Uomini e topi

Si avvertono i gentili lettori che i contenuti di questo post potrebbero essere velati di amaro sarcasmo.

il rapporto

Questa è la notizia, dal sito “Sostenitori delle Forze dell’Ordine“.

Da tempo siamo martellati da notizie pseudoscientifiche tipo questa: Senza papà è brutto… e fa male!

Dico “pseudoscientifiche” perché la Dr.ssa Gobbi ci racconta di studi effettuati sui topi spiegandoci che “Gli studi sui topi sono più attendibili di quelli sugli umani, dove è impossibile tener conto di tutte le influenze durante lo sviluppo.”

L’articolista, da questa affermazione, deduce che lo studio della Dott.ssa Gobbi ci porti a concludere che “entrambi i genitori sono di vitale rilevanza per lo sviluppo della salute mentale dei bambini” (non dei topi).

Seguitemi: se è vero che la sperimentazione animale è una lunga e solida tradizione nelle neuroscienze, lo scopo di tali esperimenti è studiare il funzionamento del cervello, non di farsi un’idea di come va la vita dell’uomo né tanto meno di come dovrebbe andare.

Perché, nella vita di un essere umano, “tutte quelle influenze” che un esperimento effettuato su topolini da laboratorio esclude saranno lì a fare la differenza.

Inoltre:  esperimenti condotti sul cervello del neonato (umano, non topo) dimostrano che il bambino, sebbene stabilisca relazioni significative e importanti anche con altri caregiver, nei primi mesi di vita sceglie una figura sola di riferimento, che sarà quella determinante per lo sviluppo di un corretto meccanismo di regolazione delle emozioni e dello stress. Perché il bambino, sebbene stabilisca relazioni significative e importanti anche con altri caregiver, sceglie una figura sola di riferimento? Perché il suo cervello non è ancora del tutto formato e per un certo lasso di tempo riesce a gestire un solo soggetto sintonizzato sulle sue esperienze interiori.

L’articolista, però, decide di ignorare tutti gli studi effettuati sulle persone (tranne quelli coerenti con le conclusioni della Dr.ssa Gobbi, che, tra l’altro, non sono citati), giungendo alla conclusione che ciò che vale per il topo vale anche per noi: “I cervelli dei topi senza padre si sviluppano in modo diverso; specialmente a livello della corteccia prefrontale, ossia la parte del cervello che controlla l’attività sociale e cognitiva.”

Che cosa siamo portati a concludere da questo articolo? Che senza un papà avremo dei bambini con la corteccia prefrontale poco sviluppata, ergo dei bambini (non topi) problematici.

Quello che non sappiamo, però, sui topi e sugli uomini (perché non ci sono studi in merito), è cosa capita al cervello del topolino quando papà-topo abusa di lui.

I topi abusano dei loro piccoli?

Se usciamo dal mondo dei topi, poi, scopriamo altre cose sorprendenti:

L’ultima ricerca in ordine di tempo è del 2012 e si intitola “Early Child Attachment Organization With Both Parents and Future Behavior Problems: From Infancy to Middle Chilhood”, di Grazyna Kochanska e Sanghag Kim (University of Iowa – Child Development, January/February 2013, Volume 84, Numero 1, pagg. 283-296).

La ricerca ha esaminato dei nuclei familiari allo scopo di evidenziare il legame fra un sano attaccamento con una o entrambe le figure genitoriali e raccolto, nel corso dei primi 8 anni di vita dei bambini, i risultati che un legame sano o insicuro hanno sull’insorgere di problemi comportamentali; i dati raccolti hanno evidenziato che un sano legame con una figura genitoriale – sia essa il padre o la madre – non produce risultati migliori di un legame con entrambe le figure genitoriali, ma che i problemi comportamentali insorgono quando è mancante un legame sano con entrambi:

“The finding that a secure attachment with at least one parent was a powerful factor that offsets risks for mental health was also important. It was also interesting that having a secure attachment with two parents did not seem to add a protective effect beyond security with one.” (pag. 293)

In altri termini: due non è meglio di uno. Non solo: il papà non è meglio della mamma, né la mamma è meglio del papà. Mamma + papà non producono risultati migliori di mamma + bambino o papà + bambino. Mamma + bambino non produce risultati migliori di papà + bambino. Ad un bambino, per stare bene, basta un solo genitore in grado di sintonizzarsi sui suoi bisogni emotivi e l’apparato riproduttore di quel genitore è irrilevante. Quello che è veramente importante è la qualità del rapporto che il bambino instaura con quel genitore (o quei genitori) nei primi mesi di vita, e il fatto che quel legame si mantenga solido nel corso dell’infanzia.

