Dal “rifiuto immotivato” alla “trascurabilità del motivo”: evoluzioni nel microcosmo dell’alienazione genitoriale

Da diverso tempo è in corso il dibattito sull’alienazione genitoriale.

Abbiamo visto come lo ha affrontato il disegno di legge 735 (ma l’alienazione genitoriale, sotto forma di sindrome, è citata anche dal disegno di legge 45), che nel preambolo recita:

È poi necessario superare la concezione nominalistica dell’alienazione genitoriale, che in passato ha suscitato consistenti polemiche, e a vere riguardo al dato oggettivo: in molti casi si presenta il fenomeno del rifiuto manifestato dal minore in ordine a qualsiasi forma di relazione con uno dei genitori. Alienazione, estraniazione, avversità, sono solo nomi mutevoli che non possono impedire al legislatore di prendersi cura di una delle condizioni più pericolose per il corretto e armonico sviluppo psicofisico del minore. Nell’ambito dei rapporti all’interno della famiglia, e in particolare nelle relazioni tra genitori e figli, si parla di una nuova categoria di diritti che la recente riflessione sociologica ha definito con la locuzione di diritti relazionali o diritti alla relazione. Essi rappresentano i diritti specifici di ogni relazione umana nella sua dimensione affettiva ed emotiva, relazione della quale l’ordinamento e i giuristi sempre più si stanno occupando. È grazie al godimento del diritto ad avere relazioni con i propri familiari che le persone possono, nel contempo, esercitare i doveri legati al «fare famiglia».

Sin dai suoi esordi l’alienazione genitoriale trova il suo fondamento nell’assenza di giustificazioni a monte dell’attegiamento di rifiuto:

In presenza di reali abusi o trascuratezza dei genitori, l’ostilità del bambino può essere giustificata e, di conseguenza, la Sindrome di Alienazione Genitoriale come spiegazione dell’ostilità del bambino non è applicabile

spiega in un’intervista la Professoressa Petruccelli, citando proprio Richard A. Gardner.

Oggetto d’interesse di chi in questi anni ne ha scritto è sempre stato il concetto di “rifiuto immotivato“, inteso come rifiuto in assenza di una buona ragione (cito la psicologa Amy J.L. Baker, che in un’intervista esclude i casi in cui il genitore rifiutato è “abusive or neglectful or moves away or is a poor parent in some ways” (è abusante, negligente, assente o è in qualche modo carente).

Come in molti hanno fatto notare nelle critiche al concetto di alienazione genitoriale, stabilire quando il rifiuto non trova nelle ragioni addotte dal bambino una motivazione sufficientemente buona o fondata dipende esclusivamente dal giudizio soggettivo di chi è chiamato a valutare:

PAD relies heavily on subjective judgment of the professional making the diagnosis that the child’s rejection is “without legitimate justification”

scriveva nel 2010 la Professoressa Kathleen Coulborn Faller.

Come hanno affermato in tanti, nel corso degli anni (ad esempio un documento del Dipartimento di Giustizia del Canada afferma: “i bambini possono rifiutare attivamente un genitore in seguito a una separazione per una moltitudine di ragioni“), anche Coulborn fa notare che

Anger at one or both parents is a normative emotional reaction to divorce by children. This anger and alienation from one or both parents can have a wide range of etiologies and often involves a complex mix of causes (…) A fundamental vulnerability of PAD is that it assumes that the professional evaluating the “alienated child” is omniscient, that is, the professional knows all the sources of the child’s rejection of a parent. Most important from the perspective of APSAC, PAD assumes the professional knows with sufficient certainty that the child has NOT been maltreated or otherwise traumatized by the parent he or she is trying to avoid by refusing to visit.

La rabbia di un bambino nei confronti di uno o entrambi i genitori, in un momento stressante come quello della disgregazione della famiglia a causa di una separazione, è una reazione emotiva che può avere una gran moltitudine cause, e il tallone d’Achille di una teoria come l’alienazione genitoriale è supporre che il professionista chiamato a valutare la situazione sia onniscente, ovvero in possesso di un bagaglio di conoscenze analogo a quello delle divinità, e quindi in grado di escludere con assoluta certezza che quel bambino non sia mai stato maltrattato o in qualche modo traumatizzato dal genitore che rifiuta.

A dimostrazione del fatto che la valutazione delle ragioni del minore che si suppone “alienato” si basino principalmente sulle interpretazioni personali del cosiddetto esperto e poco su dati concreti, citerò una causa che ha fatto molto scalpore tempo fa; è capitato che, al fine della condanna della madre come “alienante”, si considerasse irrilevante l’incapacità del padre a rapportarsi con la disabilità del figlio, costretto a dispetto delle sue oggettive difficoltà alla pratica sportiva e disapprovato dal genitore “anche con modalità brusche e poco gratificanti“; nonostante i problemi relazionali trovassero la più logica spiegazione nell’ossessione paterna per i successi sportivi e il conseguente senso di inadeguatezza del ragazzo, si è comunque reputata più credibile e l’esistenza di una “campagna denigratoria” materna volta ad allontanare un papà giudicato non abbastanza carente da giustificare il risentimento e l’avversione dei suoi familiari.

In quell’occasione alla donna fu irrogata una sanzione in base all’articolo è il 709 ter del Codice di Procedura Civile per aver indirettamente indotto [il figlio] a disattendere gli incontri con il padre.

Di fatto non le si poteva contestare nessun concreto comportamento ostativo, avendo da sempre la signora lasciato che i ragazzi frequentassero liberamente l’ex coniuge, tuttavia, è stata comunque ritenuta responsabile.

E questo perché, proprio come afferma il famigerato articolo 17 del disegno di legge 735, se il figlio minore manifesta rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo ad un genitore, I provvedimenti (…) possono essere applicati – nell’esclusivo interesse del minore  pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori.

