Mai ascoltata da Maschile Plurale

Ieri ho ricevuto una email che mi richiedeva cortesemente di diffondere un comunicato relativo al dibattito che si è svolto sia su questo blog, a partire da un mio post dell’8 maggio 2014 cui ha fatto seguito una precisazione il 13 giugno 2014, sia in altri spazi del web.

Mi limito ha trascrivere il testo così come lo ho ricevuto.

lettera

A partire dalla notizia, trapelata sul web, che mi ero rivolta a un centro antiviolenza al termine della relazione con un esponente di Maschile Plurale, si è scatenato un intenso dibattito pubblico.

Nel dibattito online, pur non essendo stato reso esplicito il mio nome, sono state scritte su di me e sul mio percorso molte affermazioni che non corrispondono al vero.

È dunque mio interesse – e mi auguro sia l’ultima volta – intervenire nella querelle per chiarire alcuni punti fondamentali.

Nel novembre 2013 ho riferito a Stefano Ciccone dei comportamenti che avevano caratterizzato la mia relazione con un esponente di MP. Preciso che avevo conosciuto Ciccone tempo prima in un’iniziativa pubblica, e che l’avevo visto di persona, prima di allora, solo due volte. Non l’ho mai incontrato nel corso di questa vicenda e non ho mai parlato al telefono con lui, nonostante entrambi avessimo i reciproci numeri. I nostri contatti sono sempre avvenuti via e-mail (pochissime) e mai sono entrata nel dettaglio delle dinamiche che hanno caratterizzato la mia relazione con l’esponente di MP, o delle condotte subite, sia perché la posta elettronica non mi pareva il mezzo opportuno, sia perché lui non lo ha mai richiesto. In dicembre gli comunicai che mi ero rivolta al centro antiviolenza.

Marco, citato da Ciccone, l’ho incontrato personalmente in dicembre tramite una conoscenza comune. Subito dopo ci siamo scambiati alcune e-mail private, e in marzo gli ho inviato un messaggio. A Marco ho fatto un racconto generale durante il breve incontro, senza entrare nei dettagli della relazione.

Trovo quindi ingiusto, che la mia scelta di non sporgere a oggi denuncia penale per i fatti subiti, ma di informare MP di quanto occorso e sollecitare un dibattito interno e un loro confronto con la persona coinvolta, possa essere strumentalizzata.

Stefano Ciccone ha descritto un ruolo di supporto e di dialogo, a titolo personale e con altri membri di MP, che mai c’è stato nella forma in cui è stato da lui descritto nei suoi interventi online.

In particolare specifico che mai Ciccone ha parlato con miei ex (che peraltro non sono al plurale),  miei amici o colleghi al corrente della situazione.

Non c’è stata cura nei miei confronti da parte dei membri di MP, né mai è stata richiesta. Il motivo del mio averli informati è stato ben altro.

Trovo tutti i racconti fatti su di me, e sulla relazione degli esponenti di MP con me riguardo alla vicenda, totalmente privi di rispetto.

Non voglio che il mio silenzio, che ho serbato fino a oggi e continuerò a serbare, venga strumentalizzato per giustificare la reazione pubblica di MP rispetto a quanto da me a loro raccontato.

Leggo che Maschile Plurale dal proprio sito ha annunciato di voler organizzare una serie di incontri per interrogarsi su:

quali segni o tratti ci permettono di comprendere quando nelle relazioni ci si trova davanti a divergenze di aspettative e conflitti di coppia e quando occorre riconoscere delle forme di violenza e di maltrattamenti psicologici? Che modalità ci si può dare tra uomini e donne per vivere il conflitto in maniera rispettosa? In che misura siamo capaci di tenere insieme nelle nostre vite la riflessione pubblica sulla maschilità e la violenza e la capacità di modificare in profondità noi stessi e le nostre relazioni?

Nel comunicato leggo che tali interrogativi sarebbero stati sollecitati proprio dalla mia vicenda.

Trovo il fatto assai grave. Soprattutto per il modo in cui il comunicato di MP ha descritto la vicenda. Leggo infatti:

Un membro della nostra associazione, infatti, è stato accusato dalla sua ex compagna di essersi reso responsabile di violenze psicologiche durante la relazione, cioè di aver avuto atteggiamenti arroganti, prevaricanti, umilianti e di continua svalutazione, generando in lei una situazione di profonda sofferenza. Alcuni di noi, venuti a sapere della situazione, si sono attivati per incontrare e ascoltare separatamente i protagonisti della vicenda, per comprendere a fondo l’accaduto, cercando di contribuire a fare un po’ di chiarezza e a creare momenti di riflessione e di ripensamento, nonostante i punti di vista e i vissuti radicalmente differenti delle persone coinvolte. L’accusato infatti per parte sua considera ingiuste le accuse e interpreta l’accaduto alla luce di una conflittualità che si è esacerbata con la conclusione del loro rapporto. […]Finora lo spirito in cui ci siamo mossi è stato piuttosto quello delle relazioni in presenza, sulla base del confronto diretto con le persone coinvolte; il che richiede cura, capacità di ascolto e sensibilità, la capacità di riconoscere le differenze che ci attraversano, le divergenze d’opinione, nonché il coraggio di praticare il conflitto anche tra di noi. (MP, Un’occasione per riflettere sulla violenza, in Maschile Plurale, 2 giugno 2014)

Cari esponenti di Maschile Plurale, mi rivolgo direttamente a voi:

io non ho accusato pubblicamente un vostro membro di violenza psicologica, io vi ho raccontato in privato alcune delle condotte che hanno caratterizzato la mia relazione con lui. Condotte che qualsiasi manuale prodotto dai centri antiviolenza, qualsiasi libro di criminologia, qualsiasi sentenza penale classifica come atti di violenza psicologica, ovvero maltrattamenti. E come tali sono riconosciute.

Rispetto a questo mio racconto, nessuno si è attivato per comprendere a fondo l’accaduto, né tantomeno per fare chiarezza o “creare momenti di riflessione e ripensamento” (ripensamento?).

Mai sono stata soggetto in una relazione di conoscenza rispetto a quanto occorso, ancor meno di cura. Nessuno mi ha mai chiesto di me e del mio percorso.

In tutto il dibattito online la mia storia è diventata, insieme alla mia persona, oggetto del vostro giudizio. Il mio racconto è stato messo in discussione, è stato sottoposto a giudizio, è stato usato per disquisire sulle differenze tra violenza e conflitto, per ergersi a giudici di qualcosa che non si è voluto conoscere nella sua precisa manifestazione.

Stefano Ciccone ha scritto:

In questo lavoro e in questo confronto che abbiamo fatto io, personalmente e a nome di nessuno, mi sono fatto la mia opinione e questa opinione è che non si tratti né di violenza né di calunnia. (Commento di Stefano Ciccone a Il Ricciocorno, Violenza di genere: lettera aperta a Maschile Plurale, in Il Ricciocorno Schiattoso, 8 maggio 2014, h 21.11)

Ma se ci si vuole porre in relazione con chi si apre rispetto alle vicende che hanno caratterizzato la propria relazione, occorre farlo con onestà e con rispetto. Questo significa capacità di ascolto e relazione di cura.

Maschile Plurale non ha mai ascoltato o chiesto di ascoltare dalla mia voce le dinamiche che hanno caratterizzato la mia relazione, quindi se l’associazione desidera lanciare incontri pubblici per disquisire sulle differenze tra conflitto e violenza, non lo faccia a partire dal pre-giudizio maturato rispetto a una relazione della quale non ha voluto conoscere i dettagli, almeno da una delle due parti, quella che certi comportamenti non li ha agiti.
Detto questo, auspico che, a partire dal linguaggio, per Maschile Plurale un cambiamento sia possibile. E mi pare che gli interventi di Vedovati e Magnabosco sul comunicato, che danno seguito alle riflessioni di Ricciocorno, TK Brambilla e Massimo Lizzi, possano rappresentare una via.

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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72 risposte a Mai ascoltata da Maschile Plurale

  1. stefano ciccone ha detto:

    Leggo questo post da fuori. Appena tornerò al mio computer potrò citare testualmente le email e le circostanze e mostrare che queste affermazioni sono in larga parte false. Credo dovrò valutare anche la possibilità di tutelarmi legalmente. Ma la priorità è il chiarmento politico e personale…lo farò compatibilemnte con la vita….:-)

  2. Paolo ha detto:

    E beh certo “lo farò compatibilmente con la vita”… mal si coniuga con la valutazione di tutelarsi legalmente (!) e con la priorità del “chiarimento politico e personale”
    Se ti senti calunniato ti tuteli, perché vuol dire che la signora sta mentendo (cui prodest?) e quindi non c’è altra priorità; se invece questa è il chiarimento, nemmeno si nomina la tutela legale e si procede il più velocemente possibile verso l’obiettivo
    Questa replica di Ciccone sinceramente non mi piace per nulla

  3. Luisa Betti ha detto:

    Ma che succede qui?

  4. Lev ha detto:

    Non ho seguito bene la vicenda, ma avrei una domanda.
    MP mi sembra un associazione maschilista; tu sei una femminista e stavi con un maschilista?

  5. Andrea Mazzeo ha detto:

    Diciamo che un primo livello di analisi è quello della differenza tra conflitto e violenza; e, come giustamente è stato detto, senza partire da alcun pre-giudizio rispetto alla vicenda specifica da cui prende le mosse questa discussione.
    Cos’è il conflitto? Cos’è la violenza? Quando il conflitto deborda in violenza?
    Senza scadere in eccessivi psicologismi, che finiscono sempre per alzare una cortina fumogena che fa perdere il senso del discorso (anche perché la questione conflitto/violenza non è meramente psicologica, ma anche antropologica, sociologica e tante altre cose), il conflitto è una partita che si gioca in due (o più persone) e se giocata in maniera leale e rispettosa dell’altro (se non fosse alquanto sessista userei l’espressione ‘in maniera cavalleresca’), dove a volte vince uno a volte vince l’altro.
    Ma se comincia a vincere sempre uno solo dei due e l’altro perde sempre, la partita è truccata, il conflitto è già diventato violenza; naturalmente, si troverà sempre un arbitro disposto a certificare la regolarità della partita e il rispetto delle regole, ma i fatti diranno sempre il contrario. Naturalmente, quello che vince sempre dirà che è tutto regolare, ma questa è già manipolazione psicologica.

  6. paolam ha detto:

    “Don Lollò consultate il calepino”, no, ma per favore, qualche metro di depositi alluvionali sopra questo increscioso accadimento.