La cosa più interessante che ci dice questo studio è che i risultati sono cambiati rispetto agli studi precedenti: il maggiore coinvolgimento paterno nel lavoro di cura all’interno di una famiglia (lo studio infatti è condotto su famiglie intatte) è il fattore che probabilmente è andato ad eliminare quella differenza qualitativa che si riscontrava fra il legame mamma-bambino e papà-bambino.

In altri termini: è ciò che facciamo che determina ciò che siamo, più che il nostro primordiale patrimonio di cellule e sinapsi e più del nostro apparato riproduttore.

Non è l’essere biologicamente “padre” o “madre” che ci rende genitori indispensabili a produrre un determinato risultato, ma il modo in cui agiamo il nostro essere genitori.

Per ciò che riguarda gli studi sui bambini “senza papà”, il dottor Henry Ricciuti della Cornell University, ha pubblicato nel 1999 uno studio che, dall’esame di ben 1700 bambini, non aveva rilevato particolari problemi scolastici o relazionali in quelli che vivevano con un genitore single.

Afferma il Dottor Ricciuti: “The findings suggest that in the presence of favorable maternal characteristics, such as education and positive child expectations, along with social resources supportive of parenting, single parenthood in and of itself need not to be a risk factor for a child’s performance in mathematics, reading or vocabulary or for behavior problems.

I risultati suggeriscono che la presenza di caratteristiche positive nella madre, come educazione e aspettative positive nei confronti del bambino, unita a risorse sociali a supporto della genitorialità, è sufficiente a far sì che l’essere un genitore single non risulti di per sé un fattore di rischio per lo sviluppo di competenze matematiche o linguistiche, né comporti nel tempo problemi comportamentali.

La variabile che fa la differenza, secondo Ricciuti, sono le “social resources supportive of parentig“, che non credo i topi abbiano ancora… e che quindi anche noi ci stiamo apprestando ad eliminare.

Insomma un bravo genitore umano (non topo), anche da solo, se vive in un ambiente che supporta la genitorialità, cresce bambini (non topi) che non presentano problemi di apprendimento né problemi relazionali.

I rischi connessi alla monogenitorialità non si risolverebbero con la “presenza del padre” (e parliamo di uomini, non topi da laboratorio), bensì con l’accesso ad adeguati strumenti di supporto economico e sociale alla genitorialità.

Che gli studi effettuati sugli esseri umani ci diano risultati diversi è irrilevante: lo chiameremo il principio di Mickey Mouse.

topolino

Concorderete che non si è mai visto Mickey Mouse protestare perché Tip e Tap non potevano accedere alla scuola a tempo pieno, né tanto meno lo si è visto collezionare scontrini delle spese scolastiche da scaricare sulla dichiarazione dei redditi per ottenere un rimborso in busta paga. Ve lo immaginate Mickey Mouse rivolgersi ai servizi sociali in cerca di supporto?

Oltre tutto, Mickey Mouse non ha mai avuto bisogno di un topo-femmina accanto a lui: se la cava alla grande da solo.

(Se poi andiamo ad esaminare un altro simpatico topolino, il Remy di Ratouille, ci accorgiamo che neanche lui ha la mamma, ma ha un papà, ed è diventato un grande chef. Non sarà che per avere un  topolino di successo dobbiamo eliminare tutte le mamme, come facevano a Sparta?)

Secondo il principio di Mickey Mouse, “senza papà è brutto”.

Un titolo che a me ricorda tanto il ritornello delle pecore ne “La fattoria degli animali” di Orwell (tutti dovrebbero leggere Orwell, secondo me), avete presente?

«Quattro gambe buono, due gambe cattivo»

Se “senza papà è brutto, con papà è bello”, può una denuncia di abuso su minore mettere a rischio il fondamentale rapporto papà-bambino?

Ovvio che no!

Ecco perché per chi è chiamato ad emettere un giudizio la priorità non è mettere in sicurezza il minore, proteggerlo da situazioni che potrebbero mettere in pericolo la sua integrità fisica (per non parlare del suo benessere psicologico), bensì preservare il legame fra papà-topo e la corteccia prefrontale del suo topolino.

La soluzione ideale, secondo i Giudici, è la sorveglianza: il caro papà abusante potrà contribuire allo sviluppo cerebrale del figlio senza torcergli un capello…

Anche capitasse qualcosa di brutto (perché capita più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere), chi doveva sorvegliare sarà assolto.

Ed in questo caso a nessuno fregherà un bel niente di niente.

Un topolino in più, un topolino in meno… Che ce ne facciamo, in fondo, di un topolino con lo sviluppo cerebrale compromesso?

Il rapporto mamma-bambino? Beh, quella è un’altra storia. La mamma non è così importante.

Lo sanno tutti che Minnie è solo un personaggio secondario!