All’epoca il disegno di legge non era neanche stato presentato, ma a quanto pare trovava già applicazione, e proprio grazie al concetto di “rifiuto immotivato”, che potremmo tradurre come quel rifiuto le cui ragioni non sono stimate come sufficientemente valide, sulla base della mera opinione di chi le ha esaminate.

Recentemente ho letto un articolo pubblicato sul sito Studio Cataldi e firmato da un professionista che di alienazione genitoriale ha scritto tanto, dal quale vi riporto un passo che mi ha molto turbato:

Ciò che dovrebbe interessare al Tribunale non è il motivo delle condotte pregiudizievoli del genitore, ma la loro presenza e le relative ricadute psicologiche sul figlio. Potremmo sintetizzare affermando che al Tribunale non dovrebbe interessare il “perché” di un determinato comportamento di un genitore, ma “come” quel determinato comportamento possa essere lesivo dei diritti del figlio… di fronte ad un genitore che impedisce l’accesso del figlio all’altro genitore, al Tribunale non dovrebbe interessare il motivo alla base di quel comportamento, ma sostanzialmente se lo adotta, per poi prendere relativi provvedimenti giudiziali (non sanitari)… se un genitore denuncia il rifiuto immotivato del figlio perché dovrebbe essere sottoposto ad indagine di personalità con successiva prescrizione di cura?

Ma facciamo un passo indietro, per comprendere perché il paragrafo mi ha turbata.

Sappiamo che agli esperti di alienazione genitoriale interessa indagare una sola condotta pregiudizievole nei confronti dei figli; sebbene lo stesso Pingitore riconosca che, sulla base del nostro ordinamento, è un genitore non incapace quel genitore che si occupa di mantenere, istruire, educare ed assistere i propri figli rispettandone le inclinazioni, le capacità e le aspirazioni (Art. 30 Cost., Art. 147 e 315 bis cod. civ.), a suo avviso il concetto di idoneità genitoriale ruota principalmente attorno all’ 337-ter co. 1 del Codice Civile: è idoneo quel genitore che rispetta il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori.

Del genitore incapace di mantenere un rapporto equilibrato con il proprio figlio, infatti, non ci dice nulla.

E’ possibile, secondo Pingitore, che un genitore – magari venendo meno al suo dovere di mantenere, istruire, educare e assistere i propri figli, oppure istruendolo, mantenendolo ed educandolo ma senza alcun rispetto delle sue inclinazioni, capacità e aspirazioni (come nel caso citato), oppure maltrattandolo o maltrattando l’altro genitore – contribuisca attivamente a danneggiare la relazione affettiva con il proprio figlio?

In tutto l’articolo non c’è il minimo esplicito accenno all’eventualità che un bambino possa reagire con l’avversione nei confronti di un genitore a causa di un comportamento del genitore avversato.

A leggere questo articolo, piuttosto, sembra quasi che l’unico ostacolo che è possibile riscontrare al diritto di un/a bambino/a al mantenimento della relazione con entrambi i genitori sia la condotta pregiudizievole di uno dei genitori volta ad impedire l’accesso all’altro genitore.

Che cosa deve fare, chi è chiamato ad indagare di fronte alla denuncia di un genitore che protesti per “il rifiuto immotivato” del figlio o della figlia?

Sebbene Pingitore sottolinei l’importanza di mettere al centro il/la bambino/a e i suoi diritti, in nessun passo si parla di indagare le ragioni del suo eventuale rifiuto; si parla invece di indagare

la capacità del figlio (in base alla sua età e alla sua capacità di discernimento) di relazione affettiva con entrambi i genitori, comprensione, autodeterminazione, disponibilità ad un assiduo rapporto con entrambi i genitori.

E se il/la figlio/a non si mostra disponibile ad una relazione affettiva con uno dei genitori?

Il cambio di prospettiva, che secondo Pingitore metterebbe “al centro” della valutazione il bambino o la bambina, offrendogli un ruolo da protagonista che sino ad oggi sarebbe stato loro negato, in realtà occulta la possibilità che la sua indisponibilità sia una reazione emotiva alle mancanze del genitore rifiutato, trasformandola in una mancanza del minore: ad essere “incapace” non è il genitore, bensì il minore, “colpevole” di non voler “assiduamente” frequentare uno dei genitori.

Sarebbe interessante capire che cosa si intende con assiduo rapporto, e in che modo si possa stabilire quando un rapporto non è abbastanza “assiduo”, ma temo che anche questo aspetto sia lasciato di volta in volta all’interpretazione personale di chi di dovere; o almeno, lo sarà fintanto che non sarà approvato il disegno di legge 735, il quale immagino fungerà da criterio, visto che stabilisce che

deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre.

Nell’articolo è specificato anche che il consulente non deve tenere in considerazione le motivazioni del genitore che abbia in qualche modo ostacolato la relazione del figlio con l’altro genitore, giustificando questa precisazione con il fatto che l‘indagine di personalità non rientra fra le sue competenze.

La motivazione che io adduco a ragione di un mio specifico comportamento, può rientrare fra i tratti della mia personalità?

Io non credo proprio, a meno che non si stia parlando di un comportamento abituale, reiterato nel tempo a prescindere dalle circostanze.

Se sono un ritardatario, una persona che arriva regolarmente in ritardo ad ogni tipo di appuntamento, è probabile che le ragioni rientrino nell’ambito dei tratti della mia personalità. Se arrivo in ritardo soltanto a quegli appuntamenti che si svolgono di prima mattina, invece, magari ho difficoltà a svegliarmi presto perché patisco disturbi del sonno e quindi ho un problema di salute; se invece ho difficoltà ad essere puntuale alla sera, forse è perché sono costretto a degli straordinari a causa del timore di perdere il lavoro e quindi ho problemi di tipo economico; se arrivo tardi solo qualche volta è probabile che sia rimasto imbottigliato in un traffico intenso non preventivabile, insomma: le ragioni a monte di un comportamento sono le più svariate, ma in ogni caso sono sempre rilevanti al fine di emettere un giudizio su una persona.