  7. Vale ha detto:

    In tutta questa vicenda, penso sia la prima volta che commento. Solo una cosa: come mai il tenore dei commenti, che generalmente qui è improntato alla massima trasparenza, ogni volta che si affronta questo argomento, diventa “politichese”?
    Pura semantica, puro esercizio stilistico. Vogliamo tornare a “parlare come si mangia”? Parlo in primis per il signor Ciccone che, non so come sia abituato a parlare ogni giorno, potrebbe però evitare panegirici di 50 righe (vedi post precedenti) per esprimere concetti semplicissimi. Perché ho come l’impressione che molte voci, qui, mirino più a confondere le acque che a dire le cose come stanno. Tipo: “Ma la priorità è il chiarmento politico e personale” che vuol dire?
    Non c’è “chiarimento politico”, per il semplice fatto che questa non è una tribuna politica e non ci sono due partiti che si scontrano. La frase di cui sopra non ha senso. Non in questo contesto, almeno.
    Cortesemente: vogliamo finirla di nasconderci dietro paroloni e frasi altisonanti? Perché danno esattamente la stessa impressione che si ha quando lo si sente fare da un politico. Ossia qualcuno che cerca di evitare le risposte dirette perché probabilmente ha qualcosa da nascondere.

  8. Il rasoio di Occam ha detto:

    Intanto, in tutto questo il presunto aggressore continua ad esser avvolto da un comodo e morbido cocuzzolo di privacy. La presunta vittima, già esposta a giudizi impropri, ora rischia di vedere le sue comunicazioni sensibili e confidenziali spiattellate su tutta la rete. Niente di nuovo sotto il sole. Concordo con Paolo: chi vuole querelare querela e basta. Non c’è nessun bisogno di fare vaghi annunci ai quattro venti. Che effetto sortisce questo annuncio sulla donna e su tutti quelli che vogliono parlare pubblicamente della questione? E a MP tutto questo va bene? Si sentono rappresentati da queste azioni e dichiarazioni?

  9. stefano ciccone ha detto:

    Carissimi, nessun giro di parole . mi colpisce che si consideri la ricerca di spiegazione e approfondimento come evasività. Ho replicato in modo a mio parere molto puntuale alle questioni specifiche ma ho anche ritenuto utile affrontare questioni più generali che emergono in questa discussione. Dato che vengo accusato pubblicamente di aver falsificato affermazioni e comunicazioni credo opportuno tutelarmi. Per rispondere lo faccio “compatibilmente con la vita”, semplicemente perchè ho una vita (ieri notaio e banca per vendita di casa) riunione al ministero per lavoro, il giorno prima direttivo CGIL… quindi ho semplicemente detto… voglio rispondere nel merito e ho bisogno di un po’ di tempo… Dico poi che” la priorità è il chiarimento politico e personale” che vuol dire? vuol dire che questa discussione e questa vicenda non è solo una questione personale e privata di altri ma è una vicenda politica. “politica non sono due partiti che si scontrano ma riconoscere che il tema sono le relazioni di potere tra i sessi, la cultura dominante, i modelli stereotipati…Per quanto riguarda MP (su cui credo ci sia qualche confusione) mi pare che abbia preso l’iniziativa, come aveva detto, di promuovere un confronto pubblico su questi temi. Dato che non possiamo e non volgiamo qui valutare nel merito i fatti di una vicenda di cui praticamente nessuno conosce i protagonisti e le circostanze dobbiamo provare a discutere su un altro piano e anche in questo caso affrontare la complessità non vuol dire sfuggire alla chiarezza.

  10. Massimo Lizzi ha detto:

    MOLESTIE GIUDIZIARE (AZIONI GIUDIZIARIE TEMERARIE)
    I mascolinisti agiscono in modo contraddittorio nei confronti della giustizia. Da un lato sostengono che il sistema giudiziario non funziona (al punto che Fathers for Justice chiede un’inchiesta pubblica sul funzionamento giudiziario) e discrimina gli uomini, dall’altro utilizzano le procedure giudiziarie quando gli fa comodo.
    Non esitano a prendere di mira i magistrati e gli avvocati quando le decisioni assunte non sono a loro favorevoli. Certi siti Internet, come quello di Papa t’aime, incitano a prendere di mira sistematicamente gli avvocati o i giudici allorché la sentenza o il servizio professionale reso non conduca ad una decisione favorevole ai mascolinisti.
    La loro volontà è anche quella di perseguire giudiziariamente le persone che si oppongono alla loro visione delle cose. Nel 2006 Andy Srougi di Fathers for Justice, irritato dal fatto che il suo nome fosse stato associato al termine «mascolinista» in un articolo pubblicato dalla rivista A bâbord!, pretese un risarcimento di 24 mila dollari. Ironia vuole che l’articolo in questione denunciasse giustamente le persecuzioni giudiziarie delle femministe da parte dei mascolinisti. Srougi dichiarò allora:
    «Il consiglio di amministrazione di Fathers for Justice ha deciso di intraprendere una causa giudiziaria contro qualsiasi organo od individuo che tenti di diffamare Fathers for Justice. Abbiamo un avvocato stipendiato al nostro servizio. Altre persone citate da A bâbord!, hanno intenzione di intentare causa contro questa rivista. Nel 2007 vedrete molte, molte cause giudiziarie soprattutto contro i gruppi femministi radicali».
    Se Andy Srougi ha perduto la causa (la sentenza è stata emessa nel 2008), questo caso non è che un esempio tra numerosi altri: la molestia (ossia le azioni giudiziarie temerarie) continua e minaccia finanziariamente la libertà di espressione e le iniziative femministe.
    http://www.massimolizzi.it/2013/06/movimento-mascolinista-quebec.html

  11. stefano ciccone ha detto:

    Mai ascoltata?
    In questa discussione sono emerse a mio parere molte questioni importanti e ho cercato di affrontarle e discuterne. Mi pare un errore continuare a discutere tra noi in modo semplificato su una vicenda personale di cui si continua a non conoscere i protagonisti, le circostanze o i racconti diretti.
    È difficile, in una discussione online come questa, sforzarsi di non perdere il senso del proprio intervento e di non farsi trascinare dalle polemiche, le repliche le accuse etc. A me pare utile ricordare due cose.
    La prima è che non possiamo discutere nel merito di una vicenda di cui sappiamo tutti molto poco. Non ha senso, dunque, farsi trascinare nell’idea che l’oggetto della discussione sia: qual è la verità dei fatti. Perché non siamo in grado e in diritto di farlo ma soprattutto perché è una distorsione attribuire le nostre eventuali differenze a una differente valutazione sul fatto che ci sia stata o meno violenza. Non ha alcun senso discutere su questo piano.
    La seconda cosa è che stiamo discutendo di cosa abbia messo in campo Maschile Plurale in questa vicenda. E qui resta sempre senza risposta la domanda su cosa avrebbe dovuto/potuto fare. Partiamo dal primo non detto: MP ha in qualche modo ostacolato l’emersione di questa vicenda? Ha avuto un comportamento di “copertura” dell’uomo coinvolto? Avrebbe dovuto sostituirsi alla donna nella denuncia o nel contatto con il centro? Avrebbe dovuto verificare l’esito del contatto della donna col centro? A me pare di no. Mi pare significativo dell’equivoco che qualcuno abbia equiparato in questa discussione il ruolo di Maschile Plurale a quello di un’istituzione. MP è una rete di uomini e quello che poteva e doveva fare era affrontare al suo interno questa discussione, offrire un confronto e un ascolto alle persone coinvolte, promuovere occasioni di riflessione pubblica tra uomini e tra donne e uomini a partire dai nodi emersi. E questo mi pare abbiamo fatto e continuiamo a fare.
    Non riesco a capire l’accanimento e l’ostilità, la competizione retorica tra persone che spontaneamente e senza guadagnarci nulla si impegnano a vario titolo da anni su obiettivi per larga parte comuni e condivisi.
    Ma dato che si parla personalmente di me mi trovo costretto a replicare. Vorrei che la mia replica non venisse percepita come polemica, cerco solo di raccontare quello che ho fatto a fronte di una narrazione che non mi corrisponde e a un’accusa di “falso” che non credo di meritare. Per provare a tutelare le persone coinvolte (a parte me ovviamente) chiamerò le due persone coinvolte A lei e B lui. (tra parentesi le date delle email).
    1. La notizia non è “trapelata sul web” è stata citata in post allusivi pubblicati nel gruppo facebook di maschile plurale e abbiamo ritenuto che non fosse quella una modalità che aiutava a capire. È stato maschile plurale a rompere la sequenza di semplici post anonimi e di esplicitare che esisteva una vicenda tra due persone su cui invitavamo a parlare in altro modo.
    A rileva “In questo dibattito affermazioni che non corrispondono al vero”…. Verifichiamo quali:
    2. A. descrive una superficialità e disattenzione affermando che ci siano state “pochissime email”, “E mai incentrate sul dettaglio delle dinamiche che hanno caratterizzato la relazione o delle condotte subite” e che io non avrei mai richiesto particolari.
    Controllando sommariamente nella posta ho trovato almeno 20 email scambiate tra me e A dal novembre 2013 al marzo 2014. In queste email, sin dalla prima (13 nov 2013) che è in realtà copia di una email inviata da A a B si fanno espliciti riferimenti a singoli fatti (una litigata, l’incontro in una libreria, la mancata restituzione di oggetti dopo la separazione… ), a modalità relazionali, a interpretazioni e racconti anche relativi alla sessualità, valutazioni sulla storia personale precedente di B, riferimenti a fobie personali di B. In seguito ci sono racconti di incontri, di restituzione di oggetti etc etc.. Sono convinto di aver fatto bene a limitarmi a ciò che A voleva raccontare senza mai chiedere: “dammi più particolari”. Ma non mi pare che si possa dire che sia giunta una generica notizia asettica rispetto alla quale non ci sia stato interesse a capire e si sia espresso un “pre-giudizio maturato rispetto a una relazione della quale non ha voluto conoscere i dettagli”.
    Va aggiunto che questa analisi si è approfondita nelle comunicazioni tra A e Marco Deriu sia per iscritto sia di persona che Marco ha condiviso con me cosa che ho chiaramente riferito ad A. come Marco ha riferito ad A sull’esito di incontri avuti con B (ad es. 3 gen 2014).
    3. “Stefano Ciccone ha descritto un ruolo di supporto e di dialogo, a titolo personale e con altri membri di MP, … mai c’è stato nella forma in cui è stato da lui descritto nei suoi interventi online.”… “Nessuno mi ha mai chiesto di me o del mio percorso”, “Maschile Plurale non ha mai ascoltato o chiesto di ascoltare dalla mia voce le dinamiche che hanno caratterizzato la mia relazione… “Rispetto a questo mio racconto, nessuno si è attivato per comprendere a fondo l’accaduto, né tantomeno per fare chiarezza o “creare momenti di riflessione e ripensamento”
    Nei miei messaggi ho chiesto più volte ad A notizie e ho sempre offerto ad A quello che secondo me era corretto e cioè disponibilità all’ascolto e al supporto. Marco racconta questi mesi di dialogo e riflessione in modo molto articolato. Cito qui qualche stralcio di email (devo limitarmi alle mie) dove, tra l’altro esplicito questo invito e questa disponibilità. Specifico che non sto citando tutte le email ma solo quelle (tra l’una e l’altra ci sono altri scambi) che contengono esplicite frasi di “disponibilità di ascolto”.
    ( mia email 22 nov) Cara A, grazie per la fiducia…Volevo pensare meglio a quello che mi hai scritto..ma intanto darti un riscontro. Mi piacerebbe capire meglio..la situazione e il mio eventuale ruolo.. Magari ti chiamo nel weekend. Il mio numero, comunque, è 347…. Un abbraccio”
    (mia email 20 feb) “Ma come stai? Non mi hai più raccontato…io ho parlato più volte con Marco e seguito la cosa…
    Spero che tu ora sia un po’ più serena e ti sia allontanata un po’ da questa storia. Ne ho parlato anche con B. Spero avremo occasione di riparlarne io e te. Un abbraccio”
    In questi scambi c’è stato anche un confronto tra noi sul senso di questa comunicazione:
    (mia email 28 feb) “Per me, ma anche per il rispetto che credo di dover avere con te non ritengo di dover accettare questi ruoli e queste dinamiche. Io penso che quello che posso offrirti sia una comunicazione paritaria e libera in cui devo essere libero di dire quello che sento senza l’ansia del “buon nome” dell’associazione maschile plurale, senza chiamate di correità e senza assumere il ruolo di censore o vendicatore, o del difensore di una vittima.”. ..” ci siamo scritti. Mi sono scritto con marco e con B. Ho letto le cose che si sono scambiate marco e B. Ho parlato con loro. Ecco: questo è il modo in cui ho seguito la cosa.”…. “Mi spiace che tu abbia questo risentimento e questa ostilità anche verso di me. Ci siamo conosciuti poco e incontrati poche volte. Per me è stato un incontro bello che ha innescato una spontanea simpatia e sintonia. Non sono B e non sono neanche il tutore o il controllore di B. A B come a te chiedo di essere considerato un interlocutore , fuori dalla “ragnatela” di cui parli. Se hai voglia di parlare con me non come parte o strumento di una dinamica tra voi ma come persona con cui ti interessa parlare e che ti va di ascoltare io ci sono.”
    (Mia email 7 marzo) …”Proprio perché dici che non si tratta di una normale separazione e dunque non è possibile un “accompagnarsi” … ti dico che ora le vostre strade sono separate ed è utile e importante per te fare un percorso a prescindere da lui, staccarti da quella vicenda. Non credo che la cosa sensata sia parlarne insieme con un terapeuta perché questo vorrebbe dire riconoscere e affermare che esiste ancora una coppia che fa una terapia mentre ora è importante proprio affermare la non esistenza di questa relazione e dunque la tua uscita da essa. Tu giustamente, infatti, dici che quello che avevi da dirgli glielo hai detto e che poi, per te, non con lui, ha deciso di rivolgerti alla casa delle donne. Io credo che tu non debba né limitarti ne condizionarti nello scegliere dove andare e cosa fare. Mi pare sano e giusto che tu dica che non hai più voglia di parlarci. Per questo mi pare che il problema sia affermare e questa separazione e riprendere il tuo percorso…Io continuerò, senza essere né un terapeuta né un investigatore ad avere un confronto con B, Marco e gli altri su questo. E spero di avere, invece occasione per vederci noi e chiacchierare con calma, meglio se davanti a una bottiglia di vino… nel prossimo periodo mi capiterà più di essere nella regione X… ma appena mi capita di passare per XX ti cerco, se passi per Roma fatti sentire anche tu, un abbraccio stefano”
    Ci sono poi le email tra Marco e A in cui sono in copia: tra queste, ad esempio (Gen ) A chiede a Marco informazioni sull’esito dell’incontro tra lui e B a cui Marco risponde raccontando in modo articolato le proprie impressioni, le reazioni di B alle riflessioni di Marco e ai comportamenti di A, le proprie opinioni su come gestire un confronto etc etc…
    4. A afferma “In particolare specifico che mai Ciccone ha parlato con miei ex (che peraltro non sono al plurale), miei amici o colleghi al corrente della situazione.”
    Qui c’è un errore e un dato falso frutto forse di una mancata informazione di A. Se A avesse letto bene i miei testi e non i commenti avrebbe visto che io parlo delle ex di B (non del suo), a cui lei mi ha detto di essersi rivolta, mentre io dico di aver parlato (senza averli cercati) con suoi amici, conoscenti e donne impegnate nella città del centro in cui si è rivolta. Posso ovviamente fare i nomi ma cito ad esempio un antropologo incontrato in un convegno a Bari presentatosi come amico di A che mi ha detto di essere stato contattato da lei e che mi ha riferito la propria valutazione sul fatto, posso citare due femministe che mi hanno invitato a un incontro per discutere del fatto o una comune amica che mi ha riferito la valutazione della vicenda da parte dell’ex di A etc etc…
    5. Qui torna la domanda su cosa MP avrebbe dovuto o potuto fare: A dice con chiarezza di non aver chiesto una denuncia ma un confronto interno. E nel suo ultimo testo dice: ”non voglio che il mio silenzio, che ho serbato fino a oggi e continuerò a serbare, venga strumentalizzato per giustificare la reazione pubblica di MP”.
    Nessuno strumentalizza la decisione o meno di rendere pubblica la vicenda. Maschile Plurale e i singoli coinvolti hanno fatto quello che hanno sempre dichiarato: non rendere pubblica una vicenda che gli interessati non vogliono rendere pubblica ma discutere nel merito, con lei, con lui, tra noi, negli incontri di maschile plurale che si sono svolti a Milano, a Bologna a Parma, sulla rete e in ulteriori incontri come quello organizzato per l’11 a Milano. Abbiamo offerto ascolto e non ci siamo sostituiti a terapeuti o centri antiviolenza. Non abbiamo neanche “preso provvedimenti” verso un uomo che fa parte di MP sconfessandolo perché non abbiamo il ruolo né di giudici, né di un centro antiviolenza e perché ognuno di noi interviene a titolo individuale senza un “mandato” di MP. Qualcuno ritiene che MP avrebbe dovuto, “saltare” A e “denunciare” B al suo posto? Avrebbe dovuto “espellere o sospendere “ B? avrebbe dovuto contattare il centro antiviolenza? Noi abbiamo reputato di poter fare quello che è il nostro ruolo.
    6. A contesta a Maschile plurale di “ergersi a giudici di qualcosa che non si è voluto conoscere nella sua precisa manifestazione.” Mi pare che tutti i nostri interventi abbiamo detto proprio di “non volerci ergere a giudici” e che si sia fatto ogni sforzo per conoscere, senza invasioni, la situazione. Qui riconosco una mia ingenuità e un mio errore: ho detto, come mi pare confermato, che in questa vicenda non c’è una denuncia pubblica e che quasi tutti quelli che intervengono non conoscono la vicenda. Io ho detto di essermi fatto un’opinione personale che, ho precisato, non si basa su una conoscenza diretta ma sul racconto e i confronti che ho avuto. Non l’ho espressa come valutazione di maschile plurale (che giustamente chiarisce di non poter esprimere nessuna valutazione su questo piano) ma in uno scambio sulla rete: ho detto che mi pareva che in questa vicenda potessero esserci vari elementi: incapacità a mettersi in gioco, fuga dalla relazione e dal confronto…e che questo avesse certamente generato sofferenza, ho detto che non mi pareva una dinamica di violenza ma proprio per dire che questo non volesse dire che si trattasse di un’accusa calunniosa ma di un vissuto reale in cui una persona si è sentita ferita e non ascoltata, non accettata. In questa dinamica credo che B abbia delle grandi responsabilità che ognuno di noi a suo modo gli ha fatto presente. Era, probabilmente un tentativo maldestro di richiamare tutti a smontare una dinamica che mi appariva incancrenita. Questo, non so perché qualcuno l’abbia pensato, non significa in alcun modo sminuire la credibilità di una persona e “rappresentarla come pazza”. Significa dare una lettura diversa di una situazione. Lettura diversa anche da quella di B che considera di subire una violenza persecutoria e che contesta a Maschile Plurale di non voler vedere questa persecuzione e di cercare giustificazioni per essa. Ovviamente pensavo di essere in un confronto informale in cui condividere anche proprie considerazioni per “portare avanti” il dialogo e non in un “processo” in cui, giustamente, si “sezionano” le affermazioni. È stato un errore di cui mi scuso ma di cui confermo il senso di ricerca di dialogo e non di giudizio.
    7. Uno dei contatti che ho avuto è stato con due femministe con cui abbiamo concordato che avrebbero cercato un contatto con il centro antiviolenza con cui ritenevamo io non dovessi cercare contatti diretti. Ad oggi io non ho notizie sull’esito del contatto tra A e il centro, il percorso, le scelte, le valutazioni, le indicazioni conseguenti.
    8. A dice: “Trovo tutti i racconti fatti su di me, e sulla relazione degli esponenti di MP con me riguardo alla vicenda, totalmente privi di rispetto.”
    Mi spiace che pensi questo. Io credo che gli uomini di maschile plurale abbiano provato a mettersi in discussione e in ascolto, hanno vissuto differenze e conflitti tra loro (rendendole anche esplicite), hanno offerto quello che potevano offrire: l’ascolto delle persone, la discussione tra noi, gli spazi per una discussione pubblica basata non sulle allusioni anonime a fatti sconosciuti ai più, non il giudizio astratto. Io per parte mia ho ascoltato A in buona fede e provato a mettermi in discussione ascoltando gli altri e provando a capire cosa questa vicenda poteva e può dire a tutti noi.

