La misandria?

La notizia: a Pachino, provincia di Siracusa, una donna ha tentato di uccidere il marito con una roncola; l’uomo è riuscito a salvarsi rifugiandosi dai vicini, e se l’è cavata con lesioni al capo, agli arti superiori e una frattura allo zigomo guaribili in 30 giorni.

Il giornalista non ha intervistato i vicini per scoprire se la donna soffriva di depressione o aveva il lavoro o era disperata per la fine della loro relazione, né tantomeno si è preso la briga di raccontarci che brava donna fosse stata fino al momento in cui, colta da un improvviso raptus di violenza, si è scagliata contro l’uomo che amava da morire.

Anzi, la parola raptus non c’è proprio, come mancano altre parole chiave usate normalmente nella narrazione della violenza perpetrata sul partner quando la vittima è una donna: follia, tragedia, dramma, amore malato, gelosia, crollo psicologico, rimorso, passione…

Non c’è neanche il minimo accenno a quei tratti della personalità della vittima che potrebbero aver “provocato” la violenza: com’era lui? Troppo debole, troppo forte, troppo presente, poco presente, voleva andarsene, non voleva andarsene?

Non lo sappiamo, come è giusto che sia, visto che è stato preso a roncolate mentre dormiva.

E, naturalmente, mancano le foto che rimandano all’unione fra i due: niente mani intrecciate, come nel caso del recente omicidio di Luciana Bonzanini, niente romantiche  immagini del matrimonio, nessun selfie cheek to cheek, perché alludere all’amore sarebbe sgradevolmente in contrasto con un gesto tanto efferato.

Insomma, da un punto vista squisitamente stilistico, l’articolo è impeccabile.

Come accade piuttosto spesso, quando l’assassina è di sesso femminile.

Ma c’è un ma.

Mi sono imbattuta in questo articolo della Gazzetta del Sud non per caso, bensì perché qualcuno mi ha taggato nei commenti su facebook.

Due lettori, infatti, sono rimasti sconvolti dalle reazioni di alcune lettrici, che hanno reagito al tentato omicidio come se stessero leggendo una buona notizia:

Ogni tanto una gioia, bene bene qualcuno si comincia a svegliare brava, finalmente qualche donna si ribella in modo adeguato, ha fatto bene, fici bonu.

Poi un uomo replica:

Il che è statisticamente corretto (ci raccontano i numeri che le donne sono le vittime del 68,7% dei 134 omicidi in ambito familiare/affettivo, in dettaglio dell’89,6% degli omicidi commessi dal partner e dell’85,7% di quelli commessi dall’ex partner) e inoltre ci restituisce appieno lo spirito guerresco che ha animato i commenti festanti delle donne.

The war on women, la guerra contro le donne, è un’espressione piuttosto comune per chi è avvezzo alla letteratura femminista. Potrei citare Andrea Dworkin, o – come spesso faccio – Susan Faludi, ma l’espressione è ormai entrata nel gergo condiviso da chi si occupa di discriminazione di genere, per indicare quelle politiche e quei fenomeni sociali (fra i quali, appunto, la violenza domestica) che affondano le radici nella misogina che permea ancora la nostra società.

La guerra contro le donne non è una guerra condotta in modo convenzionale, al punto che è impossibile individuare due opposti schieramenti: chi è il nemico, chi sono gli alleati, dove ci si arruola, in che modo si possono imbracciare le armi per diminuire la quota delle donne che patiscono e muoiono ogni anno?

Già in passato abbiato discusso qui di come il mio personale approccio alla questione, invece, sia ispirato anche dalle teorie sulla lotta non violenta.

Ciò non toglie che resto in grado di fare un distinguo tra la frustrazione della fazione che conta cento vittime contro una, e l’indignazione di quelli che non vivono nella paura a causa del loro sesso grazie all’enorme mole di violenza che altri uomini scatenano contro le donne di questo paese.

Non sono qui a giustificare l’inopportuno giubilo di chi gioisce delle ferite altrui, perché se è vero che ancora le donne faticano a vedersi riconosciuto la status di esseri umani al pari degli uomini, è mia opinione che non è agitando a casaccio una roncola che si può davvero risolvere questo millenario problema.

Ma vorrei invitare quelli che indignano a riflettere sul fatto che la rabbia è, in questo caso, una reazione fisiologica all’oppressione. Una reazione sbagliata quanto volete, ma non è la stessa rabbia che anima la mano dell’oppressore e nutre il suo livore contro le vittime della guerra alle donne.