Se un genitore non rispetta i tempi stabiliti dall’accordo per l’affido, omettendo di accompagnare il bambino dall’altro genitore, le ragioni possono essere molte: potrebbe essere un crudele dispetto nei confronti di un ex partner sul quale sfoga la frustrazione causata dalla separazione, ma potrebbe anche essere che ha deciso di ascoltare il disagio manifestato dal bambino, poiché ritiene che le sue ragioni sono abbastanza buone e la sua avversione è tutt’altro che ingiustificata, o forse ha paura, perché l’ex partner ha avuto dei comportamenti che gli fanno temere per la sua incolumità e/o per il benessere del bambino, o ancora è la complessa combinazione di queste ed altre ragioni.

Tutte queste cose hanno molto poco a che fare con i tratti della sua personalità e molto con importanti considerazioni sull’idoneità genitoriale di entrambi i genitori.

Veniamo all’ultima frase del paragrafo citato:

se un genitore denuncia il rifiuto immotivato del figlio perché dovrebbe essere sottoposto ad indagine di personalità con successiva prescrizione di cura?

In un paragrafo precedente, Pingitore ci dice che

le indagini peritali … dovrebbero avere esclusivamente l’obiettivo di indagare le condotte, eventualmente pregiudizievoli, dei genitori.

Rimane in sospeso una domanda: il consulente andrà ad indagare se ci sono delle condotte pregiudizievoli del genitore rifiutato che possono aver causato quel “rifiuto immotivato”?

E se è così – come la citata attenzione ai comportamenti lascerebbe pensare – perché definire già “immotivato” un rifiuto le cui ragioni dovrebbero essere oggetto della valutazione del perito?

Da quando scrivo su questo blog sono spesso stata accusata di presunzione e di ignoranza.

Per quanto io ci tenga a rivendicare socraticamente la mia ignoranza (solo el mona el sa tuto, recita un vecchio adagio del nord-est), non riesco comunque a tacere la mia inquietudine di fronte agli appelli ad ignorare, a non indagare, soprattutto quando sono rivolti a chi ha il potere di tutelare i diritti fondamentali dei cittadini.

Sebbene l’articolo affronti un tema interessante, come lo è l’articolo 32 della Costituzione, il quale sancisce un diritto fondamentale dell’individuo (nessun soggetto può subire un trattamento sanitario contro la propria volontà), e lo affronta in un ambito in cui le decioni in merito hanno spesso causato dibattito (ad esempio qui potete trovare un articolo sull’illegittimità della prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale o a un percorso di sostegno alla genitorialità mentre qui un altro articolo ne sostiene la necessità), il modo confuso e parziale con cui è affrontata la questione del diritto del bambino al mantenimento della relazione con entrambi i genitori (che sembra quasi un diritto preminente se non fondante degli altri diritti del bambino) e la questione del rifiuto del bambino alla relazione con uno dei genitori a mio avviso desta molta preoccupazione.

Soprattutto alla luce della ripetutamente dimostrata incapacità delle nostre istituzioni nel riconoscere e dare la dovuta attenzione a fenomeni come la violenza domestica e assistita.

E’ possibile parlare dell’assenza di una sana e soddisfacente relazione genitore-figlio in termini di “incapacità” del minore?

E’ possibile affermare che – soprattutto nell’ambito di una causa in Tribunale – le motivazioni di un comportamento oggetto di giudizio siano da considerarsi del tutto irrilevanti?

Siccome sono sì ignorante, ma non presuntuosa, lascio rispondere a voi a queste domande.

 

Per approfondire:

La questione del rifiuto immotivato del minore

Le teorie di Richard Gardner

Alienazione genitoriale e DSM 5

I miti sul divorzio che mettono a rischio i bambini – mito n° 5: la Pas

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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30 risposte a Dal “rifiuto immotivato” alla “trascurabilità del motivo”: evoluzioni nel microcosmo dell’alienazione genitoriale

  1. SETTENOMI ha detto:

    Non ho letto l’articolo che tu citi, né ho troppa voglia di farlo adesso, ma se si esprime in quei termini e quello è il suo orientamento di fondo, è chiaro che prospetta un punto di vista a mio parere non condivisibile.
    E’ cioè ovvio che se un genitore (padre o madre) ha dei grossi limiti comportamentali e/o caratteriali nel relazionarsi al figlio, e il figlio rifiuta di incontrarlo, di questo non può essere fatto carico all’altro genitore, né tanto meno si può definire l’altro “alienante”.
    Vero è però un altro punto: che di norma, o comunque con grande frequenza, queste situazioni vedono quella che gli specialisti chiamano “collusione”, dinamica che sicuramente tu conosci molto meglio di me (ad esempio, un genitore può strumentalizzare gli evidenti limiti comportamentali e affettivi dell’altro, evidenziandoli agli occhi del figlio al fine di farlo ulteriormente desistere dai contatti.
    Chiaro che nemmeno in questo caso lo definirei “genitore alienante” (perché l’altro ci ha messo molto più del suo, ed è stato determinante e monolitico, per farsi rifiutare), ma è proprio questo il motivo per il quale parlano di “alienazione parentale” e non più di PAS.
    Da questo punto di vista, il concetto di “Alienazione Parentale”, definisce una dinamica del sistema e non una caratteristica di un singolo soggetto.

    Studia!

