La maestrina dalla penna rossa

L’antefatto:

la Nuova Sardegna pubblica un articolo dal titolo “Lei lo sveglia troppo presto e lui la riempie di botte” al quale Michela Murgia, dalla sua pagina facebook, rivolge alcune critiche.

Cosa vuol dire non avere un’etica del linguaggio quando si scrive un articolo di giornale su un caso di violenza? Vuol dire questo.

1) Si fa un titolo che descrive la violenza dell’uomo come conseguenza di un comportamento della donna.
2) Nel raccontare i fatti si assume il punto di vista dell’abusatore.
3) Si associa la violenza al clima della discussione (“volano insulti”) e non alla volontà diretta dell’uomo. La scena della violenza viene descritta come la lotta di due gatti selvatici.
4) La violenza scatenata dell’uomo viene proposta come “la versione della fidanzata”, in barba a un referto medico con 10 giorni di prognosi. Il pestaggio viene definito “darle una lezione”.
5) I graffi in faccia subiti dall’aggressore vengono equiparati ai calci e pugni su tutto il corpo subiti dalla sua vittima.
6) L’arresto e i provvedimenti di restrizione stabiliti dal giudice sono minimizzati come interpretazioni di cose non certe, basate sulla versione della donna, la cui credibilità viene ulteriormente minata agli occhi dei lettori dall’informazione (assolutamente non necessaria) sulla paternità dei figli che hanno assistito alla violenza.
7) L’ultima parola viene data all’aggressore che si descrive come vittima a sua volta, colpevolizzando di conseguenza la vittima.

Nel 2014 non è più giustificabile raccontare così una violenza di genere. L’Unione Sarda ha un codice deontologico specifico sul tema e lo sta rispettando. Cosa aspetta la Nuova Sardegna a fare altrettanto?

Segue anche una lettera al Direttore (che io stessa ho sottoscritto), su iniziativa del blog In quanto donna.

Ed ecco la reazione dell’autore dell’articolo:

soriga

Alle osservazioni sul testo di Michela Murgia, il giornalista risponde:

1. solo una femminista invasata poteva decidere di criticare l’articolo in questo modo, perché le persone intelligenti non lo avrebbero mai fatto; ergo, “essere intelligenti”, secondo Soriga, significa non criticare il lavoro di Soriga; o meglio, significa non criticarlo così come ha fatto Michela Murgia; io sospetto che non esista, nella mente del Soriga, un “modo intelligente” di criticarlo, sebbene la frase in sé e per sé non lo escluda. Su quale sia questo “modo intelligente” Soriga non accenna nulla, però. Inoltre: invasato significa “posseduto dal demonio”, oltre che – nell’accezione più comune – posseduto da una passione tanto violenta da perdere il controllo. Non è chiaro in quali passaggi della sua critica la Murgia si dimostri tanto aggressiva o fuori di sé tanto da essere definita una “invasata”.

2. bisogna sempre dubitare di chi dichiara di non volersi tingere i capelli; è una curiosa affermazione – potremmo aprire un dibattito su questa cosa della tintura per capelli e magari affiancarlo a quello sulle mutande imbottite di Pippa Middleton, che infiamma i quotidiani in questi giorni – ma io non ne colgo la pertinenza con l’articolo di Soriga né con le critiche di Michela Murgia.

3. anche un bambino capirebbe che l’articolo di Soriga è ironico. L’ironia, nell’uso comune del termine, indica la dissimulazione del proprio pensiero con parole che significano il contrario di ciò che si vuol dire, con tono tuttavia che lascia intendere il vero sentimento (che bella giornata! – e sta diluviando – è ironico, probabilmente). Non è facile essere ironici senza l’aiuto del linguaggio non verbale (tono di voce, gestualità) e in un contesto limitato come quello della comunicazione scritta. Oltretutto,  mi chiedo, in un clima culturale come quello italiano, nel quale la violenza maschile sulle donne è spesso e volentieri minimizzata e giustificata attraverso un processo di colpevolizzazione della vittima, da quali elementi linguistici avrebbe Michela Murgia potuto distinguere un articolo come quello del Soriga da esempi come questo, in cui l’omicidio di Tiziana Ulivieri è seriamente (e non ironicamente) attribuito alla carenza di sonno? Ancora: il Soriga voleva scherzare, strapparci un sorriso. Anche i bambini capirebbero che la cosa più opportuna da fare, visto che quotidiadamente leggiamo di donne aggredite dal marito/fidanzato/partner, è sdrammatizzare con una sana risata, e che il modo migliore di fare dell’ironia in un paese in cui sono in parecchi quelli che si schierano (sinceramente convinti) dalla parte di chi compie gesti violenti contro le donne, è “fingersi” dalla parte del colpevole: chi ci cascherebbe mai? (sto facendo dell’ironia; l’avevate capito? Potete chiedere a qualche bambino se coglie l’ironia di questo mio paragrafo, per favore?)