    • “Mi pare un errore continuare a discutere tra noi in modo semplificato su una vicenda personale di cui si continua a non conoscere i protagonisti, le circostanze o i racconti diretti.”
      La comunicazione che ho riportato fedelmente è il racconto diretto di una delle persone coinvolte in questa vicenda personale. Che ci ha fornito per ben due volte la narrazione precisa di alcune circostanze. Perché continuare a negare l’esistenza di una testimonianza diretta?
      “Non ha senso, dunque, farsi trascinare nell’idea che l’oggetto della discussione sia: qual è la verità dei fatti. Perché non siamo in grado e in diritto di farlo ma soprattutto perché è una distorsione attribuire le nostre eventuali differenze a una differente valutazione sul fatto che ci sia stata o meno violenza. Non ha alcun senso discutere su questo piano.”
      Io credo che la verità dei fatti sia invece una questione importante, perché questa donna che mi scrive, lo fa perché “sono state scritte su di me e sul mio percorso molte affermazioni che non corrispondono al vero.” Quindi l’esigenza di verità è manifestata da uno dei protagonisti di questa vicenda.
      Ma è manifestata anche da te, Stefano: “Vorrei che la mia replica non venisse percepita come polemica, cerco solo di raccontare quello che ho fatto a fronte di una narrazione che non mi corrisponde e a un’accusa di “falso” che non credo di meritare.”
      Allora: la verità può essere oggetto della discussione oppure no? Oppure ha senso discuterne solo quando riguarda te personalmente? (e quindi hai il diritto di discutere in termini di vero e falso soltanto tu?)
      Ci dice, chi ha scritto questo comunicato, che Maschile Plurale ha divulgato delle informazioni che non corrispondono al vero.
      La prima informazione che non corrisponde al vero, e possiamo dimostrarlo facendo appello al principio di non contraddizione (se A è vero, allora non-A è falso, un principio sul quale, spero, concordiamo tutti) è quella che ha portato alla prima replica da me ricevuta via mail.
      Stefano, avevi scritto in un commento sotto il mio primo post: “Non sono in nessun disaccordo con nessun centro antiviolenza e non ho nessuna notizia di un centro antiviolenza che abbia preso in carico”.
      Il 28 maggio ricevo una rettifica che afferma che lei si è rivolta al centro antiviolenza.
      Alcuni membri dell’Associazione Maschile Plurale sapevano di questo suo percorso, tra questi anche Stefano Ciccone. https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2014/05/29/risposta-a-maschile-plurale-i-centri-antiviolenza-rispettano-la-privacy/
      Successivamente, sempre nel mio blog, tu modifichi la tua versione sostenendo: “nessuno, tantomeno io, ha mai sospettato neanche lontanamente che potesse essere falso che questa donna abbia deciso di rivolgersi a un centro… Ho scritto che SE CI FOSSE UN CENTRO CHE SI OCCUPA DELLA COSA IL FATTO CHE IO CHIEDA DI DISCUTERNE NON CON POST SU FACEBOOK MA IN FORME PIù CONSAPEVOLI, RESPONSABILI NON IMPEDISCE CHE LA COSA SI SAPPIA.”
      No, Stefano, non avevi scritto questo. Avevi scritto: “non ho NESSUNA notizia di un centro antiviolenza”. Invece la notizia la avevi avuta, tanto che anche qui, oggi, riporti uno stralcio di una tua mail: “ha(i) deciso di rivolgerti alla casa delle donne.”
      La tua – te lo dico senza nessuna ostilità – era una bugia.
      Mi sento di concludere che l’accusa di aver diffuso false informazioni è fondata, e questo non è in alcun modo opinabile. Di una bugia abbiamo prova certa.
      Nel gruppo facebook di Maschile Plurale, il 16 giugno, hai scritto: “C’è un centroantiviolenza che si è pronunciato su questa vicenda? A quanto ne so no. Se lo farà terrò conto, come ho scritto, di ciò che dirà…c’è una grande differenza tra una donna che decide di rivolgersi a un centro e un centro che l’ascolta, che la supporta in una eventuale denuncia o in un percorso di allontanamento. nonostante possa sembrarti strano io confermo di aver avuto un confronto con lei (avuto anche più diffusamente da altri) la quale ha espresso l’intenzione di rivolgersi a un centro antiviolenza… non so poi come la cosa sia andata avanti.”
      Ora Stefano, per rimediare al fatto di aver scritto “non ho nessuna notizia di un centro antiviolenza che abbia preso in carico”, ci dici che il fatto che una donna si rivolga ad un centro antiviolenza, non è garanzia del fatto che abbia subito violenza (il centro, dopo attenta valutazione, potrebbe giungere alla conclusione che la donna stia mentendo, oppure che non sa cosa sia violenza e cosa no). E questo dovrebbe giustificare il fatto che hai omesso di informarci che questa donna ti aveva comunicato di essersi rivolta al centro antiviolenza. La mia opinione è che c’è una grande differenza fra il sostenere di non sapere nulla di un centro antiviolenza coinvolto, e il sostenere che quella comunicazione non ti dava alcuna garanzia del fatto che ti trovavi di fronte ad una donna che aveva subito violenza.
      Un’affermazione del genere, invece, avvalora tutte quelle osservazioni chiaramente esposte da Tk in merito alla rivittimizzazione. (http://www.massimolizzi.it/2014/06/maschile-plurale-rimozione-rivittimizzazione.html)
      Perché qui non si è mai discusso della vicenda personale in sé, ma del modo in cui è stata pubblicamente affrontata. E il modo in cui è stata pubblicamente affrontata ha esposto una possibile vittima di violenza ad una pubblica rivittimizzazione.

      • stefano ciccone ha detto:

        Quando mai qualcuno ha negato una testimonianza diretta? Ho scritto apposta per precisare che con A ho un contatto diretto e una comunicazione…
        Che ci ha fornito per ben due volte la narrazione precisa di alcune circostanze. “ “Allora: la verità può essere oggetto della discussione oppure no?.” Di quali circostanze discutiamo? Della relazione tra A e B di cui quasi nessuno conosce l’identità e nemmeno il racconto (Ricciocorno ha correttamente rifiutato che nel mio post facessi riferimento ai racconti fattimi da A)? O di come si sarebbe dovuta affrontare questa situazione?
        Altra cosa è discutere del fatto se io o altri di Maschile plurale abbiano o meno ascoltato A, se abbiano offerto la propria disponibilità ad affrontare la situazione, se ne abbiano discusso tra loro, se ne abbiano discusso con B. (e non solo per email, come invece Lizzi continua a dire prescindendo come suo solito da quello che non torna nei suoi schemi).” Se si afferma che non c’è mai stata una disponibilità all’ascolto non posso far altro che produrre le email in cui questa disponibilità è stata espressa, in cui si far riferimento a incontri, telefonate etc.
        Io ho quindi ricostruito questi fatti. Si può ricamare molto sulle parole. Resta il fatto che io non ho nessuna notizia dell’esito della scelta di A di rivolgersi a un centro e che non c’è nessuna iniziativa di un centro o valutazione di un centro di cui io sappia nulla e con cui io possa essere in disaccordo.
        Resta poi la sostanza dei fatti su cui continuo a non avere risposte soddisfacenti. Se A decide di rivolgersi a un centro il fatto che io chieda che di questo tema si discuta non con post anonimi e allusivi in che modo frenerebbe l’emersione della cosa? in che modo “coprirei” il fatto?
        “Perché qui non si è mai discusso della vicenda personale in sé, ma del modo in cui è stata pubblicamente affrontata.” Anche qui continuo a non capire: se MP non poteva denunciare, sospendere, contattare il centro al posto di A. cosa avrebbe dovuto fare? Parlare con le persone coinvolte, affrontare un confronto al proprio interno e creare occasioni pubbliche di discussione… quello che abbiamo fatto e facciamo

    • Massimo Lizzi ha detto:

      Per tre mesi ci hai spiegato che di questa vicenda non si deve discutere sul web, ma bisogna trattarla in un percorso di riflessione e confronto nelle relazioni in presenza, con cura, sensibilità e capacità di ascolto da dedicare alle parti coinvolte. Così come voi avete fatto. Una delle parti coinvolte ti ha smentito, non ha riscontrato nulla di tutto ciò. E tu che fai? A riprova della tua dedizione offline ci mostri uno scambio di mail. Fantastico.

  12. Stefano Dall'Agata ha detto:

    Posso far presente che, anche per giustificatissimi motivi di privacy, quasi nessuno conosce le frasi e le espressioni che sono alla base della violenza psicologica dichiarata?
    E che è difficile esprimere giudizi corretti senza conoscere i fatti in questione, ma solo le elaborazioni su detti fatti?

    • Non credo sia compito nostro esprimere giudizi sulla vicenda in sé. E non ho mai creduto fosse compito di Maschile Plurale. Ci sono le operatrici del centro per questo. Da qualche parte la verità c’è. La domanda da porsi è un’altra, in merito a ciò che avrebbe dovuto fare Maschile Plurale. L’associazione avrebbe dovuto adoperarsi per conoscere la verità?

      • Stefano Dall'Agata ha detto:

        Mi pare che più o meno tutti stiate esprimendo giudizi, mentre in molti dite che non se ne possono dare.
        Leggo adesso la lunga precisazione di Ciccone e ricavo delle informazioni che prima non avevo.
        In che modo MP può adoperarsi per conoscere la verità secondo te?; Quali passaggi dovrebbe fare?

      • Posso dire quello che farei io. Chiederei alla donna il consenso per conoscere la valutazione del centro antiviolenza.

  13. Barbara Auleta ha detto:

    scusate l’intrusione ma l’impressione che si ricava leggendo tutti questi scritti è che qui si stia facendo un “processo” a MP e in particolare a Ciccone. Ma era questo il senso della discussione? Intendo dire, al di là di ciò che a me personalmente può interessare (e in ogni caso spostare continuamente l’oggetto della discussione mette a dura prova il mio iniziale reale interesse verso quello che sembrava un confronto nel merito), in questo blog, che obiettivo ci si era posti?

    • Ho ricevuto una mail, e ho concesso lo spazio ad una delle persone personalmente coinvolte in questa vicenda per replicare a quanto scritto sul suo conto. Sto allestendo un processo per questo? Mi sembri molto preoccupata per MP, e troppo poco per questa donna, che a mio avviso ha il diritto di rispondere alla grande quantità di parole scritte sul suo conto.

  14. Barbara Auleta ha detto:

    al contrario! a me interessa molto di questa donna e di questo uomo, molto poco del processo che stai celebrando! fidati! 🙂

    • Non saprei come essere più chiara di quanto non lo sia stata nel mio commento precedente. Sono convinta che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Io ho ricevuto una mail, nella quale mi si chiedeva di rendere pubblica una comunicazione. Così ho fatto. Che cosa c’entra il termine processo, me lo sai spiegare? Se ti interessasse davvero di questa donna, dovresti anche essere interessata ad ascoltarla, e leggeresti con attenzione cosa ha sentito il bisogno di dirci.