    • Questo è un articolo vecchiotto, ma ha il pregio di citare altri autori oltre Gardner: http://www.leadershipcouncil.org/docs/VAWnet.pdf L’autrice esamina il lavoro do Johnston e Kelly (la bibliografia è in calce) che affermano:
      “in contrast to PAS theory that views the indoctrinating parent as the principal player in the child’s alienation, this study [their own] found that children’s rejection of a parent had multiple determinants . . . .[another study of theirs also] supported a multi-dimensional explanation of children’s rejection of a parent, with both parents as well as vulnerabilities within the child contributing to the problem. Alienating behavior by an emotionally needy aligned parent (mother or father), with whom the child was in role-reversal, were strong predictors of the child’s rejection of the other parent. Just as important as contributors were critical incidents of child abuse and/or lack of warm, involved parenting by the rejected parent.” [contrariamente alla Pas che vede come il principale colpevole della sindrome il genitore indottrinante, questa teoria ha scoperto che il rifiuto del bambino ha più di una causa … (anche un altro studio) dimostra che esiste una spiegazione multidimensionale delle reazioni dei bambini, che coinvolge entrambi i genitori tanto quanto la vulnerabilità dei bambini stessi. Il comportamento alienante del genitore bisognoso di un alleato (madre o padre), con il quale il bambino vive uno scambio di ruolo, è un elemento forte nello scatenare il rifiuto del bambino, ma altrettanto importanti sono incidenti critici quali l’abuso sul bambino o la mancanza di calore imputabili all’educazione impartita dal genitore alienato.]
      Direi che è abbastanza in contrasto con quanto affermi tu, e più in linea con la sentenza che ho citato.
      A proposito di questa rinnovata teoria dice l’autrice: “However, these statements do not indicate whether the relationship breaches which
      these clinicians observe between children and parents are a healthy or natural response to circumstances, or if the alienation is caused by a disorder instigated by the wrongful influence of a favored parent. And of course, clinical observations do not constitute empirical evidence”.
      Queste dinamiche relazionali sono la sana e più naturale risposta alle circostanze, oppure è da considerarsi in qualche modo illecita (wrongful influence) l’influenza del genitore che non viene rifiutato?
      E’ davvero patologico e dannoso, da parte di un genitore, allontanare il proprio figlio dall’altro genitore, se questo è inadeguato o addirittura maltrattante?
      In ogni caso, c’è da tenere in conto che le osservazioni cliniche non sono prove empiriche di una teoria.

      • savi ha detto:

        Io ti consiglierei di dare uno sguardo a uno degli articoli (vedi giu’):
        … un certo Richard Ducote — avvocato che conosceva il Gardner personalmente ed ebbe molto a che fare con lui nei tribunali come avvocato … qui c’e’ una chicca:
        Una frase e’ rilevante perche’ so che la frase esiste in un’intervista del Ducote con un tizio della Columbia che probabilmnete protesse Gardner … e quindi l’intervista (che ho in mio possesso) offre un contesto piu’ampio e rivelatorio. La frase corrobora le storie del NON-RAPPORTO del Gardner con la Columbia. Cio’ che Ducote non sa ancora (scoprira’ qualche tempo dopo) che infatti il rapporto — Gardner era un volontario non remunerato che non aveva nessun legame formale di dottore / professore con la Columbia — fini’ nel 1985. Nel 1985 — tre mesi dopo che Gardner pubblico’ le sue ‘opinioni personali’ sulla sua PAS in una rivista d’opinione — la Facolta’ di Psichiatria della Columbia voto’ unanime per la sua espulsione dal Dipartimento, che implicittamete significava pure dalla Columbia. I due elementi che Ducote riesce ad estrarre dall’impostore Gardner sono legati all’espulsione, di cui, nuovamente, Ducote ne scoprira’ l’esistenza alcuni anni dopo.
        ****
        “* Ducote sul Dr. Richard Gardner.
        “Quando l’ho interrogato poco prima che si suicidasse, ha ammesso di non aver parlato con il Dean della facoltà di medicina della Columbia per oltre 15 anni e di non aver avuto privilegi ospedalieri in ospedale per circa 25 anni. . Quindi era davvero là fuori da solo. ”
        “Interrogato”: il Ducote stava interrogando Gardner in un caso PAS in cui Gardner era difensore dell’ex-marito che accusava la madre di PAS e gli chiedeva delle sue qualifiche professionali alla Columbia.
        (i) Quindi — il Gardner sta ammettendo in tribunale che per oltre quindici anni prima del 2003 non aveva parlato con il Dean della facolta’ di medicina – che non e’ la stessa cosa del chair/direttore del dipartimento di psichiatria … il dean poteva sapere o non sapere dell’espulsione nel 1985 anche perche’ il direttore di Facolta’ avrebbe potuto decidere di insabbiare la storia … che cerco’ di fare. I 15 anni porterebbe a circa il 1988, che non e’ lontano dal 1985.
        (ii) “non aver avuto privilegi ospedalieri in ospedale per circa 25 anni”. Qui il Gardner sta mentendo perche’ infatti non aveva MAI avuto privilegi ospedalieri. Che significa ‘privilegi ospedalieri”? Che avrebbe potuto avere / curare i suoi pazienti che curava dallo stuidio medico di casa sua nella Medical School della Columbia. Solo i Dottori-Professori della Medical School possono avere tali privilegi – aver cura dei propri pazienti e dei pazienti di dottori medici / psichiatri (con Ph.D.) che non avevano privilegi. Se il Gardner avesse avuto dei pazienti — qui dobbiamo assumere che necessitavano di cure psichiatriche — lui-Gardner non avrebbe potuto curarli in Ospedale perche’ non era parte del corpo medico (e accademico) della Columbia (e quindi della Medical School). La Columbia non avrebbe permesso a uno senza privilegi di toccare un paziente nel suo ospedale perche’ i pericoli legali e finanziari sarebbero stati astronomici. E comunque il Gardner era un semplice dottore medico (SUNY) che diceva di avere perseguito una specializzazione in psichiatria e qunindi non era uno specialista di psichiatria. … Quindi, il Gardner non era mai stato dottore della Columbia e non aveva mai avuto ‘privilegi ospedalieri. I ’25 anni’ mi sembrano una balla che raccontava a Ducote, e Gardner di balle ne raccontava tante nei tribunali. (Vedi il video in cui grida contro il Giudice perche’ metteva in dubbio il suo curriculum di 90 pagine … e che avrebbe potuto esibire il suo ‘vero’ curriculum di 150 pagine.) Potrei capire dal 1985, ma 25 anni porta indietro nel 1978 … perche’ i 25 anni?
        *
        *Ducote on Dr. Richard Gardner.
        “When I cross-examined him shortly before he committed suicide, he acknowledged that he had not spoken to the Dean of the Medical School at Columbia for over 15 years, and that he had not had hospital admitting privileges at any hospital for approximately 25 years. So he really was out there on his own. ”
        https://parentingabusedkids.wordpress.com/tag/richard-ducote/