4. sebbene ognuno abbia il diritto di criticare, questa particolare critica al Soriga è in malafede. Agire “in malafede” significa mancare consapevolmente di lealtà, di onestà. Insomma, secondo Soriga, Michela Murgia sapeva che in realtà il brano era ironico, ma ha voluto distorcere il significato dell’articolo solo per accusarlo. Se quella della Murgia non è una sincera critica al testo, forse è un attacco personale a Soriga: lo odia? E perché? Che storia c’è sotto? Eppure sembra che neanche sapesse che era lui l’autore dell’articolo… Quali altri motivi potrebbe avere Michela Murgia per attaccare la Nuova Sardegna se non il fatto che l’articolo ha destato in lei quelle particolari osservazioni? Che la critica sia in malafede, dovremmo dedurlo dal fatto che l’ironia l’avrebbe colta anche un bambino? Manca, a questo punto, la testimonianza di qualche bambino.

5. chi critica “sale in cattedra”, e salire in cattedra non va bene, soprattutto per una donna, perché si rende antipatica come la “maestrina dalla penna rossa”. Maestrina dalla penna rossa è un epiteto, rivolto di recente anche ad altre donne, per ricordare loro che gli unici ai quali possono insegnare qualcosa sono i bambini piccoli, perché nessun uomo adulto sa meno di una “maestrina”… Vi risulta che a qualcuno sia mai stato rimproverato di fare “il maestro Perboni”?

6. la Murgia non pubblica romanzi da un po’ (quest’ultima informazione credo sia tanto pertinente quanto quella sulla tintura per capelli).

Io riassumerei così: se tratti male Soriga sei brutta e cattiva. Ma ti sei vista che capelli che hai? Saccente, sapientona, sai tutto tu! Ma che lavoro fai? Eh? C’hai il blocco dello scrittore! Chi ti credi essere? Non sono mica un bambino, che mi puoi rimproverare! Uffa! Non ti parlo più. Cordialmente (e meno male!)

Aggiungo una piccola appendice, in omaggio alla mia infanzia e alla mia maestra, alla quale voglio tanto bene.

La maestra dalla penna rossa è uno dei personaggi del libro “Cuore”, di Edmondo De Amicis.

Sono abbastanza vecchia da aver letto “Cuore” a scuola, e conservo ancora la mia copia del romanzo.

Così il De Amicis: Ma ce n’è un’altra che mi piace pure: la maestrina della prima inferiore numero tre, quella giovane col viso color di rosa, che ha due belle pozzette nelle guancie, e porta una gran penna rossa sul cappellino e una crocetta di vetro giallo appesa al collo. È sempre allegra, tien la classe allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che canti, picchiando la bacchetta sul tavolino e battendo le mani per impor silenzio; poi quando escono, corre come una bambina dietro all’uno e all’altro, per rimetterli in fila; e a questo tira su il bavero, a quell’altro abbottona il cappotto perché non infreddino, li segue fin nella strada perché non s’accapiglino, supplica i parenti che non li castighino a casa, porta delle pastiglie a quei che han la tosse, impresta il suo manicotto a quelli che han freddo; ed è tormentata continuamente dai più piccoli che le fanno carezze e le chiedon dei baci tirandola pel velo e per la mantiglia; ma essa li lascia fare e li bacia tutti, ridendo, e ogni giorno ritorna a casa arruffata e sgolata, tutta ansante e tutta contenta, con le sue belle pozzette e la sua penna rossa. È anche maestra di disegno delle ragazze, e mantiene col proprio lavoro sua madre e suo fratello.

Ok, è un po’ stucchevole, non dico di no.

Ma perché rimane così antipatica secondo voi? Forse perché è single, indipendente, sempre di buon umore e le piace il lavoro che fa? Mah!

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
Questa voce è stata pubblicata in attualità, in the spider's web, le persone che stimo, notizie, riflessioni, scienza, società e contrassegnata con , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

