro… ma parlerò presto di un caso interessante, appena finisco di tradurmi i termini medici dall’inglese!

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