Così, contemporaneamente a questa notizia, su Il manifesto leggiamo che una mamma che cerca di difendere i suoi figli se li vede brutalmente portar via perché accusata di Pas, mentre a Rapallo una bambina è stata strappata alla sua mamma (il suo unico genitore) perché la donna da troppo tempo usufruiva dei caritatevoli servizi sociali (le solite donne parassite che non hanno voglia di lavorare, aggiungerei, che ci sta sempre bene).

Se sei una mamma povera, ma accudisci con amore tua figlia, è meglio che tua figlia ti stia il più lontano possibile,  intanto che si fanno i dovuti accertamenti (la corteccia prefrontale della topolina rimarrà intatta); se sei un papà che mena i suoi figli, non sia mai che le indagini in corso vadano a turbare la relazione padre-figlio.

Perché le botte non minano in alcun modo la relazione padre-figlio: anzi, un figlio picchiato sarà probabilmente un vero maschio pronto in età adulta ad alzare a sua volta le mani ogni volta che gli si propone un problema. E una bambina picchiata è una donna che forse si lascerà picchiare senza muovere troppe obiezioni.

E’ così che va il mondo, dai secoli nei secoli (amen).

Immagino che un bambino che ha subito delle lesioni non potrà che essere raggiante all’idea di incontrare chi abusava di lui. E se non è raggiante ha la Pas, quindi basterà resettarlo, una volta trovato il pulsante non dovrebbe essere difficile.

Insomma, da tutta questa storia che conclusioni vogliamo trarre?

La conclusione più ovvia: che i Tribunali italiani discriminano i poveri papà ed è scandaloso che il Papa non sia ancora intervenuto a tutela dello sviluppo cerebrale dei piccoli roditori… volevo dire: a tutela dei bambini di questo paese.

Poi potremmo azzardare che la discriminazione di genere non esiste, che il patriarcato è morto e sepolto e che è sotto gli occhi di tutti che siamo dominati da una lobby di femministe lesbiche che mira ad eliminare i maschi (uomini e topi) dalla faccia della terra diffondendo ai quattro venti la fola della violenza misogina contro le donne.

Molti vengono qui a scrivere che sono “misandrica” (ovvero odio ingiustificatamente tutti i mammiferi di sesso maschile) e che voglio tenere lontani i topolini dai loro amorevoli papà perché affetta da questa strana forma di sadismo che mi spinge ad impicciarmi degli affari altrui (mentre farei meglio ad impiegare il mio tempo libero in attività socialmente utili, come soddisfare sessualmente un uomo, ad esempio).

Inutile spiegare a chi porta questo genere di argomentazioni che ci sono papà e papà: ci sono quelli desiderosi di prendersi cura dei loro bambini (e magari sono la maggioranza, non posso saperlo) e ci sono quelli che finiscono incriminati per abusi su minore; inutile spiegare che occuparsi di questo secondo gruppo non significa ignorare l’esistenza del primo, né tantomeno che sono affetta da qualche nuova sindrome (perché lanciare sindromi sul mercato, oggi come oggi, è la vera soluzione alla crisi economica).

Inutile far notare cose come “ma avete letto la frase Non è l’essere biologicamente “padre” o “madre” che ci rende genitori indispensabili a produrre un determinato risultato, ma il modo in cui agiamo il nostro essere genitori che ho scritto sopra?”, perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Beh, io accuso voi di vivere con delle grosse fette di prosciutto sugli occhi; vi accuso di aver perso il senso della realtà, ma soprattutto vi accuso di rimanere insensibili alle grida di aiuto che ormai da un bel po’ si stanno levando in cerca di qualcuno abbastanza vivo da provare un minimo di indignazione.

Ben 13 anni fa la Now (la National Organization For Women, la maggiore organizzazione femminista statunitense) si chiedeva: il movimento dei papà separati  è la prossima grande minaccia al raggiungimento dell’uguaglianza fra uomini e donne? e si rispondeva: si!

Ma noi non facciamocela neanche questa domanda: mettiamo su un DVD di Topolino o leggiamoci un bel libro di Recalcati che ci racconta quanto sta male Telemaco senza il suo papà

(che è la nuova moda femminista, leggere Recalcati e dedicarsi alla critica di Peppa Pig: maledetto cartone che danneggia la figura del “vero uomo” proponendoci un papà troppo imbranato – che padre è uno che non pianta chiodi a muro? Dove andremo a finire se Mamma Pig appare più competente del’uomo di casa? Che ne sarà delle cortecce cerebrali dei nostri bambini?)

e auguriamoci di non dover mai varcare la soglia di un Tribunale dei Minori.