23 risposte a La maestrina dalla penna rossa

  1. Lidia Zitara ha detto:

    caro Ricciocorno, facendo il mestiere della giornalista, conosco certe dinamiche. Io già lo vedo, il Luigi Soriga, giovane e rampantoso, desideroso di farsi un nome, farsi riconoscere, ammaestrato dal suo capo (fai un articolo forte, devono salire le visite sul sito, dobbiamo pompare di più, bisogna vendere la pubblicità… ecc.) che stende un articolo di cronaca con la struttura di quello di colore (i colleghi capiranno che c’è la differenza che passa tra il giorno e la notte), comme d’habitude ormai per qualsiasi cosa riguardi violenza domestica tra uomo e donna, che poi finisca con la strage a coltellate, o “solo” con un pestaggio e una prognosi di 10 giorni, poco cambia.
    Me lo immagino, il Soriga, fresco di qualche laurea in scienze della comunicazione o di un master raggranellato qui o lì, o appena passato dallo sport alla cronaca, o neanche questo. Il Soriga -è chiaro- è un giornalista che prima di essere giornalista, è un ignorante. Un ragazzotto, o magari un quarantenne (dall’avatar non si capisce), anche lui con le sue frustrazioni (ché gli uomini frustrati sono terribili), che non ha studiato, o come spesso accade, ha studiato, ma molto male. E si ritrova ad avere il cervello spento, senza neanche sapere che c’è un tasto di accensione, perchè quel tasto, al Soriga, l’hanno sepolto sotto una piramide di indottrinamenti imbecilli.

    Da giornalista pluridecennale posso solo dire che chi risponde a questo modo, su un social network, ad una critica mossa da un personaggio illustre, può prendere il suo tesserino di pubblicista e stracciarlo. Sono davvero contenta che sia stato deferito all’Ordine. Se l’Ordine dei giornalisti vuole mantenere una dignità, non può trovare spazio per ignoranti di tal fatta.

  2. Cinzia ha detto:

    Ma lo scopo dell’ironia non dovrebbe essere quella di strappare un sorriso, amaro certo, ma uno che sia uno, strapparlo.
    Anche ammettendo che l’intento fosse ironico, non gli è venuto bene, forse non è proprio la sua chiave stilistica migliore.

  3. Gabriele Logozzo ha detto:

    Una persona educata, che realmente avesse voluto fare “ironia”, non si sarebbe sentito cosi punto dal vivo.
    Avrebbe semplicemente detto : ” Mi dispiace molto che il mio articolo sia stato travisato in un modo cosi infelice. Il mio intento era di alleggerire il peso di quella tragica notizia e mostrare allo stesso tempo l’ottica dell’uomo. ”
    Ribadendo senza offese o denigrazioni il suo punto.
    Il modo incivile e volgare di rispondere, accusando di difetti inventati il prossimo e tentando , vanamente, di ridicolizzarlo… mostra solo una gran coda di paglia.

    Se una persona un filo ingenua poteva credere alle intenzioni originali dell’articolo, dopo questo commento non può avere più dubbi sulla bassa professionalità e umanità del soggetto.
    E a nota personale aggiungo, che schifo…

  4. wildsidez ha detto:

    “Maestrina dalla penna rossa”, inoltre, è il classico epiteto rivolto a tutte le donne che “non stanno al loro posto” subordinato e accondiscendente, ma si permettono di rivolgere fondate-provate-argomentate-razionali critiche all’uomo di potere di turno, in tanti ambienti, non solo quello politico o giornalistico.
    (poche settimane fa avevo espresso una osservazione al mio capufficio sul fatto che non fosse possibile non saper usare a livello elementare il software Word per chi lavora in un ufficio pubblico da decenni: la sua risposta è stata una scenata indegna davanti a tutti, urlandomi in faccia che dovevo smetterla di fare la “maestrina dalla penna rossa”…. non a caso questo dirigente ha sempre dei problemi nel riconoscere le professionalità femminili sul luogo di lavoro..)

  5. winola ha detto:

    Sarò limitata pure io, ma l’ironia del pezzo proprio non l’ho colta e quella del Soriga mi pare tanto un’arrampicata sugli specchi.
    Che poi, fare dell’ironia su un fatto del genere personalmente lo trovo di cattivo gusto, al massimo si può fare ironia sul modo in cui questo fatto è trattato dai media, ma son due cose ben diverse e comunque, se era quello l’intento, ha toppato di brutto…
    Dice di essere dalla parte della ragazza, ma dall’articolo invece pare proprio il contrario. I casi sono due: o, come la Murgia, sono anch’io invasata e in malafede (però mi tingo i capelli, qualunque cosa significhi per il Soriga questo dettaglio) o non è capace di trasmettere il suo pensiero tramite la scrittura.
    Considerato che scrive per mestiere, forse dovrebbe rifletterci su un attimo, al posto che offendersi a morte per le critiche.

