Lo Stato protegge i suoi figli?

L’ingiustizia in qualsiasi luogo è una minaccia alla giustizia ovunque”. (M.L.King, Lettera dalla prigione di Birmingham)

antonella_penati

Dopo aver preso parte all’evento organizzato ad Assisi dall’Associazione Federico nel cuore Onlus, sento il bisogno di spendere qualche parola per ringraziare Antonella Penati.

La ringrazio perché continua a portare la sua testimonianza di sopravvissuta, determinata a fare sì che la sua tragedia non rimanga un dolore privato, ma diventi per tutti una questione politica: la morte di Federico Barakat riguarda ogni cittadino di questo paese, così come ci riguarda l’ingiustizia perpetrata da uno Stato che prima si arroga il diritto di decidere per il “bene” di un bambino, senza prendere in minima considerazione né le preoccupazioni della madre né il profondo disagio manifestato dal bambino stesso (trasformandolo così da soggetto di diritto a oggetto di tutela, un’espressione che ho udito e che mi restituisce il sapore amaro della disumanizzazione), e poi rifiuta di assumersi la responsabilità delle conseguenze dei suoi gravi errori di valutazione, scaricando vigliaccamente su quella madre la colpa del suo fallimento.

Per questo motivo vi esorto nuovamente a partecipare alla raccolta fondi creata per finziare il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, perché l’intento dell’iniziativa non è meramente punitivo, ma l’obiettivo è il riconoscimento di una mancanza strutturale nei servizi, che si concretizza nell’incapacità degli operatori di riconoscere una violazione dei diritti umani quando essa è perpetrata contro donne e bambini nel contesto di un caso di violenza domestica.

L’evento di Assisi ha dimostrato ancora una volta che la consapevolezza di questa mancanza è ancora patrimonio di pochi, motivo per il quale il progetto Fight4childprotection dell’Associazione fortemente voluta da Antonella Penati assume un grande valore: solo creando spazi di confronto sul tema che portino nel medesimo luogo tutte le persone coinvolte – le vittime, gli operatori e coloro che, dopo anni ed anni di lavoro, hanno saputo analizzare il fenomeno assumendo la prospettiva di genere necessaria ad identificare e decostruire quel bagaglio di stereotipi e pregiudizi che ancora grava su un sistema che si sofferma sul problema di “mediare conflitti”, laddove sempre più pressante è l’urgenza di nominare la violenza maschile nelle relazioni di intimità – è possibile pensare di gettare la basi di quel cambiamento culturale che da sempre è indicato come la via maestra da seguire per contrastare davvero un fenomeno che non mostra battute d’arresto.

Ringrazio Antonella perché, come dimostra la petizione che chiede al Parlamento di istituire una “Giornata nazionale contro il figlicidio”, ha il coraggio (perché ci vuole coraggio, basta leggere le reazioni infastidite di tanta parte dell’opinione pubblica) di individuare nella sua vicenda, e nelle vicende di chi si è raccolto attorno a lei, quella componente che le rende tutte tragicamente simili, che è il persistere di una società fortemente patriarcale nella quale donne e bambini rischiano di finire relegati al ruolo di mere proprietà di un pater familias che pretende di esercitare impunemente su di esse il diritto di vita e di morte – accettando anche di dare spazio all’interno della sua associazione a voci che narrano di altre forme di violenza grazie alle quali il patriarcato perpetua se stesso, come la testimonianza di Adelina.

Ringrazio Antonella perché partecipare a questi eventi è non solo una grande opportunità per imparare, ma anche per entrare in contatto con persone che sinceramente e con grande impegno perseguono obiettivi che vanno molto oltre il loro egoistico interesse, accendendo di nuovo in me la speranza che un mondo diverso è possibile. Anche a loro: grazie.

Ma soprattutto ringrazio Antonella per la sua amicizia, perché il suo esempio è uno stimolo costante a meritarla.

 

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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3 risposte a Lo Stato protegge i suoi figli?

  1. Nato Invisibile ha detto:

    Quando muore un figlio..
    non esiste un dolore comparabile alla perdita di un figlio. Ma quando muore un figlio nell’ingiustizia, nell’indifferenza e nella beffa, com’è difficile restare calmi, lucidi, e mettersi al servizio di altri bambini, e di altri genitori, affiché quello che è accaduto al proprio figlio (e a se stesse) non debba accadere più ad altri.
    Non si dovrebbe essere costretti a rivivere la perdita di un figlio fino a tre gradi di giudizio, in cerca di giustizia, senza trovarla. Non si dovrebbe essere costretti a ricorrere a Strasburgo, in cerca di una giustizia che a casa nostra è malata, sepolta sotto metri di corruzione e di speculazioni sul dolore dei bambini, e delle famiglie.
    Non si dovrebbe essere costretti ad affrontare la beffa economica che questo sistema malato continua a rappresentare. E che senza adeguati fondi, non vi è speranza di ottenere Giustizia per Federico. Perché non vi sarà mai alcun risarcimento del danno, per la sua innocenza, per la sua immensa madre, e per la irrimediabile cronaca di una morte annunciata, per la quale nessuno paga. Gli stessi operatori continuano ad esercitare. Gli stessi Giudici continuano ad eserecitare. Gli stessi perìti (che non periscono, però) continuano a massacrare famiglie.
    Aiutiamo Antonella, affichè Giustizia torni nel nostro Paese, che naviga nell’indifferenza e nella corruzione. Se aiutiamo Antonella, aiuteremo tutti i bambini.

    Grazie Riccio.

  2. Primavera ha detto:

    Antonella è straordinaria. Anche tu. Federico un angelo per noi.
    Non voglio aggiungere commenti su chi ogni giorno manda al macello migliaia di bambini.
    Li vorrei solo vedere tutti marcire in galera per tutta la vita,quella vita che ci hanno distrutto…

  3. Andrea Mazzeo ha detto:

    Un recente dato EURES porta a ben 39 i casi di figlicidio in Italia nel 2014, uno ogni 9 giorni; il responsabile è il padre nel 61,5% dei casi, la madre nel 38,5%. Sarebbe importante conoscere in che percentuale tale reato si sia verificato nell’ambito di un contesto seprarativo, e soprattutto se nella relativa vicenda giudiziaria sia stata tirata in ballo la PAS o alienazione parentale.

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