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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36 risposte a Uomini e topi

  1. Morgaine le Fée ha detto:

    Gli esperimenti riportati sui topi mi lasciano molto perplessa. Lo scrivo perché nel mio gruppo facciamo ricerca sul comportamento e usiamo anche topi e ratti (nello specifico studi su Alzheimer, memoria, stress, sindrome premestruale). La struttura sociale dei topi é diversa da quella umana, la relazione prole-genitori e tra i sessi é diversa da quella umana.
    Fare studi su comportamenti sociali complessi e spesso peculiari di una specie, quali il comportamento parentale, e poi applicarli ad un’altra specie, in queso caso quella umana (piú complessa e influenzata pesantemente da sovrastrutture culturali), é a mio modestissimo parere poco corretto.
    Qui non si tratta di osservare un fenomeno semplice e specifico tipo: cosa ricorda un ratto nel tempo e quantificare se migliora o peggiora sotto l’influenza di diversi farmaci.

    • La ricerca specifica che si tratta di una particolare specie di topi monogami.
      E mi domando: sarebbe questo a renderli più simili a noi? Siamo una specie rigidamente monogama?
      Si separano questi topi?
      Insomma, anche a me il parallelo sembra assurdo… anche se non lavoro con i topi.

      • Morgaine le Fée ha detto:

        Sono anch’io molto dubbiosa sulla validitá dell’uso di questa specie per creare paralleli con gli esseri umani. Il principale dubbio non é tanto per i topi in sé (effettivamente monogami e con pari cure parentali), ma sul fatto che la specie umana, a seconda del momento storico, culturale, eccetera, ha mostrato diversi tipi di cura parentale e di interazione familiare/riproduttiva (dalle culture matriarcali agli harem islamici, alla monogamia), quindi ci sono veramente troppe variabili in gioco.
        È difficile fare paralleli addrittura tra gli umani e diverse specie di primati (piú simili a noi), figurarsi con una specie di topi.

  2. Close The Door ha detto:

    Dicono che l’Italia sia uno dei paesi con la più alta litigiosità giudiziaria d’Europa, per cui non mi sorprende che i giudici si stiano allargando a prendere provvedimenti che esulano dalle loro competenze e in qualche caso andando manifestamente contro il parere degli esperti, vedi Stamina e altre amenità in cui del giudizio dei giudici faremmo volentieri a meno.
    Però leggendo quello che scrivono gli operatori nei centri di abuso, la pratica di far incontrare un bambino abusato con suo padre non serve perché ci devono essere due genitori a prescindere ma perché il bambino deve essere messo nella condizione di fare i conti con il padre che ha, per quanto disgraziato sia. Cioè secondo loro è meglio avere i genitori di Pollicino che non averli. Non escluderei che il parere dei giudici non sia condizionato da questo tipo di approccio.

    • Un bambino “dovrebbe fare i conti con il padre che ha”? E che genere di conti? Non c’è un rapporto alla pari fra un bambino ed un adulto…

      Ma soprattutto: perché il bambino deve fare questi conti con il padre che ha ma non con la madre che ha?

      • Close The Door ha detto:

        Beh mi sembra logico che la risposta valga sia per i padri che per le madri, non ho dubbi che ci saranno situazioni analoghe anche per le madri. ma hai scelto il caso di un padre e su quello ti ho risposto.
        Prendi la mia risposta con le pinze ovviamente, bisognerebbe che intervenisse qualcuno di esperto, io posso citare solo la mia piccola esperienza di psicoterapia e gruppo di terapia. Ho capito che i genitori non si limitano a essere delle figure esterne ma vengono interiorizzate con una rappresentazione interna che condiziona molte, se non proprio tutte, le tue relazioni future. Esempio banale: l’uomo che picchia la moglie perché suo padre picchiava sua madre. Credo che tecnicamente lo chiamino ”modello operativo interno”.
        Il lavoro di terapia include il fare i conti con una o entrambe le figure genitoriali, ma se questa viene a mancare è più difficile. Personalmente lo sto vedendo con i miei occhi nelle reazioni degli altri membri del gruppo – siamo tutte persone amate per niente, poco o male, ma chi è stato abbandonato fa più fatica degli altri. In questo caso mi pare di capire che il padre non sarebbe lasciato solo con il bambino, ma si incontrerebbero in uno spazio protetto, sotto osservazione. Questo è importante – sto scrivendo con la mente all’autobiografia di Isabelle Aubry e Pola Kinski, entrambe abusate in relazioni incestuose, per cui certamente lasciar sola una bambina con il padre abusante sarebbe irresponsabile.