  2. Marco Pingitore ha detto:

    Gentile Chiara Lo Scalzo,
    quando tratta i temi sull’alienazione parentale, la leggo sempre con molto interesse, anche se non è una Psicologa (credo).
    Essendo stato citato direttamente, rispondo alle sue legittime osservazioni e perplessità dicendole che l’articolo pubblicato su StudioCataldi.it non affronta in modo specifico la questione del rifiuto o rifiuto immotivato (secondo il genitore che denuncia non secondo il CTU che solo alla fine si esprime su “motivato” o “immotivato).
    E’ un articolo che affronta il tema della legittimità (rectius “illegittimità”) dell’esame di personalità e delle diagnosi cliniche sui genitori che si separano.
    Abbiamo riscritto la teoria dell’alienazione parentale nel nuovo libro in cui affrontiamo la questione del “rifiuto” e, le anticipo, concentrando l’attenzione (credo per la prima volta in Italia) sulle condotte del genitore rifiutato: “perché proprio a lui?”
    Questo è il libro in uscita a Marzo 2019:

    Se non dovesse soddisfare le sue aspettative, me ne rammarico sin da ora. Lei scriva le sue osservazioni e io cercherò di risponderle indirettamente nei miei prossimi lavori.
    Il tema è davvero complesso e delicato. Serve il parere degli esperti e l’opinione di tutti.

    Grazie.
    Cordiali saluti.
    Marco Pingitore

    • savi ha detto:

      Dice il Pingitore:

      “affrontiamo la questione del “rifiuto” e, le anticipo, concentrando l’attenzione (credo per la prima volta in Italia) sulle condotte del genitore rifiutato: “perché proprio a lui?”

      Tutta questa anticipazione — per la prima volta sugli schermi della PAS Italiota — è l’anticipazione di roba scritta dall’impostore Pasista (ex Vanderbilt) William Bernet negli ultimi 3 anni su (anche con la collaborazione di Baker e Verrocchio) su ‘rifiuto immotivato indotto’ dal genitore alienante nei confronti del ‘genitore rifiutato’. Notate l’ultimo ghirigoro semantico pasista; stanno passando da quello che una volta era il ‘genitore alienato’ a quello che oggi vorrebbero chiamare il ‘genitore rifiutato’.

      Cioè, siamo all’ennesima scopiazzatura esterofila di pasisti — dal primo Profeta-Dio della PAS-Sindrome Richard Gardner, impostore nel Dipartimento di Psichiatria della Columbia University, da cui fu espulso nel 1985 per avere pubblicato la sua ‘crap’ PAS; al secondo Profeta-Dio William Bernet, impostore del Kennedy Center della Vanderbilt University, che usò, ‘incognito’, come sua base per perseguire il suo ‘business’ della PAS.

      Chi vuole bibliografie — articoli, libri, e proclami — su questo argomento può chiedere e le pubblicherò.

      ps: Un chiarimento: si chiarisca che c’è una differenza su ‘essere psicologi’ e ‘essere esperti della/nella disciplina accademica-scientifica di psicologia’ –quella che conta, e cioè strutturata a livello internazionale. Il Pingitore è uno psicologo (credo) — ha una laurea in psicologia (la laurea standard italiana al massimo quinquennale). La Lo Scalzo è una psicologa (credo). Il Pingitore non è “un esperto della/nella disciplina accademica-scientifica di psicologia”. Il Pingitore non è assolutamente ‘rilevato’ nel radar della disciplina di psicologia.

      Della PAS — la PAS Relazionale del Bernet a cui la Casta Pasista Italica si e’ votata — parleremo in un’altra puntata.
      .

      • Io non sono psicologa. Lo direi, se così fosse, ma non lo sono.

      • savi ha detto:

        Come nota:

        Marco Pingitore – Psicologo-Psicoterapeuta, Criminologo
        November 9, 2018 ·
        Si intitolerà “Nodi e snodi nell’Alienazione Parentale. Nuovi strumenti psicoforensi per la tutela dei diritti dei figli” il mio prossimo libro che uscirà in febbraio 2019. Con i contributi di Alessia Mirabelli – Psicologa, Giovanni Battista Camerini e Giovanni Lopez. Una nota di orgoglio per la mia terra, visto che 3 su 4 Autori sono calabresi, anzi possiamo considerare anche il Prof. Camerini calabrese d’adozione 😉
        Cosa c’è di nuovo in questo libro?
        Per prima cosa abbiamo riscritto la teoria dell’Alienazione Parentale: operazione necessaria a causa della tanta confusione sul tema. Poi abbiamo scritto due capitoli sulla nuova CTU nei casi di AP, indicando i provvedimenti più efficaci per tutelare i figli: niente test psicologici, niente valutazione della personalità dei genitori, niente prescrizioni di improbabili psicoterapie. Colloquio per colloquio abbiamo scritto le domande da fare e gli errori da evitare nelle CTU. Un capitolo sarà dedicato al supporto psicologico dei genitori rifiutati e altri due specifici, per la prima volta in Italia, sul tema del trattamento dei casi di AP.
        L’introduzione pungente è a firma del Prof. Guglielmo Gulotta.
        Desidero ringraziare la Edizioni Franco Angeli: è il mio quinto libro con questa ottima casa editrice ed è la mia quinta intensa emozione diversa.
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        ***
        La domanda sara’: “E’ questo ‘coso’ peer reviewed? Cioe’, e’ soggetto alla valutazione di esperti riconosciuti nelle discipline scientifiche di psicologia e psichiatria che soli possono valutare la validita’ scientifica della ricerca?