  15. stefano ciccone ha detto:

    Quando mai qualcuno ha negato una testimonianza diretta? Ho scritto apposta per precisare che con A ho un contatto diretto e una comunicazione…
    Che ci ha fornito per ben due volte la narrazione precisa di alcune circostanze. “ “Allora: la verità può essere oggetto della discussione oppure no?.” Di quali circostanze discutiamo? Della relazione tra A e B di cui quasi nessuno conosce l’identità e nemmeno il racconto (Ricciocorno ha correttamente rifiutato che nel mio post facessi riferimento ai racconti fattimi da A)? O di come si sarebbe dovuta affrontare questa situazione?
    Altra cosa è discutere del fatto se io o altri di Maschile plurale abbiano o meno ascoltato A, se abbiano offerto la propria disponibilità ad affrontare la situazione, se ne abbiano discusso tra loro, se ne abbiano discusso con B. (e non solo per email, come invece Lizzi continua a dire prescindendo come suo solito da quello che non torna nei suoi schemi).” Se si afferma che non c’è mai stata una disponibilità all’ascolto non posso far altro che produrre le email in cui questa disponibilità è stata espressa, in cui si far riferimento a incontri, telefonate etc.
    Io ho quindi ricostruito questi fatti. Si può ricamare molto sulle parole. Resta il fatto che io non ho nessuna notizia dell’esito della scelta di A di rivolgersi a un centro e che non c’è nessuna iniziativa di un centro o valutazione di un centro di cui io sappia nulla e con cui io possa essere in disaccordo.
    Resta poi la sostanza dei fatti su cui continuo a non avere risposte soddisfacenti. Se A decide di rivolgersi a un centro il fatto che io chieda che di questo tema si discuta non con post anonimi e allusivi in che modo frenerebbe l’emersione della cosa? in che modo “coprirei” il fatto?
    “Perché qui non si è mai discusso della vicenda personale in sé, ma del modo in cui è stata pubblicamente affrontata.” Anche qui continuo a non capire: se MP non poteva denunciare, sospendere, contattare il centro al posto di A. cosa avrebbe dovuto fare? Parlare con le persone coinvolte, affrontare un confronto al proprio interno e creare occasioni pubbliche di discussione… quello che abbiamo fatto e facciamo.
    Ricciocorno dice che avrebbe chiesto ad A la possibilità di contattare il Centro. Io credo che un centro antiviolenza non debba accettare di parlare con gli amici di un uomo accusato di violenza.Credo che questo incrinerebbe la fiducia di qualsiasi donna nel rivolgersi loro. Credo che i centri debbano accompagnare le donne nei loro percorsi personali, psicologici o legali. Ad oggi A dice esplicitamente di non aver voluto nè rendere pubblica la vicenda nè denunciare, nè chiedere a MP di denunciare. Ma, ripeto, sarebbe strano discutere tra noi sulla valutazione di una vicenda che nessuno conosce. In maschile plurale ognuno si è fatto la sua idea delle dinamiche per quello che ognuno ha potuto sapere. Ma non ha alcun senso che MP produca la sua posizione ufficiale sui fatti. Mp deve discutere sul proprio ruolo, sul senso di un’associazione di uomini contro la violenza (che mi pare uno dei sottotemi di questa discussione), della connessione che c’è tra le dinamiche di violenza tra i sessi e la nostra normalità, la nostra quotidianità, la nostra cultura condivisa… anche degli uomini di maschile plurale che non si sono mai descritti come esenti da questa cultura ma hanno anzi detto “la violenza contro le donne ci riguarda”

    • Ovvio che un centro antiviolenza non prende l’iniziativa di parlare con estranei delle donne assistite, Stefano. Ma col consenso della donna, e in sua presenza, se sentivi il bisogno di approfondire davvero la vicenda, avresti potuto conoscere gli esiti della loro valutazione.
      “Perché qui non si è mai discusso della vicenda personale in sé, ma del modo in cui è stata pubblicamente affrontata.”: dici di non capire. Eppure mi sembra che gli interventi di Tk in proposito siano più che chiari.
      Ad esempio qui: http://www.massimolizzi.it/2014/06/maschile-plurale-impostazione-discussione-collusione-disimpegno-violenza.html
      “Da subito, Stefano, il punto quindi non sono le macchie di Ciccone ma se, ancora una volta, come sempre accade, la denuncia (anche non penale!) di una violenza subita da parte di una donna la espone a una ulteriore violenza, agita anche attraverso il racconto pubblico che si sceglie di farne o non farne.”
      Mi scrivi: “Ma non ha alcun senso che MP produca la sua posizione ufficiale sui fatti.” Se MP non ha prodotto una posizione ufficiale sui fatti, tu hai prodotto la tua ufficiosa versione dei fatti, dicendo chiaramente: “In questo lavoro e in questo confronto che abbiamo fatto io, personalmente e a nome di nessuno, mi sono fatto la mia opinione e questa opinione è che non si tratti né di violenza né di calunnia.” E detto da una persona che rivendica l’autorevolezza di anni ed anni di attività intorno al problema della violenza di genere, è un giudizio pubblico che ha il suo peso.

      • stefano ciccone ha detto:

        E infatti noi abbiamo detto che non era corretto ridurre questa vicenda a una discussione su facebook. Sulla mia affermazione ho riconosciuto che è stato un errore, anche se la frase andava letta tutta nel suo senso che era proprio di dire che il fatto che io mi fossi fatto un’opinione (che precisavo potere essere solo mediata e non certo rappresentativa di MP) non metteva in discussione la credibilità di lei. Dicevo infatti che non considero questa accusa una calunnia ne’ la sua volontà calunniatrice. Ho anche detto che tra noi ci sono valutazioni differenti ma soprattutto che questo non doveva e poteva incidere sulle azioni di maschile plurale. Che infatti non ha mai espresso una sua valutazione. Il mio è stato un argomentare in uno scambio su facebook teso a dire… proviamo ad ascoltare il vissuto delle persone anzichè “decidere dov’è la verità” perchè questo è quello che possiamo fare noi… Io non rivendico e non ho mai rivendicato nessuna autorevolezza, rivendico la verità del mio percorso e delle mie opinioni, Se qualcuno mi attribuisce delle opinioni in cui non mi riconosco credo sia sensato dirgli: guarda che io ho espresso esplicitamente opinioni diverse molto prima che questa polemica iniziasse…tutto qui

      • “anche se la frase andava letta tutta nel suo senso”: hai sbagliato oppure ti abbiamo frainteso?
        La tua frase mette in discussione la credibilità della donna, perché sostenere che una donna non ha subito violenza, quando lo afferma con assoluta certezza (“io vi ho raccontato in privato alcune delle condotte che hanno caratterizzato la mia relazione con lui. Condotte che qualsiasi manuale prodotto dai centri antiviolenza, qualsiasi libro di criminologia, qualsiasi sentenza penale classifica come atti di violenza psicologica, ovvero maltrattamenti. E come tali sono riconosciute”) ma che allo stesso tempo non sta mentendo, ha senso solo se assumiamo che questa donna sia pazza.
        Perché subire violenza non è uno stato della mente, non è una percezione soggettiva: sono azioni concrete che una donna subisce, e definirle violenza o meno non dipende da qualche caratteristica della donna in particolare che ci troviamo di fronte. http://telefonorosa.altervista.org/pdf/Riconoscere%20la%20violenza.pdf Quindi o una donna ha subito quei comportamenti, o sta mentendo, oppure soffre di allucinazioni.
        La difficoltà nel conoscere la verità, sta nel fatto non ci sono testimoni: c’è solo il racconto delle persone coinvolte, che spesso non hanno modo di produrre alcuna altra prova al di fuori della loro testimonianza. Una delle due mente, l’altra dice la verità: non ci sono due verità. Per questo che gli uomini hanno il coraggio di azzardare interpretazioni fantasiose, anche in quei casi in cui è aberrante: http://ilmalpaese.wordpress.com/2012/03/15/ce-stato-un-rapporto-amoroso-consenziente-che-ha-provocato-ferite-oltre-lo-stupro-ce-la-beffa/ Perché ritengono di poter contare su una maggiore credibilità in quanto maschi. “Non c’è furia dell’inferno peggiore di una donna respinta…” scriveva William Shakespeare, e la donna “è un animale imperfetto, che inganna per natura“, “istintivamente bugiarda”, si legge nel Malleus Maleficarum.
        Da quel che capisco, la scelta di Maschile Plurale è piuttosto chiara: “ascoltare il vissuto delle persone anzichè decidere dov’è la verità”. Resta da chiedersi quanto una simile scelta possa essere risolutiva nei confronti del problema della violenza contro le donne.

    • Massimo Lizzi ha detto:

      Caro Stefano, se tu mi scrivi che un mio caro amico, compagno di sindacato, ti ha fatto mobbing sul lavoro, io ti dichiaro la mia disponibilità ad ascoltarti. Ma te la esprimo in una forma tale, per cui tu potrai facilmente intuire, che in realtà di quel che hai da raccontarmi, non m’importa proprio nulla, anzi è per me una grande e imbarazzante seccatura, che spero si dissolva il più presto possibile.
      Ti rispondo in ritardo, ti dico che devo pensarci sù, metto in chiaro che io non sono il tuo difensore, vendicatore, ti attribuisco sentimenti a me ostili, non ti chiedo niente, ma ovviamente tu puoi raccontarmi quello che vuoi, se proprio non ti riesce di farne a meno, ti suggerisco di non pensarci più e di farti la tua vita.
      Naturalmente, se vuoi ci parliamo, ci sentiamo, fammi sapere, stammi bene. Se qualcuno mi chiede, qualche formale dichiarazione di disponibilità la posso sempre esibire.

  16. stefano ciccone ha detto:

    Se me la esprimi in modo che io intuisco che non ti importa hai ragione… ma stiamo parlando di un altro caso che non corrisponde alla tua descrizione, mi spiace. Prova con un altro esempio… io ho citato i testi delle mie email… ma forse tu conosci lo scambio tra me e A meglio di noi…

    • Massimo Lizzi ha detto:

      La mia descrizione la ricavo dalle tue citazioni. Ciò detto, non mi occorre nessuna verifica.
      Se lei dice che rispetto al suo racconto nessuno si è attivato per comprendere, se afferma di non essere mai stata soggetto in una relazione di conoscenza, io non ho motivo di dubitare di ciò che afferma, e non capisco cosa tu abbia da insistere.
      Vuoi forse sostenere che lei è una bugiarda? Vuoi di nuovo sostenere che ha un suo vissuto? Tu sei stato tanto empatico e disponibile, mentre lei invece si è sognata il contrario?
      Bravo, uomo di maschile plurale. Continua ad impegnarti per demolire la credibilità della donna.

    • winola ha detto:

      Stefano, non metto in dubbio la tua buona fede, ma forse non sei stato in grado di comunicare a questa donna la tua disponibilità, empatia eccetera eccetera, dato quello che ha scritto, ti pare?
      Non mi interessa fare polemica, difatti è la primissima volta che intervengo in questa discussione che pure ho seguito con interesse. Vorrei che tu capissi che non importa quello che hai fatto o non fatto, importa come si è sentita la signora punto e basta. Tu puoi averci messo tutto l’impegno del mondo, ma probabilmente qualcosa non ha funzionato nel passaggio dalla teoria alla prassi, visto che questo impegno nei suoi confronti la signora proprio non l’ha percepito (ovviamente stando a quanto scritto nella mail qui pubblicata, visto che non ho idea di chi sia questa persona).
      Non si tratta di avere ragione o torto, ma di prestare la dovuta attenzione ai feedback della signora e di correggere il tuo modo di comunicare con lei in caso il feedback non rispecchi quelle che erano le tue intenzioni.