      • Se gli incontri protetti fossero davvero protetti, non credo che il tono di questo post sarebbe stato così polemico.
        Ho avuto l’occasione di incontrare Antonella Penati ed ascoltare dalla sua voce la drammatica vicenda che ha portato alla morte del suo bambino durante un incontro protetto; da allora confesso che emotivamente sono molto coinvolta e difficilmente riesco a reagire con freddezza di fronte a questo argomento.
        Spesso provo ad immaginare come mi sentirei se dovessi vivere quello che ha vissuto lei, e mi dico: impazzirei di dolore, non potrei mettermi davanti ad un microfono a raccontare che il mio bambino è stato lasciato solo a morire dissanguato… Impazzirei, mi farei a pezzi con le mani nude.
        Eppure l’essere umano dimostra di sopravvivere ad orrori ancora più grandi di questo, ed è davvero incomprensibile…
        Recentemente si è parlato di mettere in gioco i sentimenti: ecco, ascoltare quel racconto è stato uno spartiacque, un turning point, nella mia vita. Ho sentito qualcosa che si agitava con prepotenza nelle parti più profonde di me e quella morsa non se ne è mai veramente andata.
        Si è trattato di leggerezza, di superficialità, di incompetenza: tutto tragicamente umano, ma nessuno ha mai chiesto veramente perdono e questo mi fa male: è una cosa personale.
        Non è la mia storia, ma è come se lo fosse: l’ho ascoltata e adesso riguarda anche me.
        Vorrei che la gente ascoltasse e imparasse a non essere leggera, superficiale, incompetente: vorrei che il maggior numero di persone possibile sentisse quella morsa che sento io per farla propria, adoperarsi ad eliminare quell’indifferenza che è alla radice di tragedie come quella di Federico Bakarat: perché non è crudeltà, ma solo la banale indifferenza la causa di tragedie enormi come quella, la “mancanza di cura”.
        Perché il male è davvero banale.

      • Close The Door ha detto:

        Grazie di aver menzionato questa bruttissima storia, non la conoscevo. Io mi agito moltissimo ancora quando leggo di Lama al-Ghamdi , ma mi dico che almeno la mamma di Lama ha ottenuto la condanna del padre, qui la cosa peggiore della storia che citi è l’assoluzione delle assistenti sociali. Ma sbaglio oppure non hai mai scritto qui di Federico?

    • Il Rasoio di Occam ha detto:

      Peccato che sulla base degli studi che Ricciocorno cita in continuazione, non è affatto vero che siano meglio i genitori di Pollicino. I conti con le figure interiorizzate, proprio perché interiorizzate, non richiedono affatto la presenza del genitore reale, si possono benissimo fare con il sostegno di un bravo terapeuta. E’ una violenza quella di voler costringere un bambino ad accettare nella sua vita un genitore abusante. Se poi questo non ha fatto nessun tipo di percorso riabilitativo, non vedo che cosa si possa sperare da questi incontri se non una ri-traumatizzazione ripetuta. A me questo “approccio” sembra solo l’ennesima reincarnazione del concetto che i bambini sono proprietà dei genitori. Solo che invece di dichiararlo apertamente si stabilisce che quella rivendicazione di possesso è per il bene del bambino. Et voilà! La pedagogia nera è servita.

      • Close The Door ha detto:

        Rasoio di Occam, questo argomento è valido certamente.
        Purtroppo le cose sono rese complicate dal fatto che un genitore abusante non è sempre un pazzo seviziatore che vorresti subito sulla sedia elettrica – stile Klaus Kinski per capirci (secondo sua figlia Pola), e nemmeno il distinto professionista ferito nell’orgoglio per avere perso la patria potestà e che uccide il figlio per riappropriarsene e vendicarsi del mondo -. che mi pare il caso più frequentemente discusso qui.
        Può anche essere un genitore che non sa stare con suo figlio. Nel mio gruppo ci sono una ragazza e una donna che non ricordano di avere ricevuto una singola carezza dai loro genitori, mamma e papà. O anche, se guardi SOS Tata ogni tanto vedi genitori che non danno baci ma solo pugni in testa, e i bambini si comportano male apposta per ricevere l’unico contatto possibile. Quello che voglio dire che non c’è solo la polmonite e non c’è solo il raffreddore. Se incontri una famiglia con la bronchite, te la sentiresti di togliere questi bambini dalle loro famiglie, con la sicurezza di preservarli da un trauma, o non dubiteresti di crearne altri di peggiori?

        Oltre a mettere in gabbia questi padri sbagliati e portargli via i figli, occorrerebbe fare un lavoro culturale sulla figura del padre. La neo-madre si vergogna a parlare dei suoi pensieri omicidi nei confronti del neonato che le trapana il cervello perché pensa di essere pazza – e magari sprofonda nella depressione. Il padre fragile invece ha alle spalle una retorica che lo fa sentire nel giusto e probabilmente non si rende nemmeno conto di scivolare in un tunnel senza uscita. Mi piacerebbe che si arrivasse a quel tipo di consapevolezza per cui non solo una donna ma anche un uomo che inizia a fantasticare di uccidere, si scuota e vada a parlare con uno psicologo.