  3. SETTENOMI ha detto:

    Non so se ho compreso bene quello che mi vuoi dire: quanto ho esposto, è come vedo io il problema.
    Che poi coincida o no con il pensiero di altri autori, qui non mi riguarda.
    Per quanto riguarda, cioè, il più delle volte la situazione che chiamiamo “alienazione parentale” è l’espressione della patologia del sistema. Il che implica che
    Per questo, non credo ci sia una risposta al quesito se sia “davvero patologico e dannoso, da parte di un genitore, allontanare il proprio figlio dall’altro genitore, se questo è inadeguato o addirittura maltrattante”.
    Non credo che la cosa abbia una risposta: non in questi termini.
    Credo che questo sia un problema diagnostico e clinico, e vada risolto, se possibile e se a qualcuno importa, di volta in volta. Esaminando il caso specifico.
    Come lo esprimi tu, richiede un teorema (ideologico?) a monte, perché non tutti i casi sono uguali e tu invece li vuoi considerare tali, utilizzando stereotipi interpretativi che valgano a prescindere dalla specificità dei singoli individui e sistemi, che sono comunque irripetibili.
    Dobbiamo dare sempre un antibiotico quando c’è una bronchite?
    O mai?
    Dipende dai casi.
    Quando ci sono di mezzo individui, è ancora più indescrivibile la messe di differenze che trovi.
    E così ci sarà la volta in cui il consentire al bambino di non vedere l’altro genitore sarà una tutela del bambino, e altre volte in cui quel comportamento, apparentemente identico all’altro, sarà non una tutela, ma una strumentalizzazione di una condotta patologica o distruttiva dell’altro, finalizzata a potergli allontanare il bambino, il che implica che entrambi -sia pure con diverse proporzionalità- stanno creando un problema al bambino. E in questo caso è alienazione?
    Forse si, forse no. Dipende da quel caso. E dalla definizione che vuoi dare del problema. Ma che ci sia un problema e riguarda entrambi i genitori, sarà indubbio.

  4. SETTENOMI ha detto:

    No, non è una personale interpretazione priva di regole.
    Esistono criteri e metodi (visite psichiatriche e psicologiche, test vari, che sono una infinità, ecc.) da utilizzare per capire se il rifiuto di incontrare uno dei due genitori è frutto di un problema del padre, di un problema della madre, di un problema della famiglia estesa (nonni, zii, ecc.), o una reazione “normale” di quel singolo bambino allo stress della separazione.
    In una certa misura la diagnosi -come tutte le diagnosi psichiatriche e psicologiche, ma proprio tutte, basti pensare a cosa ci insegna l’etnopsichiatria e l’evoluzione dello stesso DSM- in una certa misura la diagnosi, dicevo, sarà frutto della soggettività di chi opera la valutazione, ma ci saranno comunque strumenti di indagine e di verifica dei risultati enunciati.
    Il paragone di confronto va, per molti versi, al rifiuto scolastico.
    Un bambino che non frequenta più la scuola ci “racconta” sempre di una perdita ed un disagio, ed un pericolo futuro, ma per poterlo attribuire a una o più cause, e poterci porre rimedio, occorre studiare quel singolo caso.
    Definirlo però un non problema è un atteggiamento terribilmente superficiale e pericoloso proprio per il minore coinvolto.

    • savi ha detto:

      Ma chi è questo SETTENOMI — parte della tribù dei SETTENANI pasisti?

      Né il SETTENOMI né i SETTENANi devono nominare il DSM. Il DSM-5 nel 2010 rigettò con una sola riga la proposta PAS del nuovo Profeta-Dio della PAS-Relazionale — William Bernet — a cui il Concistoro Pasista Italiota si ‘e votato.

      La riga: assenza di qualsiasi evidenza empirica — medica e clinica.

      Aggiungo questo commento di disinformazione di massa alla lista che presenterò al Direttore del DSM-5 Michael First.

      Quindi, SETTENOMI e i SETTENANi smettetela perché’ questa storia finirà nei tribunali USA, e Europei … e Italici.

      E poi maledirete il Bernet per avervi sottoposto alle sue purghe di menzogne per 6 anni ripetendo “benché’ il DSM-5 non menziona esplicitamente la PAS. IO SO che la PAS è nel DSM-5” … e lo ha ripetuto in almeno 6 salse-menzogne (l’ultima volta che ho controllato). Non solo, ma in 2 salse ha fatto nomi di persone professionisti al DSM-5 che lo linceranno nei tribunali per avere messo nella loro bocca cose che non hanno mai detto.