Vorrei invitare alla riflessione anche le donne che usano la loro rabbia per incitarsi a vicenda alla violenza indiscriminata: la rabbia, se diversamente incanalata, può trasformarsi da squallido trolling in rete a potente fonte di energia al servizio del progresso e del cambiamento.

Siete arrabbiate, e lo comprendo, allora trasformate quella rabbia in qualcosa di costruttivo, invece di farne cartucce per chi pensa che questo spazio, come altri luoghi del web che trattano di queste tematiche, non dovrebbe esistere.

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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49 risposte a La misandria?

  1. ferrara2835 ha detto:

    articolo sobrio, realistico, centrato in pieno, completo, esaustivo… abbastanza oggettivo da raccontare la cronaca ed abbastanza soggettivo da raccontare i sentimenti…
    per tutto l’ articolo, dall’ inizio alla fine, e specialmente la fine che spinge ad atteggiamenti costruttivi, davvero i miei complimenti!

  2. Paolo ha detto:

    sono d’accordo. (i coniugi che uccidono l’altro sono una minoranza ma all’interno di questa minoranza purtropo gli uomini sono di più)

  3. bob ha detto:

    Oh, ma tu guarda, l’articolo non contiene nemmeno il nome della donna.
    Oh, vedi tu, è finito in una sottopagina della sottocategoria Sicilia del Gazzetta del Sud, non in prima pagina sul Corriere della Sera o sul Tg1 delle 20.
    Strano, eh?

  4. ferrara2835 ha detto:

    per bob e il ricciocorno… stiamo di nuovo cominciando col sarcasmo?

  5. ... ha detto:

    L’articolo sarà pure impeccabile, ma di fatto è perfettamente inutile per comprendere cosa è avvenuto. Il che va bene come prima notizia, dato che nessuno al momento è in grado di saperne di più, ma se dovessimo indagare sarebbe necessario farsi delle domande. Domande su chi sono le due persone, su cosa è successo prima del fatto e su cosa potrebbe aver portato all’accaduto, come si fa per cercare di spiegare qualsiasi omicidio. Cosa che comprende le seguenti ipotesi: vendetta, gelosia, legittima difesa, rabbia dovuta alla perdita di controllo, follia, eccetera. Tutte cose che accadono alle persone. Potrebbe anche darsi che la donna volesse pareggiare i conti dopo aver letto Susan Faludi, che ne sappiamo…

    • ferrara2835 ha detto:

      capire “cosa” e capire “il cosa” non e la stessa cosa… persino con gli attentati di mafia spulciati per anni dagli investigatori, oltre un certo “livello” di analisi e di comprensione non si va… come correttamente detto in tutte le pagine di questo blog
      “Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7/03/2001. ”
      … quindi non e compito del ricciocorno fare capire “cosa” [fatti] e successo o fare capire “il cosa” [dinamiche] sia successo… ma creare spunti di riflessione…
      in questo caso, ad esempio, il tema centrava sulla asimmetria sessuale tra gli articoli di violenza maschio>femmina e quelli di violenza femmina>maschio…
      sarebbe opportuno non allargare eccessivamente il range del dibattito e restare all’ interno di questo tema, oppure chiedere ulteriori pagine al ricciocorno per analizzarne ulteriori aspetti…

      • ... ha detto:

        Santi numi, pure il disclaimer. Quello che chiami “il cosa” è il perché, che fa parte dei cinque punti cardine del giornalismo. Immagina articoli su magistrati che saltano casualmente per aria con la scorta e esercizi commerciali che esplodono e articoli che si limitano a registrare tali fatti. Be’ in effetti c’è stato un tempo in cui non era scontato parlare di mafia. Se leggi bene vedrai che non ho chiesto a Riccio di dirci cosa è successo, ho appunto commentato il suo commento, sul ritenere impeccabile un articolo che ci dice molto poco, preso come esempio di come si dovrebbe parlare di questi fatti? No, perché agli articoli che parlano di femminicidi si contesta il frame passionale, ma per sostituirlo col frame della violenza di genere, mica per avere un giorno articoli che ci dicano che “un uomo ha ucciso una donna e fine”. Per questo trovo curioso lodare che non abbiamo letto ciò che di solito leggiamo a parti invertite, come se fosse di per sé sbagliato fare certe ipotesi, e non il livello di accortezza e la deontologia che chi fa il giornalista dovrebbe avere. Sostituire ideologia con altra ideologia nel giornalismo non va bene.