      • stefano ciccone ha detto:

        winola, sono d’accordo con te. e questo, infatti, è un problema di rapporto tra me e lei che è altro, appunto, dal dire che qualcuno abbia mentito affermando di aver offerto una disponibilità all’ascolto senza che ci siano state comunicazioni. Riguarda il vissuto delle persone e non i “fatti”. Ripeto a ricciocorno che riconoscere che le persone in una relazione e in un confronto abbiano vissuti differenti non vuol dire che una delle due sia pazza. io posso in buona fede afferite un ascolto, l’altra può con tutte le ragioni non sentire questa disponibilità sufficiente etc: altro è dire: ci siamo sentiti- non ci siamo sentiti, ci siamo scritti non ci siamo scritti, ..). la qualità di questa relazione può avere, come in tutte le relazioni mille intoppi e mille incomprensioni. è normale ed è umano. Io credo che il problema sia capire cosa potessi fare e quale fosse l’aspettativa: ma questo ripeto è un problema di comunicazione tra due persone. Non ha a che fare con centri, denunce, et

  17. Sara Capponi ha detto:

    Wow, e ora mi aspetto giusto il copia incolla coi nomi sbianchettati tanto per chiarire quanto si è stati bravi a difendere la privacy..mica come quei cattivon* che ne hanno parlato su FB. (miiii conoscendo il mio caratteraccio se fossi io la donna in questione altro che generiche lettere al Ricciocorno manderei ora..evidentemente la signora è di gran lunga più lucida di tanti altri nonostante la sgradevolissima vicenda sia toccata a lei, le rinnovo ancora più la mia umana solidarietà)

  18. Barbara Auleta ha detto:

    certo, alcune vostre risposte fanno pensare alla necessità di rivolgersi a un centro antiviolenza…

  19. andrea ha detto:

    “Continua ad impegnarti per demolire la credibilità della donna.”(Lizzi)

    Ah bè, la donna in quanto essere umano, può anche mentire, non è certo il padre eterno, o meglio la Madre Eterna, come evidentemente credi tu. Parlo ovviamente in generale, e non di questa vicenda. Ma particolarizzandoci a questa vicenda, sulla quale non mi pronuncio di certo, secondo me non si tratta di stabilire se lei dice il vero o no, in quanto la c. d “violenza psicologica” è assolutamente soggettiva. La violenza psicologica è quando uno “sente” di soffrire per colpa di questo o quello chiunque può dire di essere stato maltrattato psicologicamente da questo o da quella, in base alla propria percezione e alla propria sensibilità. Certo esistono anche violenze psicologiche oggettive, ma queste non sempre costituiscono reato penale, e quando lo costituiscono queste debbano essere riscontrate in tribunale non certo sul blog del Ricciocorno o del Lizzi. Poi esistono anche violenze psicologiche che invece sono soggettive. Per voi una critica al modo di vestirsi o di cucinare oppure un fischio ad una donna è “violenza psicologica”(criterio ISTAT), e allora cosa dovrebbero dire quegli uomini, come me, offesi e derisi continuamente da parecchie donne(ma anche da uomini, ovvio)sul loro aspetto fisico ed esteriore(oltre ad essere sovrappeso, ho il viso quasi deturpato dall’ acme) con giudizi e termini degradanti?Ogni qualvolta mi sono lamentato di questo problema o non vengo creduto oppure mi rinfacciano che devo “rispettare il libero giudizio delle donne”(come se deridere o usare termini degradanti fosse un “libero giudizio” e non invece ingiuria) o comunque che essendo uomo debbo “fregarmene”, perchè gli uomini “non devono piangere ma devono essere forti”. Ho sofferto per anni e anni per questo mobbing psicologico femminile, ma mai mi è stato riconosciuto di essere vittima di violenza psicologica. Se fossi donna avrei potuto rivolgermi ad un cosiddetto centro antiviolenza pagato dallo Stato, ma essendo uomo non posso farlo. Ah l’articolo 3 della Costituzione….

    • Le offese alla dignità di una persona hanno rilevanza a prescindere che si parli di un uomo o di una donna. “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.” recita l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Nel nostro codice penale le offese alla dignità della persona sono conosciute come “delitti contro l’onore”, e la giurisprudenza ci dice che l’offesa all’onore consiste nell’aggressione al «complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona», individuabili nelle rispettive doti morali, intellettuali, fisiche o comunque capaci di costituire un «pregio dell’individuo nell’ambiente in cui vive». Questo per ciò che riguarda il Tribunale.
      Non so cosa possa vietarci di difendere la dignità delle persone anche fuori dal Tribunale.
      La violenza psicologica contro le donne è parte integrante della nostra cultura, come spiegano manuali che spiegano come ridurre la donna in uno stato di sofferenza tale da non riuscire a ribellarsi all’uomo abusante: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2014/02/07/6-passi/
      Un esempio di violenza psicologica in commercio e a disposizione di tutti gli uomini che decidono di intraprendere una carriera da uomini maltrattanti, sono i volumi vergati da quelli che sono conosciutio all’estero come “pick up artists”: https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2014/05/27/puahate/
      Non esiste niente di analogo contro la dignità del maschio. Anzi, basta sfogliare una rivista femminile per rendersi conto che alla donna la società impone di assoggetarsi ai desideri dell’uomo.
      A tale proposito, vorrei attirare la tua attenzione su questo articolo: http://www.psicolab.net/2013/donna-uomo-felicita/
      “Per usare una metafora, la donna dovrebbe accogliere il proprio uomo, ogni giorno, come fa il cane…
      Ovunque sia stato il suo amico, per quanto tempo sia stato fuori, qualsiasi cosa egli abbia fatto o detto, esso lo accoglie sempre facendogli mille feste, incondizionatamente, con lealtà assoluta.”
      Siete un genere oppresso? Raccontala a qualcun altro, caro Andrea.
      Mi chiedi cosa dovrebbero dire gli uomini. Io ti dico quello che secondo me non dovrebbero dire: ogni volta che una donna denuncia di essere stata vittime di violenza, non dovrebbero uscirsene con la frase: “e allora, gli uomini?” Perché suona un po’ come “e allora, le foibe?”.

      • Vale ha detto:

        Riccio, ho letto l’articolo che hai linkato e mi sono venuti i brividi. La donna dovrebbe accogliere l’uomo come fa un cane? Ma quando mai la responsabilità di una relazione è condivisa, invece che riversata sempre su di lei, che in qualche modo dovrebbe fare i salti mortali per far andare bene tutto? In breve, cosa può fare lui per rendere lei felice? Lasciare che lei finga di essere felice? o.O Ma ‘sti uomini, dove sono? Si fanno vivi solo per lamentarsi che lei non fa abbastanza?

        Quanto ad Andrea, penso che ci sia molta differenza fra essere preso di mira dagli scherzi idioti della gente (chiamalo mobbing, bullismo, semplice idiozia, a seconda dell’ambiente e dell’età in cui avviene) o essere presi sistematicamente di mira dalla persona con la quale condividi una relazione. Se una per strada ti dice che non le piaci, avrà avuto scarsa sensibilità, ma è assai diverso che se la persona che ha giurato di amarti e rispettarti (matrimonio, ma si applica anche a qualunque relazione) ogni giorno cerca di demolirti psicologicamente per ridurti a una marionetta.

        Concludo con uno sfogo personale: quanto sono stufa di tutti gli uomini che vengono a piagnucolare in siti che parlano di problemi seri (violenza di genere… no, le signore non vengono rifiutate verbalmente, vengono pure uccise!) dicendo che la violenza di genere non esiste, solo perché nella loro vita gli è capitato di essere rifiutato da qualche signora e ci sono rimasti male. Direi che ce n’è di differenza! Un po’ di amor proprio, signori!

      • andrea ha detto:

        Ricciocorno,
        Io non sono un aspirante alla “carriera di uomo maltrattante” ma un uomo over 30, laureato, dopo anni di sacrifici, aspirante alla vita di uomo “lavorante”, che dopo lavori saltuari, sottopagati e precari, mi ritrovo senza lavoro, e siccome per la Legge Fornero avendo superato i 30(sono “vecchio” ) ed essendo “maskio”(quindi “privilegiato ed oppressore”), la mia situazione è molto in salita(a proposito di “ruoli di genere”, vediamo quante ne sono le donne che lavorano disposte a sposarmi mantenendomi mentre io faccio il “casalingo”..)
        Io non credo di appartenere ad un “genere oppresso” nè tanto meno ad un “genere oppressore”, io a differenza vostra non analizzo la situazione delle persone in base al “genere” di appartenenza ma caso per caso in base alla propria condizione personale. E’ così semplice fare così, ma mi rendo conto che non è facile per chi guarda uomini e donne attraverso i filtri dell’ Ideologia, perchè in tal non si riesce a guardare oltre lo schema manicheo “uomo oppressore/donna vittima”, che è uno schema astratto che non guarda la realtà della diversità di milioni, miliardi, di individui. Io non sono un antifemminista ma un solo un antisessista, sono favorevole ai diritti delle donne e ai diritti LGBTI(matrimonio e adozione gay, ecc), ma in quanto antisessista anche a quelli degli uomini. Io parlavo della questione della violenza psicologica cioè sulla esistenza o meno di un criterio oggettivo per catalogarla come tale e sulla esigenza di applicare tale criterio in modo equo tra donne e uomini, Tu invece mi hai fatto una serie di considerazioni con annessi articoli tendenti a dimostrare che la violenza contro le donne è di origine culturale. Io non vivo certo su Marte , ma la cultura che vedo e sento io e che vedo dominante dice che “le donne non si toccano nemmeno con un fiore”, che ” prima le donne e i bambini”, che “non sei un vero uomo se metti le mani addosso ad una donna” e tanti altre convenzioni sociali attestanti la debolezza e l’ innocenza delle donna come se fosse una specie in via di estinzione.. Sin da piccoli insegnano queste cose a noi uomini, in famiglia, a scuola, in parrocchia, sui Media, e in ogni altro consesso sociale. Pardon, ma io questa cultura che promuove la violenza contro le donne, non ce la vedo proprio.Se solo si sente la notizia di una donna stuprata tutti invocano forche, castrazioni, linciaggi, compresi e soprattutto gli uomini, ma se si sente la notizia di un uomo vittima di violenza da parte di una donna, si tende a ridere, a scherzare, e a giustificare(no sto dicendo che lo fai tu, ma la gente comune), e le sentenze giudiziarie riflettono questa mentalità, e non perchè io creda all’ esistenza di una “dittatura femminista” o che le donne siano “privilegiate”, ma perchè quando si ha addosso, come le donne, la qualifica sociale di parte debole(paternalismo) e vittima(femminismo), ci si attira trattamenti diversificati. Parli di una presunta mentalità che impone alla donna di accogliere l’ uomo, io ti rammento invece che da sempre l’ uomo è considerato un “bancomat” e una “body guard” che deve mantenere e proteggere la famiglia(moglie e figli) anche a rischio della propria vita, oltre proteggere la comunità. Ecco perchè da sempre sono gli uomini che fanno la mansioni e lavori più duri e rischiosi e da sempre sono stati gli uomini ad essere mandati al macello, contro la loro volontà, a morire a milioni e milioni in battaglie e guerre. Ma per voi tutto questo è stato ed è un “privilegio maschile”. Ma va bè.
        Chiudo qui con la discussione, tra l’altro sono andato abbondantemente off topic.. Grazie per avermi pubblicato il commento di prima.
        Buon proseguimento a tutti

      • Si è evidente che le donne non si toccano neanche con un fiore. E’ per questo che hanno coniato il termine femminicidio. Per certi modi di dire, io userei il termine “ipocrisia”.
        Sul povero babbomat, il marito sfruttato economicamente, ti cosiglio di dare un’occhio alle statistiche sull’argomento: gli uomini non pagano proprio.
        http://d.repubblica.it/frasi/2011/12/07/news/divorzio_alimenti-726962/
        “Se solo si sente la notizia di una donna stuprata tutti invocano forche, castrazioni, linciaggi, compresi e soprattutto gli uomini, ma se si sente la notizia di un uomo vittima di violenza da parte di una donna, si tende a ridere, a scherzare”: non diciamo sciocchezze. Se si sente di una donna stuprata tutti invocano la minigonna, gli shorts, e gli atteggiamenti provocatori della stessa, che di sicuro è una poco di buono. Di esempi tratti dagli articoli di giornale in questo blog ce ne sono a bizzeffe, basta inserire come termini per la ricerca “colpevolizzazione della vittima”.
        La solita solfa sugli uomini che fanno i lavori rischiosi, considerato quanto può essere rischioso per una donna avere a che fare con un uomo, francamente mi ha stancato.
        E per ciò che riguarda la violenza psicologica, un classico: http://www.einaudi.it/libri/libro/marie-france-hirigoyen/molestie-morali/978880617505
        Il fatto che determinate condotte siano difficilmente dimostrabili in un’aula di Tribunale, non toglie nulla alla sofferenza di chi le subisce.