    • Il Rasoio di Occam ha detto:

      Quello che dico io però è che il recupero del genitore abusante non può avvenire a spese del bambino. I bisogni del genitore vanno assolutamente separati dalle esigenze del bambino, invece c’è questa malsana sovrapposizione: il genitore va aiutato, allora gli mettiamo in mano il bambino, quasi fosse una cavia su cui può “provare” ad essere un bravo genitore.
      Ma se quel bambino per guarire ha bisogno di distanza, di allontanarsi, di un periodo di riposo da quelle emozioni violente che il genitore gli suscita? Per chi soffre di stress post-traumatico l’esposizione può essere incompatibile con la terapia.Se il suo percorso viene compromesso dal contatto col genitore? Come si sente il bambino ad essere caricato della responsabilità della guarigione di chi ha abusato di lui? E’ libero di esprimere i propri sentimenti, anche di odio, di rifiuto? Questi vengono ascoltati? Ha voce in capitolo sul se, come e quando fare i conti col genitore?.Nella mia esperienza no, il bambino non viene ascoltato.

      Io non dico che certe famiglie non possano essere ricomposte. Ma purtroppo si dà per scontato che ricostruire la famiglia sia sempre l’opzione migliore, il che mette un’enorme pressione sul bambino e anche sul genitore non maltrattante, che non sono liberi di dettare i termini del proprio percorso terapeutico perché questo è subordinato al “recupero” della famiglia che poi in ultimo, si identifica col recupero del genitore maltrattante.

      • Close The Door ha detto:

        Capisco bene il punto di vista e non ho dubbi che ci sia del vero. L’unica risposta che mi sento di dare è che evidentemente per chi studia queste cose salvare la famiglia è l’unica strada per salvare anche il bambino, magari appunto per evitare che si moltiplichino tragedie in cui madri e padri indegni certificati cercano di rapire il bambino per riprenderselo. Non lo so, le esperienze sono diverse e non paragonabili, mi chiedo se per un bambino è peggio avere un genitore indegno “certificato” e allontanato, oppure avere un genitore indegno ma che decide lui che è indegno. Mi piacerebbe veramente che intervenisse qui qualche operatore.

      • Chi studia queste cose a volte prende dei grossi abbagli: perché non possiamo ammettere che la gente è fallibile e spesso e volentieri sbaglia?
        Quello che vorrei suggerire, con questi post, è di prestare più attenzione alla sicurezza di chi non ha gli strumenti per difendersi da solo (ad esempio i bambini) e meno all’integrità di concetti astratti come “la famiglia”.
        La tragedia di Federico Bakarat o quella di molti altri bambini (ne ho parlato ad esempio anche qui: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2013/10/10/il-familismo-amorale/) si possono evitare solo prestando più attenzione a quei piccoli segnali che aiutano a prevedere il peggio.
        Ci sono degli studi che indicano agli operatori quei comportamenti che di solito precedono gli episodi di violenza, comportamenti che gli operatori italiani mostrano di sottovalutare, stando alla cronaca.
        Insomma: un bambino per avere la possibilità di decidere deve rimanere vivo…

  3. migraciontotal ha detto:

    “La variabile che fa la differenza, secondo Ricciuti, sono le “social resources supportive of parentig“, che non credo i topi abbiano ancora… e che quindi anche noi ci stiamo apprestando ad eliminare.”

    Eliminare?! C’è qualcosa che non ho capito?

  4. migraciontotal ha detto:

    P.S. Non mi sentirei di consigliare così entusiasticamente la lettura di Orwell, ha scritto anche un romanzo poco conosciuto, “Fiorirà l’aspidistra”. Secondo me, un manifesto di “sessismo selvaggio”.

    • Ammetto di non averlo letto, questo. Forse avrei fatto meglio a specificare “La fattoria degli animali” 🙂

    • IDA ha detto:

      Anche se ha degli spunti autobiografici, “Fiorirà l’aspidistra” insieme ad “Una boccata d’aria” e un terzo romanzo che non ha mai scritto, facevano parte della trilogia sulla borghesia. è sessista, perché la borghesia è sessista e l’aspidistra è la pianta che simboleggia la borghesia, non a caso quando il protagonista era un giovane ribelle maltratta la pianta, spera che muoia tutti i giorni, poi quando diventa impiegato nell’odiata industria simbolo del capitalismo, e avrà raggiunto il benessere economico, si dimentica dei vecchi compagni e inizia a curare la pianta, ma l’aspidistra fiorisce e muore.. ti prego Migraciontotal.. rileggilo con altri occhi.. non mi dare questo dolore.. 🙂

  5. jane ha detto:

    mi fa ridere questa ricerca sui topi… se guardiamo il mondo animale il maschio “monta” e sparisce… nel mondo animale è sempre e solo la madre che accudisce i cuccioli… non ho mai visto un bue, un cavallo, un cane, un maiale, un gatto, un gallo, ecc accanto ai loro cuccioli…

      • Se non fosse per la gravità e la delicatezza degli argomenti proposti… certe tue risposte mi fanno sorridere (e ridere) anche quando non vorrei 😀 (il cavalluccio marino… e il pinguino maschio non ce lo metti?)