      • Mi sembrava di aver spiegato chiaramente perché l’articolo è impeccabile, e il motivo certo non è la carenza di informazioni. L’articolo è impeccabile perché non risolve il problema della carenza di informazioni coi cliché tipici della narrazione della violenza, ad esempio accennando alla “follia” – un termina spesso usato a sproposito per descrivere un delitto efferato, atteggiamento deprecato dagli esperti del settore: https://www.ilsole24ore.com/art/salvini-contro–malati-psichiatrici-dura-reazione-psichiatri–AEDB8gJF?refresh_ce=1&fbclid=IwAR2F45_EjJeLMh1V5XNJL1M3a3Hx3Ud3QzKBHz1nL5U47wqCb6PpGu4vzQ0 – o a deprecabili espressioni come “amore malato”.

      • Con un link rimandavo ad un’altro esempio, questo: https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/01/21/trappola-chiara_pzZv2u66IwAkHFkfGAChwJ.html?fbclid=IwAR06ig0zOv3chPiHydmlzvl0puMdNgrIXW1-Qo9HBpDZ_Rf2TaT6HHGGV3k
        A proposito dell’omicidio di Stefania Crotti, non si parla di raptus, ma di “trappola mortale”.
        Si riporta la tesi difensiva dell’assassina, ma si chiarisce che le prove non la supportano: “La ricostruzione, però, non sembra aver convinto gli inquirenti, secondo cui alcuni elementi di indagine tenderebbero a far ritenere il delitto premeditato e pianificato in precedenza.”
        Né gelosia, né amore, né depressione o sconforto, evocati con toni melodrammatici allo scopo di giustificare un gesto per il quale non possono esserci giustificazioni.
        Nessuna intervista a vicini e parenti disposti a raccontare che bella persona fosse l’assassina.
        Questo, purtroppo, accade di rado. Ci tocca leggere roba che non ho paura a definire delirante, come questa: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/24/chieti-avvenire-e-lonore-al-soldato-caduto-chiamiamolo-col-suo-nome-femminicida-e-infanticida/4378808/

      • ferrara2835 ha detto:

        giustissimo… la logica del “chiodo scaccia chiodo” non va… ma se per evitare la simmetria ci continuiamo a tenere i femminicidi senza parlare di maschicidi, allora finiamo con l’ appoggiare i giornalisti, non le vittime… se poi un magistrato salta in aria per un attentato di mafia, questo ha le sue logiche come pure un impianto di gas difettoso che fa saltare in aria la casa del magistrato senza che la mafia ci entri niente…

      • “se per evitare la simmetria ci continuiamo a tenere i femminicidi senza parlare di maschicidi…”: non ho capito.

      • ferrara2835 ha detto:

        … dal punto di vista giornalistico, dice “…”, non dobbiamo trovare scritta la notizia della morte di un maschio come se fosse un femminicidio ribaltato…

      • Ma la definizione di femminicidio non è dovuta soltanto al sesso di aggressore e vittima, né tantomeno alle dinamiche della relazione sentimentale fra i due, presuppone un contesto più ampio, che è la discriminazione di genere. Senza il contesto, non si spiegherebbe l’enorme differenza nei numeri.

      • ferrara2835 ha detto:

        beh… allora una donna che uccide o tenta di uccidere la amante del marito? considera il marito un oggetto, ma uccide la femmina con cui lui andava a letto… femminicidio? o maschicidio col transfer?

      • E come si chiama l’omicidio della cugina o dello zio? Si dà il nome ad un fenomeno, non ad un evento.

      • ferrara2835 ha detto:

        infatti… alcuni omicidi hanno denominazioni specifiche al di la delle innovazioni recenti… uxoricidio, parricidio, marricidio… perche l’ atto violento contro l’ autorita non era solo un reato contro la persona ma contro l’ ordine sociale… uccidere un genitore o il coniuge era piu grave che non uccidere il proprio stesso figlio…
        a meno che l’ aggravante non fosse rappresentata dallo stesso stato di fragilita… in questo caso si parla di infanticidio, che pero non vale solo per il proprio figlio ma indifferentemente per tutti i bambini…
        a sto punto, denominazione per denominazione………………………………………………