      • Vale ha detto:

        @ Andrea: io non avrei alcun problema a mantenere un uomo che fa il casalingo. Anzi, vista la mia attitudine e voglia a seguire i lavori domestici, oserei dire che per me sarebbe una soluzione ottimale (con un mio ex si era proprio parlato di questa soluzione). *MA*, e qui sta il punto, dev’essere un uomo che mi piace, che amo e che ricambi i miei sentimenti. Di nuovo, il punto non è il ruolo di genere (chi porta a casa i soldi), ma trovare la persona giusta con cui instaurare una relazione.
        Nota incidentale: di tutti questi uomini che si considerano bancomat, non mi è mai capitato di farmi offrire una cena, proprio perché trovo IDIOTA che io debba aver bisogno di farmi fare la carità (o compravendita) da qualcun altro. Sono grande abbastanza per pagare da sola ciò che uso/consumo e quando non potevo mantenermi, lo facevano i miei genitori per me. E come me, tantissime altre donne.
        Non è che magari siete proprio voi che partite col presupposto che, o pagate la cena a una ragazza, o vi sentite defraudati del vostro “orgoglio virile”?

        Per tutto il resto, la risposta di Riccio basta e avanza. Solo una nota: c’è un unico caso in cui, per lo stupro, si invoca la forca. Ossia quando lo stupratore è straniero. Ma è più un “noi siamo migliori di loro/vengono a rubarci le nostre donne”, che una presa di posizione per salvaguardare le vittime, sennò si sentirebbero gli stessi discorsi sdegnati di accusa al criminale anche quando il criminale è un “bravo ragazzo” italiano, non trovi?

      • Spasmo ha detto:

        Per salute intendiamo tante cose; anche la salute mentale. Ogni compromissione della capacità di comprendere i significati del mondo attraverso un codice di segni va considerata un problema di salute.
        Se al nostro andrea impongono il punto di vista che lui chiama paternalista e femminista e lo trova incoerente con la realtà che sperimenta, ecco che l’imposizione, l’obbligo di assumere quel punto di vista, gli procura un problema di salute. Evidentemente anche tu, ricciocorno, ti trovi di fronte al medesimo problema di salute nel momento in cui andrea ti espone la sua esperienza del reale e le prospettive a lui imposte, che contraddicono la tua esperienza del reale e le prospettive a te imposte.
        Il fatto è che avete ragione entrambi, nonostante le vostre ragioni si contraddicano reciprocamente; il che sembrerebbe una bella gatta da pelare perché in questo caso è vero A ed è vero non-A. Se riusciste ad accettare l’uno il punto di vista dell’altra e viceversa come il vostro unico punto di vista reciproco, beh, darete scacco matto alla ragione e, forse, al torto.
        Teoria: uomini e donne, QMisti e femministi, fanno fatica a comprendersi perché si amano troppo a vicenda, perché vedono nell’Altro la loro elevazione e superiorità. La donna vedendo la superiorità dell’uomo si arrabbia; l’uomo vedendo la superiorità della donna si arrabbia. E così bisticciano.
        Facciamo ora un calcolo: ma se tutte le donne assumessero la causa del QMismo su di sé e tutti gli uomini assumessero su di sé la causa del femminismo? Forse bisticcerebbero comunque, ma si tratterebbe di quella “contesa amorosa” che tende al terreno comune. Te la immagini una schiera di donne che si batte per i diritti degli uomini, e solo per essi, ed una schiera di uomini che si batte per i diritti delle donne, e solo per essi?
        Ora puoi rispondere dandomi del Candido come fece Rousseau, ma nel frattempo….

      • QMisti? Mi cogli impreparata…

      • Spasmo ha detto:

        QM sta per Questione Maschile. QMista significa “aderente alle idee della questione maschile”.

      • Grazie. Non ci ero arrivata.

      • Spasmo ha detto:

        Sarcastica?

      • Spasmo ha detto:

        E ora? Che confusione.

      • Non c’è sarcasmo e non c’era prima. Giuro 😊

      • Spasmo ha detto:

        Ok 🙂

    • Spasmo ha detto:

      Ma… Vale! Fattela offrire una cena ogni tanto. Innanzitutto perché una persona povera o che ha bisogno di farsi offrire una cena non è una persona “IDIOTA”, come invece si evince da quello che scrivi “trovo IDIOTA l’aver bisogno di farmi offrire una cena”. In secondo luogo perché apprezzare l’altrui cortesia rende cortesi, anche se non ne hai bisogno. Certo, poi dipende da te e dal signore che ti fa la corte.
      E tu, andrea… sacrificati per una donna! Spendi! Versa il sangue per amore! Se anche lo farai per una che non t’ama e farai gioire la fredda vanità… Morirai contento e innamorato.

  20. Andrea de G. ha detto:

    Un racconto coinvolto. A proposito dell’esperienza recente di Maschile Plurale (di Marco Deriu – pubblicato sul sito di Maschile Plurale http://www.maschileplurale.it)
    Pubblichiamo questo testo come contributo alla discussione che si svolgerà durante l’incontro alla Libreria delle donne di Milano di domani 11 luglio 2014.
    http://maschileplurale.it/cms/index.php?option=com_content&view=article&id=744:un-racconto-coinvolto&catid=16:25-novembre&Itemid=18

  21. andrea ha detto:

    Ricciocorno mi sento costretto ad intervenire di nuovo(per l’ ultima volta) perchè hai equivocato alcune cose che ho detto, quindi voglio chiarire ciò che volevo dire.. Per “bancomat” non mi riferivo in particolare alla questione dei padri separati(bè che nessuno di loro paga glielo dovresti ad andare a quegli uomini separati che versano in situazioni di indigenza economica e spesso anche senza casa) ma a quella cultura(visto che voi parlate sempre di “cultura” e “ruoli di genere”) che vuole che sia l’ uomo ad essere il principale procacciatore di reddito nella famiglia: uomini che sposano donne che non lavorano è norma, mentre donne che sposano uomini che non lavorano, è eccezione alla regola. Così come tale cultura vuole che sia l’ uomo a dover proteggere le donne e mai viceversa. Ecco perchè la disoccupazione maschile riveste di una gravità ancora più drammatica rispetto a quella femminile(di fatti la maggior parte dei suicidi per mancanza di lavoro è maschile), ecco perchè la maggior parte dei senza tetto sono uomini(tra questi anche non pochi padri separati che secondo te “non pagano proprio”). Chiamatela pure “maschilista” questa cultura, ma non mi
    Per quanto riguarda gli stupri, certo se fai passare come norma qualche isolata e idiota affermazione di qualche “don Corsi” di turno, bè la tua pura propaganda. Il furore popolare, con tanto di richieste di forche e castrazione, in merito a casi di notizie di stupro è sotto gli occhi di tutti, tant’è che i politici intercettano e vengono incontro a questa isteria di massa formulando, per puri fini di tornaconto elettorale, di volta in volta leggi sempre più repressive su violenza sessuale, violenza domestica: Decreto Maroni-Carfagna(2009, detto anche “decreto antistupri”), Decreto Alfano(2013), ecc. Leggiti le valanghe di commenti inferociti e incitanti al linciaggio(specialmente da parte di uomini) online o su facebook ogni qualvolta c’è la notizia di un presunto stupro, altro che discorsi sulle T shirts e sulle minigonne. Addirittura anche in carcere gli accusati di violenza sessuale rischiano il linciaggio da parte di altri detenuti(condannati per reati non sessuali). Per quanto riguarda la colpevolizzazione della vittima, questa esiste ,ma riguarda gli uomini non le donne, infatti non ho mai visto nessuna sentenza qui nell’ Italia moderna, che assolve uno stupratore perchè lei “provocava”, e anzi la Cassazione è stata esplicita affermando che l’abbigliamento “succinto” non può costituire nè una giustificante nè un attenuante. Al contrario invece di donne che vengono assolte o ricevono fortissime attenuanti per aver commesso omicidi o gravi violenze contro uomini è all’ ordine del giorno, perchè proprio in forza di questa mentalità che vuole le donne sempre deboli e vittime mentre gli uomini sempre forti e potenziali oppressori di donne, ogni qualvolta una donna uccide un uomo o comunque commette una violenza si parte sempre dal presupposto che lei “si è difesa”, che “lui sicuramente la maltrattava”. Insomma si colpevolizzano le vittime maschili in quanto uomini. Infatti le sentenze riflettono questa mentalità: il caso più emblematico fu anni fa con lorena Bobbit, ma qui in Italia ne abbiamo avuto avuto molte in tempi recentissimi, ad esempio quella donna che uccise il marito che dormiva a colpi d’ ascia non fu condannata oppure la recentissima sentenza di pochi mesi che fa che ha assolto una donna che insieme all’ amante ha trucidato con con 12 coltellate il marito e poi insieme all’ amante ha avvolto il cadavere in un lenzuolo occultandolo nel Tevere: “il fatto non costituisce reato”, questa è una vera e propria licenza di uccidere, come se poi ammettendo che tali “maltrattamenti” dichiarati fossero veri(è troppo facile accusare un cadavere che in quanto tale non può difendersi) giustificassero queste esecuzioni così efferate e premeditate. Questa si che è colpevolizzazione della Vittima.

  22. Pingback: Gli uomini sono storicamente già associati a sufficienza » Massimo Lizzi

  23. Pingback: Luisa Muraro: «Raccogliere la domanda di giustizia che viene dalle donne che hanno subito la violenza sessista» » Massimo Lizzi

  24. ADA ha detto:

    Sono una spettatrice ipnotizzata da quel che qui è stato scritto? Definiamo bene prima il concetto di IPNOSI.È molto semplice ipnotizzare una persona che vuole essere ipnotizzata ed è predisposta, perché ogni tentativo di ipnosi si traduce in un’autoipnosi. Capito, bisogna essere PREDISPOSTI altrimenti niente ipnosi, , nè autoipnosi e fallimento totale dell’IPNOTIZZATORE…..