    • J. ha detto:

      L’articolo commentato critica (con argomenti giusti a mio parere) il trasferimento di osservazioni del mondo animale alla sfera umana. Penso che il tuo commento esprime proprio il tipo di analogia che, giustamente, si vuole combattere, nell’interesse dei bambini.
      (se tuttavia volessi considerare questa analogia, dovresti considerare il caso dei uistitì,- dunque non solo cavalucci di mare- che sono molto più vicini all’uomo, nell’albero evolutivo, rispetto ai casi che citi, e dove é il maschio che cura prevalentemente la prole. Dunque se vuoi portare la discussione su questo terreno, non penso si giunga alla conclusione che suggerisci).

    • Nic ha detto:

      Per forza che è sempre e solo la madre che accudisce i cuccioli nel mondo animale, è da lei che i cuccioli si nutrono per poter crescere, non di certo dal “padre”…. è anche per questo che il maschio monta e sparisce perchè lui a differenza della “madre” i suoi cuccioli non può nutrirli…

    • Nic ha detto:

      Se non fosse costretta ad nutrirli magari anche lei sparirebbe…

    • Nic ha detto:

      A* nutrirli

    • Nic ha detto:

      E infatti poi una volta che i cuccioli crescono li lasciano andar via a spiccare il volo e non li calcola più, mentre la madre (umana) non riesce a staccarsi dalla sua prole neanche una volta che i figli sono già belli cresciutelli…

    • Nic ha detto:

      Sto scherzando ovviamente… in realtà l’ istinto paterno esiste in molte specie animali. Quindi non è vero che sono solo le madri che accudiscono i cuccioli nel mondo animale.

  6. IDA ha detto:

    Sarò sintetica:
    Uno: Sono d’accordo su Orwell.
    Due: ho due gatte, quindi è comprensibile che io non conosca la vita sociale dei topi, ma quello dei gatti si, e la figura paterna è totalmente assente, anzi, è bene tenere lontano i maschio dai cuccioli, anche se è raro, ci possono essere casi di cannibalismo. Quindi secondo questa dott. I gatti hanno tutti dei problemi comportamentali e si fanno le canne! Ahh.. dimenticavo, sono topi e non gatti!
    Tre: La presenza della figura paterna nell’educazione dei figli, è una figura abbastanza recente, prima il padre era solo l’autorità, la minaccia, “lo dico a babbo, quando torna” perchè era sempre assente..
    Quattro: Per mia esperienza, non sui topi, ma sulle persone; Coetanei dei miei figli, quindi ora hanno più di vent’anni, hanno, o hanno avuto problemi comportamentali, ( a parte bisogna vedere anche questo cosa vuol dire) o di droga, questi hanno tutti e due i genitori. Poi ci sono alcuni che hanno solo una madre, altri solo il padre, e uno due madri, e sono ragazzi che non hanno “problemi comportamentali” di nessun tipo.
    Secondo me i giudici hanno tenuto conto anche di un altro pregiudizio; che le madri, si sa al momento del divorzio, diventano tutte nazi-femministe e si inventano presunti abusi, e fino alla sentenza di terzo grado, uno è innocente.. ecc.ecc.. cosa conta la sicurezza di un minore, difronte ad un’ipotesi di abuso? Il rapporto padre-figlio si renderebbe irrecuperabile, se poi il padre abusa del figlio “recuperabilissimo”!

    • J. ha detto:

      Avrei dei dubbi sull’affermazione “La presenza della figura paterna nell’educazione dei figli, è una figura abbastanza recente, prima il padre era solo l’autorità, la minaccia, “lo dico a babbo, quando torna” perchè era sempre assente..”
      Un secolo fa gran parte della popolazione viveva in contesti rurali dove la prole non (o poco scolarizzata) era associata alla vita produttiva fin da un eta molto bassa. Per quanto ne possa sapere, i bambini accompagnavano i genitori nei lavori agricoli.
      Un’analisi piu ampia, che tratta anche periodi meno recente é quella di Philippe Ariès, L’enfant et la vie familiale sous l’Ancien Régime. Mostra che il concetto di infanzia si é molto evoluto con la storia.
      Non mi sembra comunque corretta l’affermazione secondo la quale la presenza paterna sia una novita, anche se é vero che ha cambiato forma.