  6. Paolo Scatolini ha detto:

    e comunque l’orgoglio femminile non c’entra nulla con il colore naturale o meno dei capelli, una donna (come un uomo i capelli li tinge, non li tinge e fa quello che vuole

  7. IDA ha detto:

    Premetto che io mi tingo i capelli, in pratica da sempre.
    Ritengo che questo signore, (giornalista)possa aver dato una risposta così piccata, sulla persona che ha fatto la critica e non in merito alla critica, per il solo fatto che chi ha mosso la critica è una donna.. molti uomini,(non tutti naturalmente) non tollerano essere ripresi da una donna.. come può permettersi una donna criticare il lavoro di un uomo? Una volta, feci notare degli errori ad un mio collega, e come risposta mi disse che ero ridicola perchè portavo delle scarpe ridicole! …femminista invasata, capelli, ma sopratutto cattedra e maestrina, perchè gli “uomini veri” accettano lezioni da una donna, solo dalla maestra quando sono bambini..
    Quindi lo scrivente era in sintonia emotiva con l’aggressore, come si permette una donna di negarli un’altra ora di sonno e poi farli dei rimproveri? Quindi si alza, va a casa della donna che non sa stare al suo posto e le da una lezione.. così impara chi porta i pantaloni.. e nello scrivere c’è tanta solidarietà maschile, e che risata nel suo intimo si sarà fatto nello scrivere la chiusa: «Signor giudice, però dica anche a lei di starmi alla larga, che non la voglio vedere più».

  8. Lilli ha detto:

    Vorrei fare umilmente qualche appunto all’articolo giornalistico del signor Soriga. In maiuscolo sono le mie considerazioni.

    1.”lei di buon mattino lo avrebbe chiamato al telefono per svegliarlo, e lui avrebbe fatto quei lavoretti in casa promessi da tempo” : USARE LA VIRGOLA PRIMA DELLA CONGIUNZIONE “E” APPARE RIDONDANTE, IN QUANTO ENTRAMBE HANNO LA STESSA FUNZIONE SINTATTICA ALL’INTERNO DEL PERIODO;
    2. “Però quando alle 9 in punto arriva il trillo del cellulare” : “MA” E “PERO’”, SONO CONGIUNZIONI AVVERSATIVE LA CUI NATURA E’ LEGARE. PER TALE MOTIVO NON DOVREBBERO TROVARSI DOPO UN PUNTO FERMO;
    3. “Lui, stando alla denuncia della fidanzata” : “LUI” E’ UN PRONOME PERSONALE COMPLEMENTO, NON SOGGETTO;
    4. ” I referti medici parlano di echimosi ” : SI CHIAMANO “ECCHIMOSI”.

    Un giornalista non dovrebbe fare questi errori.
    Con ironia,
    una maestrina dalla penna rossa

    • cagnotti ha detto:

      A parte “ecchimosi”, che è oggettivamente un errore di ortografia, sono tutte correzioni a forme della lingua italiana ampiamente ammesse perché entrate nell’uso nello stile giornalistico.

      • Mario ha detto:

        Il linguaggio giornalistico di un certo tipo purtroppo non contribuisce a diffondere un italiano corretto, anzi! Le maestrine dalla penna rossa insegnano ai bambini la grammatica e la sintassi e alcuni giornalisti rovinano tutto il lavoro.

    • cagnotti ha detto:

      Naturalmente ciò non toglie nulla al fatto che il Soriga sia un figuro penose e che le sue spiegazioni siano penose e maschiliste.

  9. alessandra ha detto:

    Ho scritto anch’io al giornale per protestare contro quell’articolo-spazzatura. Nessuna risposta. Magari se li sommergiamo di email di protesta non avranno più il coraggio di dire che si tratta solo di una “femminista invasata”.

  10. Antonio Dessì ha detto:

    Caro Soriga, un bel tacer non fu mai detto, ne’ scritto. Gia’ poco ti apprezzavo prima.

  11. Annachiara ha detto:

    Nella vita mi è capitato un sacco di volte che quando mi incazzavo per quello che mi veniva detto da un uomo egli la buttava sull’ironia del contenuto. Dev’essere un pattern di comportamento. Complimenti per le argomentazioni. Ho veramente apprezzato il tuo post, Ricciocorno! 😉

  12. Pinzalberto ha detto:

    Potrei capire un po’ d’ironia nel raccontarlo fra amici o in un blog personale ma su una testata giornalistica lo trovo di cattivo gusto. Peggio ancora è non riconoscere l’errore. Mi è tornata in mente la maestrina della scuola materna il giorno del suo matrimonio, all’uscita dalla chiesa si fermò per darmi un bacino. Presi pure le botte da un compagno di classe geloso. Maestrina e botte, è attinente con l’articolo?

  13. Mary ha detto:

    Nulla di che stupirmi visto che lo stesso personaggio aveva scritto altri articoli uno più misogino dell’altro.

  14. partidilui ha detto:

    Concordo pienamente con il terzo punto: fare ironia comunque implica un parziale alleggerire del tema di fondo che rimane un fatto grave. Ad ogni modo Michela Murgia rivolge delle critiche strutturali, non di stile all’articolo del giornalista. Quindi ironico o meno, e sopratutto che si capisse o meno, rimane il fatto che la critica è stata mossa su dei punti precisi, che generano inevitabilmente una visione tossica e condizionante della notizia.

  15. Pingback: La Nuova Sardegna e l’informazione sulla violenza » Massimo Lizzi

Lascia un commento