  5. Andrea Mazzeo ha detto:

    Mah! Dico solo, rispettiamo la legge: le separazioni che fanno seguito a violenza in famiglia o ad abusi sessuali sui minori (impropriamente chiamate separazioni conflittuali) sono regolamentate da una legge dello Stato, la n. 77/2013 che ha ratificato la Convenzione di Istanbul. Ma questa legge non viene applicata quasi mai e si continua a discutere, disinformare, manipolare, ecc. Chi non rispetta una legge è un fuorilegge; e nel campo separazioni/affido minori i fuorilegge sono tanti. Stare ancora a discettare di PAS/alienazione parentale è da somari; il ministro della salute ha chiarito che questi concetti non hanno alcuna validità scientifica, quindi per me il discorso è chiuso, chi ancora ne parla è un “ignorante nella disciplina della psichiatria e incapace di ragionare secondo il metodo scientifico” (Columbia University su Gardner, 1985).
    Rifiuto immotivato? Anche questa affermazione è da somari; il rifiuto è un comportamento e qualsiasi comportamento, al limite anche un non comportamento, ha sempre una motivazione. Il concetto è così banale che davvero mi sconcerta che degli psicologi, o il tizio Settesettete di cui sopra che non si qualifica né fa conoscere la sue generalità (è come se intervenisse nascosto da un passamontagna, comportamento tipico dei rapinatori e dei terroristi e motivato dal narcisismo di creare flame al riparo dell’anonimato), sostengano questa aberrazione. Il bambino rifiuta un genitore? Ha i suoi buoni motivi; può essere che sia stato manipolato dall’altro genitore ma questo va provato con le prove consuete del processo non con le illazioni dei CTU che valgono, l’ho scritto più volte, quanto i responsi dei tarocchi. Può essere che rifiuti perché vittima di violenza, diretta o assistita, o addirittura di abusi sessuali; e allora? Per tutelare il diritto alla cosiddetta bigenitorialità mettiamo a rischio l’incolumità del minore? E di bambini che grazie alla bigenitorialità hanno subito ulteriori violenze o ci hanno rimesso la pelle ce ne sono ormai tanti (http://andreamazzeo.altervista.org/blog/cronache-di-stragi-annunciate/). Come ho scritto, per i CTU questi bambini avevano la PAS; adesso non ce l’hanno più.
    «Accreditati studi scientifici frutto di ricerche di psicobiologia nel campo delle neuroscienze affettive insegnano che quando un bambino si sente a disagio con un genitore ed evita la frequentazione con lo stesso, nella quasi totalità dei casi lo fa perché ha paura e la paura – un’emozione primaria, istintiva, non condizionata – è in genere provocata dal comportamento violento (fisico o anche solo verbale) del genitore rifiutato, se non addirittura da abusi sessuali o atteggiamenti che mettono il minore a disagio.» L’ho scritto io (http://www.alienazionegenitoriale.org/docu/firenze.pdf) ma lo hanno scritto anche gli insigni giuristi del Centro Studi Livatino (https://www.centrostudilivatino.it/affido-condiviso-profili-critici-e-ragioni-di-contrarieta/). E questo, per me, mette la parola fine a tutte le illazioni. Chi continua a sostenere certi concetti dimostra così di essere solo un manipolatore.

    • UmbertoEchoJunior ha detto:

      Mazzeo Lei ha ragione, la legge va rispettata; minori o adulti coinvolti in storie di violenza non vanno messi a rischio; anche io auspico e mi aspetto che la riscrittura del ddl ne tenga conto con chiarezza. Poi, nei casi in cui la violenza non c’è, ci sono anche altre leggi che vanno rispettate, la 54/2006 che prevedeva rapporti equilibrati e continuativi (inapplicata anche secondo l’Istat); e l’art 315 del Codice civile che, insieme ai doveri dei genitori, prevede un diritto al rispetto. Rispetto che è azzerato se il rapporto col figlio viene interrotto.
      I commentatori anonimi come “rapinatori e terroristi”?!? La stessa Ricciocorno ha aperto il blog senza palesare la sua vera identità né eventuali titoli di studio. Quanto a Savi… il nome vero Salvatore Pitruzzello l’ho svelato io. Sono come come rapinatori anche loro? Non Le danno fastidio?
      Non è vero che un ministro della Salute abbia escluso in toto la validità scientifica di ogni interpretazione dell’alienazione: fu detto (dal sottosegretario) che non c’erano abbastanza ricerche per considerarla una patologia “e dunque essere inclusa tra i disturbi mentali”.
      E infatti se, come Lei stesso argomenta, si considera la possibilità di una manipolazione, di una forma di mobbing tra familiari, non servono manuali di disturbi mentali. E d’accordissimo con Lei, questo va provato dal giudice con le prove del processo. Così come è accaduto nella sentenza finale del caso Cittadella, quella della Corte d’Appello di Brescia.
      Quanto ai giuristi del Centro Livatino… saranno pure insigni (il loro presidente Mantovano non era un politico?) ma qui nel blog ci viene sempre ricordato che non devono essere giuristi, avvocati o magistrati a certificare se una teoria scientifica è valida,,, Oppure stavolta facciamo eccezione?

  6. SETTENOMI ha detto:

    Il fatto che tu censuri gli interventi che non colludono col tuo modello ideologicamente conflittivo, ma esprimano in uno sghignazzo la loro critica, è la prova della faziosità che regna qui dentro.
    Fatece ride’, Riccio!

    • Il testo di “Finché la barca va” di Orietta Berti dovrebbe esprimere una critica? Fatti e facci un favore: cercati un luogo nel quale la gente condivide meme per sbertucciarsi a vicenda.

      • SETTENOMI ha detto:

        Si, e tra le più raffinate che ci potessero essere.
        7 (Zecchino d’oro 2010 Testo: Carmine Spera – Musica: Carmine Spera – Lorenzo Natale – Canta Alice Bonfant), come risposta al signor Savi, Fin che la barca va (Orietta Berti – Musica: Mario Panzeri Testo: Flavia Arrigoni e Lorenzo Pilat) come risposta al dr. Mazzeo.
        Semplicemente geniale. E difatti le hai censurate.
        Ciaooooo

      • È l’effetto Dunning-kruger, te ne rendi conto? Ti stai dando del geniale da solo…

  7. SETTENOMI ha detto:

    D’altra parte, che volevi? Che mi ci mettessi a discutere? a litigare?
    Maddechè!

  8. SETTENOMI ha detto:

    Effetto Dunning-Kruger?
    Mi sono contagiato frequentando questo blog!
    D’altra parte, basta andarsi a leggere i curriculum di chi ci scrive. E di quanta incompetenza si nasconde in quella rabbia.
    Orietta Berti e lo Zecchino d’oro sono allora l’unica risposta possibile.
    Baci

    • L’unico che si loda qui sei tu, nessuno può averti contagiato.