  7. Lilli ha detto:

    Secondo questa pseudo ricerca scientifica, le persone più crudeli sarebbero quindi cresciute senza padre… Facciamo anche noi una ricerca e cerchiamo gli uomini più crudeli della storia su Google. Mi compare un sito che parla dei primi 15.
    Partiamo con l’ultimo: Pol Pot e vediamo che infanzia ebbe… “Pol Pot nacque nel 1925 a Prek Sbauv (in quella che allora era una parte dell’Indocina Francese, ma che adesso si trova nella provincia di Kampong Thom, in Cambogia), da una famiglia mediamente benestante, con frequentazioni della famiglia reale. Essendo una delle sue sorelle concubina del Re, al giovane capitava spesso di visitare il palazzo di residenza del sovrano. Intorno al 1934, la famiglia di Saloth Sar mandò il figlio in un monastero buddhista di Phnom Penh per un tirocinio religioso.[4] Due anni dopo iniziò a frequentare la “Miche School”[4], una scuola religiosa di Phnom Penh. Il soggiorno a Phnom Penh con tre dei suoi fratelli più grandi diede a Saloth Sar una nuova visione dello stato della popolazione Khmer”.
    Mmm, no, il padre ce l’aveva vicino.
    Proviamo un altro.
    Iosif Stalin. Nacque nel 1878 da Vissarion Džugašvili (1853-1890) e da Ekaterina Geladze (1858-1937), in una povera famiglia georgiana. Picchiato spesso dal padre, Stalin ebbe per tutta la sua esistenza rapporti difficili con la propria famiglia; alcuni studiosi hanno ritenuto che tali conflitti familiari abbiano provocato in lui diverse turbe psicologiche[9].
    Mmm, qua mi sa che il bambino è diventato un mostro proprio perché il padre ce l’aveva vicino e lo massacrava di botte.
    Andiamo avanti.
    Karl Brandt, il medico nazista accompagnatore personale di Adolf Hitler. A lui si dà la responsabilità per la teorizzazione e pratica dell’eugenetica, ossia per i metodi finalizzati al perfezionamento della specie umana che portarano all’Olocausto.
    Nato nel 1904 in Alsazia, a Mulhouse, quando il territorio era ancora sotto dominio tedesco, Brandt[1] veniva da una famiglia di medici di grande distinzione, ma non proveniente dall’Alsazia. Iniziò gli studi nel 1924, presso l’Università di Jena, e nel 1928, all’età di 24 anni, divenne un medico il cui primo impiego fu come assistente all’ospedale di Borgnannehoil[2], dove rimase per due anni. Qui effettuò il suo tirocinio col grande chirurgo tedesco Ferdinand Sauerbruch e, ancor prima dei trent’anni, stava già emergendo come un chirurgo dotato e un’autorità sulle lesioni alla testa e alla colonna vertebrale[3].
    Anche in questo caso aveva una famiglia normalissima e unita.
    Possiamo continuare all’infinito per dimostrare che la ricerca sui topi California della Gobbi si limita a dare dimostrazioni che riguardano ESCLUSIVAMENTE i topi California e non c’entrano proprio nulla con gli esseri umani.

  8. Blossom ha detto:

    Trovo che nei commenti ci sia un certo piglio discriminatorio nei confronti dei gatti: non è sempre vero che il maschio della specie si dia alla macchia o si disinteressi totalmente della prole. Ho constatato che non pochi gatti tornino a controllare i cuccioli, una volta nati e se sono gatti di casa passino il tempo a controllarli, talvolta aiutando nelle mansioni di cura. Ma soprattutto ci sono gatti disposti a fare i babysitter di cuccioli non loro crescendoli e accudendoli, come ha fatto anche il mio Rufy

  9. Il Rasoio di Occam ha detto:

    Spezzo anch’io una lancia in favore dei gatti maschi 🙂
    Ne ho avuto uno che adottava ogni gattino passasse per casa, lasciava persino che tentassero di succhiargli il latte…

  10. eikansara ha detto:

    D’accordissimo con quanto diceva Rasoio di Occam riguardo alla restaurazione a tutti costi della santa famiglia, a discapito del recupero dei bambini. Si dovrebbe perlomeno aspettare che sia un bambino a manifestare non dico il desiderio ma almeno la curiosità per il genitore abusante. Cosa che appunto in caso di disturbi post traumatici non avviene come certi giudici e certi servizi sociali si aspettano..per poter chiudere in pace il loro fascicolo. Anni addietro la nostra prima pediatra, anche psichiatra infantile, a proposito dei problemi che cominciavo ad avere col padre di mia figlia mi confessò disgustata che per lei provvedimenti “volti al recupero del rapporto con la figura paterna mancante” in caso di abusi pesanti erano vere e proprie violenze di stato. Anche in un caso di femminicidio di una vicina di casa venne fuori che il padre (separato inconsolabile..) nonostante avesse ammazzato la madre sotto i loro occhi, avrebbe avuto in futuro il diritto di rivolgersi alle figliole, per fortuna il tempo di detenzione fu tale da permettere alle bambine in questione di crescere serene ed evitare ogni contatto, e non mi risulta ad ora che sono tutte maggiorenni che abbiano avuto nessuna voglia di vederlo, ma chissà se l’avesse solo ferita gravemente se sarebbero state costrette ad incontri protetti negli anni a venire?

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