    Carissimi tutti,
    Ognuno di voi qui ha attaccato qualcuno, ma chi o cosa non si è ben capito.. !!!!
    Non regge più sapete? Non regge il modo in cui manipolate le coscienze, ”la PERSONA”
    Sono una semplice lettrice e spettatrice della manipolazione mediatica, ognuno cerca di portare acqua al suo mulino, ma non capite che la riserva sta per esaurirsi, vorrei dissetarmi da fonti diverse da queste , quelle fonti non contaminate che non mi inducono a difendere o ad offendere l’uomo o la donna , che mi incoraggiano verso un cammino di pace, di eguaglianza e uguaglianza nel diritto alla vita , nel rispetto di tutti…

    Una sola domanda :

    PENSATE DI COMBATTERE UNA GUERRA CONTRO CHI, L’UOMO O LA DONNA?

    ”PENSIAMO DI COMBATTERE CONTRO NOI STESSI”…..eccola la risposta in sintesi.
    IL PARADOSSO DELLE VOSTRE GUERRE.

  25. Ada ha detto:

    Accuse dice?Di quali accuse parliamo di quelle di avere opinioni diverse dalle sue, dalle vostre?

  26. Ada ha detto:

    Il suo errore è quello di chiamare ”accuse” esattamente l’impegno con il quale contribuite ad alimentare una guerra contro un genere o l’altro, io la definirei :presa di coscienza.

    Anche questo suo modo di controbattere lo percepisco come manipolatorio, cosa le dà fastidio l’evidenza?A me dà molto fastidio l’apparenza.

    Mi spiego meglio citandole queste parole :”Le offese alla dignità di una persona hanno rilevanza a prescindere che si parli di un uomo o di una donna. “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.” recita l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Nel nostro codice penale le offese alla dignità della persona sono conosciute come “delitti contro l’onore”, e la giurisprudenza ci dice che l’offesa all’onore consiste nell’aggressione al «complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona», individuabili nelle rispettive doti morali, intellettuali, fisiche o comunque capaci di costituire un «pregio dell’individuo nell’ambiente in cui vive». Questo per ciò che riguarda il Tribunale.”

    QUESTE PAROLE SONO BIBBIA E’ IL MIO CREDO, come lei saprà alla bibbia c’è chi crede e c’è chi no, quindi venendo al seguito, in riferimento a questa frase:

    ”Non so cosa possa vietarci di difendere la dignità delle persone anche fuori dal Tribunale.”
    Mi creda sa cosa lo vieta, il parlarne in questo modo, lei può voler difendere qualcuno in buona fede ma può offendere tante altre, usando un sistema di comunicazione che pensa le dia una strana forma di prestigio personale ledendo e fornendo materiale contro altre persone, o associazioni che contestano le sue affermazioni o viceversa, mi spieghi a me lettrice quale utilità potrebbe fornirmi questo sistema di contestazioni reciproche……solo tanto più disordine e confusione.
    Vediamo a chi dovrei credere?In chi o cosa dovrei credere?Dovrei avere dei pregiudizi per esprimere un mio reale giudizio, verso l’uomo, la donna o LA PERSONA!!!???

    Apprezzo il fatto che mi abbia risposto e la ringrazio.

    • L’unica cosa che ho capito dai suoi commenti è che, sulla base della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, io non avevo il diritto di pubblicare questo post, in quanto sarebbe una “dichiarazione di guerra” ad un intero genere, mossa per ottenere un qualche “prestigio personale”. Sono accuse alla mia persona, che poco hanno a che fare con quanto accaduto.
      Questo post è una lettera di una donna che risponde ad una serie di dichiarazioni pubbliche che la riguardano e dalle quali si è sentita offesa.
      Io ho offerto a questa donna uno spazio per esprimersi pubblicamente.
      Poi lei è libera di credere a tutte le bibbie che vuole.

  27. ada ha detto:

    Il conformismo di questa comunicazione esige che io alimenti le sue affermazioni sui diritti, ignorando i doveri, su una ”dichiarazione di guerra” ad un intero genere di cui facciamo parte sia lei che io, e dove lei ha il POTERE di dichiarare apertamente che un’altra lei sta ”accusando” la sua persona, perché pensa lo faccia per prestigio personale!

    Mi dispiace se si è sentita offesa per quel ”prestigio personale”, forse adesso ancora più evidente,non ho nessun problema a porgerle le mie scuse pubblicamente visto che lei ha il POTERE di far passare per ACCUSE delle soggettive offese.Mi chiedo però: CHI chiederà mai scusa alle tante coscienze deboli di una visione distorta della realtà?In cosa o in chi credere?
    Continuare questa comunicazione con lei vorrebbe dire partecipare attivamente ad una guerra , la stessa che vedo nella bibbia e fuori della bibbia, abbiamo semplicemente opinioni ed interpretazioni poco compatibili .Lo dimostra il fatto di aver saputo attirare l’attenzione verso se stessa in quanto persona e non ”PERSONA”…………………………..” Sono accuse alla mia persona, che poco hanno a che fare con quanto accaduto”.
    Un saluto.
    Ada

  28. ada ha detto:

    ”Qui non è in corso nessuna guerra, né mai è stata in corso. ”

    Ma davvero?Vogliamo nutrirci di ipocrisia fino a questo punto?

    Rimanendo in tema sui discorsi che faccio tra le ‘sentinelle in piedi”, lo facciamo un bel discorso di COSCIENZA, la sua coscienza!?
    Dunque, le invio la sua coscienza virtualmente e verbalmente, quella che esprimeva e rispondeva a questa domanda molto ambigua ,tra l’altro:

    Scusa ma non ho capito niente, sarebbe successo che uno di Maschile Plurale ha picchiato la sua ex?
    Rispondi
    il ricciocorno schiattoso ha detto:
    8 maggio 2014 alle 14:31
    Oh, beh… che cosa è successo non lo sappiamo. Solo i protagonisti di questa storia lo sanno. Quello di cui parlo è il modo in cui la storia è narrata, e infatti è narrata in modo che non si capisca cosa è successo.

    RISPONDA ADESSO ALLA SUA COSCIENZA, PERCHE’ HA CONTINUATO INVECE A PARLARNE? PERCHE’ VUOLE FARCI CAPIRE COSA NON CAPIAMO NOI MENTRE LEI HA CAPITO PERFETTAMENTE ? A CHI IN COSA CREDERE????

    il ricciocorno schiattoso ha detto:
    9 maggio 2014 alle 09:55
    “Il Ricciocorno Schiattoso”
    …… Ti posso assicurare – se questo ti fa sentire meglio – che non soffro di personalità multipla e non circolo in incognito per il web con mille altri nomi fantasiosi… anche se dovrai accontentarti della mia parola si questa questione.

    E COME MAI LEI NON SI E’ ACCONTENTATA, EVITANDO SEMPLICEMENTE DI ALIMENTARE UNA QUESTIONE CHE NESSUNO, TRANNE I PROTAGONISTI CONOSCONO?

    A CHI IN COSA CREDERE???

    ” Quello che a me interessa è altro. Quello che cerco di fare qui, nascondendomi dietro una creatura fantastica, è attirare l’attenzione sui contenuti. ”

    GIA’ , A ME HANNO ATTIRATO I SUOI CONTENUTI E SONO QUI PER SMUOVERE LA SUA COSCIENZA CHE INTORBIDISCE INTENZIONALMENTE LE COSCIENZE ALTRUI.

    SALUTI
    ADA

    • Ha notato l’incipit di questo post? “Ieri ho ricevuto una email che mi richiedeva cortesemente di diffondere un comunicato.”
      Direi di no, da quello che scrive. Forse era troppo impegnata a cliccare sul “bloc maiusc”.
      Forse non ha avuto neanche la pazienza di leggere i post precedenti sullo stesso argomento, perché continuo a non capire di cosa mi sta accusando.
      La mia coscienza comunque è a postissimo, se è questo che la preoccupa. Le consiglio di dedicarsi a predicare altrove.

  29. ada ha detto:

    Ha notato l’incipit di questo post?
    Ho notato solo che sta cercando di ”intorbidire” la mia coscienza, vuole spingermi alla curiosità verso un email che voleva diffondere un comunicato? Magari di ringraziamenti o rimproveri per quel che le ho scritto. Pensa che io voglia riconoscenze materiali o verbali o magari sono solo spinta dal mio desiderio di libertà di dire quel che vedo in continuazione ? O forse sto cercando di mettermi in mostra mostrandomi io stessa per quel che veramente sono!!!!. Ma le domande sono sempre le stesse: IN CHI E IN COSA CREDERE? IN ME ? IN LEI? NEGLI ALTRI? IN COSA DITEMELO PER FAVORE?
    Ho notato inoltre la sua profonda delusione, attraverso quel che mi ha scritto, in fondo in fondo è una persona anche lei, vittima del sistema e sofferente come ogni essere umano…..pensa per caso che io mi senta migliore di lei per quel che le scrivo? Si soffermi un po di più su quel che le scrivo e capirà che non sono in una situazione di superiorita’ né vorrei mai esserci,Quello che inoltre lei chiama ”impegno sul bloc maiusc” è il mio ”stile apocalittico”, ognuno usa il suo.
    Non possiamo trovarci continuamente a difendere o ad offendere L’UOMO E LA DONNA, bisogna trovare il modo corretto per comunicare , evitando anche di farlo laddove nessuno conosce nessuno.

    • Per l’ultima volta: non la capisco. Non so di cosa sta parlando. Non ne ho proprio idea. Non sono sofferente né “vittima del sistema” (quale sistema?), forse – ma a quest’ora è legittimo – sono solo un po’ stanca.
      E quindi le annuncio che lei è ufficialmente bannata. Non è facile farsi bannare da questo blog. In 3 anni e ben 670 post lei è la settima. Buona notte.

  30. Ilaria ha detto:

    Penso sia giusto far presente che il collega di Stefano Ciccone ha avuto una recidiva con un’altra donna. Soci, sia lei che lui, di una nota associazione di studiosi che, in seguito alla vicenda, ha preso provvedimenti nei confronti di lui.
    Del nuovo caso, già prima della decisione dell’associazione, erano stati messi al corrente anche i soci di Maschile plurale.

  31. Spasmo ha detto:

    Eppure è chiaro che il discorso citato nella lettera, quello tenuto sul sito di MP, non ha nulla a che fare con le vicende private della signora. Prende spunto da alcune vicende private, non si sa di chi (la signora sostiene si tratti delle sue, ma fa una supposizione forse infondata), per parlare di ben altro.

  32. Spasmo ha detto:

    Ciò che Ada intendeva dire attraverso i suoi commenti è questo:

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