      • SETTENOMI ha detto:

        Figurati!
        Anzi: pfui, come diceva Paperino.
        Qui -a quel che dite- siete tutti privi di titoli e conoscenze relativamente a questo tema (o qualcuno li ha acquisiti in fretta e furia, in rabbia ad un torto ricevuto) ma parlate come se foste i più grandi specialisti del mondo.
        L’unico che ha dei titoli seri è il Pingitore, e difatti è venuto, ha chiarito quello che doveva chiarire, e poi si è guardato bene dal continuare a discutere con gente che non ha la sua preparazione, ma si comporta come se potesse insegnargli tutto.
        Per me, invece, rispondere con Orietta Berti alle argomentazioni del dr. Mazzeo, e con la canzone dello Zecchino d’Oro, dal titolo: “7”, a quelle del prof. Savi, è divertentissimo.
        Perché a quel punto non mi ci metterò mai né a discutere, né tanto meno a litigare.
        Anche perché, parliamoci chiaro: qui l’Effetto Dunning-Kruger non c’è, è vero.
        Ma perché superato dall’Effetto Ricciocorno: dalla lezione gratuita di zumba al progetto Perepepè, alle accuse gratuite alla PAS come se si fosse esperti di fama mondiale.
        Canta che ti PAS, allora: appunto, Finché La Barca Va.

      • Chi sarebbe quello pieno di rabbia? Spero tu ti sia sfogato a sufficienza. Sentiti di libero di venire qui a svilire e canticchiare quando vuoi, fosse mai che tu decida di sfogarti su qualcun altro.

  9. SETTENOMI ha detto:

    Stai scherzando, Riccio?
    Dimmi che stai scherzando!
    Vuoi che ti metta in fila tutte le frasi e i termini insultanti, svalutativi, denigranti, perennemente in bilico verso l’aggressione verbale e la diffamazione, volutamente elusivi per potersi nascondere dietro un “non l’ho detto” , che hai pubblicati in tutti questi anni?
    Considerazioni, frasi, termini, pareri in cui si dà dell’idiota, del somaro, del “forse” privo di titoli, del manipolatore e disinformatore, dell’amico dei pedofili, alla “banda di pasisti italioti”, a questo o quel clinico, o se ne mettono in discussione laurea, specializzazione, titoli, competenze, appartenenza alla “banda italiota”?
    Ma stai scherzando?
    C’è una lista terribile nel tuo blog, rileggiti tutto quello che pubblichi sui “PASISTI”, e poi vediamo quanta rabbia, quanto livore, quanta svalutazione fai respirare da queste pagine: a mio parere non c’è ancora una querela solo perché questo blog lo leggono realmente in pochi e non ha alcuna consistenza professionale (e forse nemmeno di dibattito culturale vero e proprio, visto che la risposta che si riceve è sempre un’invettiva).
    SINTESI: quando accusi me di rabbia, svalutazione, pericolo sociale, cristallizzi solo un’evidenza: i “brutti, sporchi e cattivi” sono sempre e solo quelli che non la pensano come te. Quelli che hanno le tue stesse opinioni, stanno sempre dalla parte giusta e con i modi giusti.
    Cambia la fede, ma la “Madre” divoratrice resta sempre quella: Extra Ecclesia nulla salus

    • Visto che hai tanto tempo libero da spenderne così in questo luogo giustamente ignorato dai piu, potresti farlo. Sarebbe di sicuro più utile agli sventurati che dovessero passare di qui di queste tue accuse apparentemente prive di fondamento. Dici che questo posto fa schifo, e stai sempre qui. Dici che non merita neanche denunciarne le nefandezze, ma sei sempre qui. Parli di professionalità e competenza, e mi fai perdere tempo con le canzonette. Io mi sono stufata di te.

      • savi ha detto:

        Ma lascialo perdere questo tronfio perdente del Settenani!

        E con lui il Delfino dell’impostore William Bernet — il Marco Pingitore di Cosenza!

        Fiato sprecato. Conservalo per lo sprint finale.

  10. SETTENOMI ha detto:

    Ti lascio con una domanda, per non rispondere a quello che scrivi qui sopra.
    Ma quello di Stefania Crotti è un femminicidio?
    R.I.P.

    • Non ti rispondo, per usarti la medesima cortesia.

    • Antome ha detto:

      Penso sia, se intendi quello dove l’amante uccide la rivale, un omicidio di gelosia tra rivali, simile a quello di un uomo che uccide il rivale. Lo so dirai tu, perchè chiamare femminicidio solo quello di un uomo verso la donna?
      La distinzione che mi sembra venga fatta è se c’entri la cultura patriarcale? C’è una parte sociale ed una parte istintuale nella gelosia che è difficile scindere. Se è vero che è molto dello nostro ordinamento e more sociali che trasforma il tradimento in un’onta da lavare (avere le corna, la gogna, il disonore, etc), allora una parte di questo paradigma non ha distinzione di genere, così possiamo avere lotte e omicidi tra rivali, donne che si vendicano dei mariti (maschicidio, in un certo senso, ma molto più raro).
      Anche tra tutti questi omicidi si tratta di una sottocategorie legata a concezioni proprietari di cui il maschio è, tradizionalmente parlando, più investito, ma non per la cattiveria che le femministe attribuirebbero al cromosoma Y, come dicono Mra, me per come le consuetudini sociali sono venute a crearsi.
      Credo possano individuarsi le seguenti sottocategorie, omicidi in seguito a separazione preceduti da comportamenti ossessivi di controllo, quelli in cui culminano violenze ripetute e manie di controllo sempre crescenti. Particolari casi in cui la famiglia intera viene, nella mente dell’uomo in questione “eutanasizzata”, spesso anche dopo la perdita del lavoro, secondo lui tanto imprescindibile che perso esso la vita degli altri, ad esso indissolobilmente legata, finisce anch’essa.
      Ci è stato un caso di una donna che ha chiesto di eutanasizzare i suoi cari disabili, disperata per la mancanza di aiuto, ma in un contesto molto diverso, pur non giustificando l’aberrante richiesta.
      Ne deduco che femminicidio sia riferito specialmente ad una particolare sottocategoria di omicidi premeditati che si fondano su una concezione proprietaria, a cui l’onore è fondamentalmente legati, talvolta a raptus folli in seguito a separazioni.
      Il sottotesto è “uccise da chi diceva di amarle”.
      A questi vengono spesso contrapposte le violenze che avvengono nelle relazioni tra lesbiche ed è raro che questi post abbiano risposta, oppure quelle gay, ma l’omicidio è molto meno ricorrente, credo.

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