      • ... ha detto:

        sì, ma non è che essere chiari esenti dall’essere contestati. Se qualcuno ne dovesse scrivere ancora dovrebbe andare oltre, e farsi delle domande. Domande sulla coppia e su tutto il resto. Da come scrivi sembra che tutto l’elenco di quello che secondo non dovrebbe esserci in un articolo del genere siano cose impossibili, che non c’entrano mai con fatti del genere, per cui non solo l’articolo è impeccabile perché non vi ha fatto ricorso, ma perché non sarebbe mai possibile farvi ricorso. Ma se la ricostruzione della trappola mortale, per l’altro articolo, è corretta, siamo di fronte a un cliché narrativo, perché i cliché non sono stati inventati, sono nati da storie umane. Il problema è applicarli senza ritegno per i fatti. La donna ha ucciso la sua rivale in amore oppure no? Sarebbe sbagliato chiedersi che persona sia? Non possiamo mai empatizzare con un assassino? Smontare e condannare certe narrazioni non implica negarne tutto il contenuto, così come fare riferimento all’amore e ai sentimenti degli assassini non significa giustificarne le azioni.

      • “Da come scrivi sembra che tutto l’elenco di quello che secondo non dovrebbe esserci in un articolo del genere siano cose impossibili”: no, da quello che scrivo si deduce che quelli elencati sono topoi letterari, luoghi comuni, utilizzati indiscriminatamente da chi si occupa di cronaca e non di letteratura, e lo scopo è appunto invitare il lettore ad empatizzare con il criminale. Certo, i criminali sono esseri umani, e non certo mostri ai quali negare quel minimo di pietas che dobbiamo a qualsiasi nostro simile, ma questo eccessivo indulgere sulle “ragioni” dell’assassino, porta alla sgradevole conseguenza di ritenerle buone ragioni. L’evidenza del fenomeno della colpevolizzazione della vittima è uno degli effetti di queste strategie comunicative, come pure la tendenza delle autorità competenti a giustificarne le azioni, il che garantisce agli autori la percezione di un certo grado di impunità. Ci sono sentenze che hanno fatto scandalo, non puoi negarlo.

      • ferrara2835 ha detto:

        non facciamo fare alla gente un mestiere che non le appartiene…
        – le forze dell’ ordine raccolgono prove
        – il gip formula ipotesi
        – gli eventuali periti formulano refertazioni
        – il magistrato si fa una idea su tutto e decide
        —–
        in tutto questo al giornalista tocca solo il raccontare quello che trapela… se con le sue ipotesi entrasse nel dibattito o nella fase inquirente rischierebbe di far condannare un innocente o prosciogliere un colpevole… ricordiamoci del caso tortora, e di quanto marciume giornalistico si servi del caso ai danni di un loro stesso collega…
        —–
        certo, esistono anche nei giornali o nei telegiornali degli spazi di approfondimento, ma la tradizione giornalistica e la deontologia prevedono che stiano “confinati” in ambiti isolati e ben riconoscibili, come la “terza pagina” di un giornale o l’ “editoriale” in un telegiornale… in quello spazio IL GIORNALISTA NON PARLA DA GIORNALISTA MA DA SEDICENTE ESPERTO DI ALCUNI SETTORI del caso [non sto urlando, solo evidenziando…]
        —–
        a sto punto, caso per caso, non limitiamoci a fare un discrimine [nel senso di classificazione] in base al sesso della vittima e/o del carnefice… cominciamo a valutare il sesso del o della giornalista, del caporedattore o della caporedattrice, del direttore o della direttrice… cominciamo a chiederci attraverso quanti “filtri mentali” una notizia viene fatta passare prima che arrivi a noi…

      • Antome ha detto:

        In breve, in base alla definizione di patriarcato come di tutti gli uomini come privilegiati rispetto a tutte le donne perchè gli uomini devono andare in guerra, fare lavori pericolosi, etc. non sarebbero patriarcali nemmeno le teocrazie islamiste.

      • ferrara2835 ha detto:

        … anche in questo caso confondiamo “cosa” e “il cosa”… patriarcato significa solo che la figura paterna, che gestisce il patri-monio, gestisce anche la vita di chi con esso viene sostentato…
        ci sono dei maschi che amministrano in modo dittatoriale, maschi che amministrano in modo condiviso, maschi che invece amministrano in modo delegativo, maschi che non hanno nulla da amministrare perche sono precari da una vita e maschi felicemente single che amministrano solo se stessi… sono tutte patriarcato [“cosa”] ma hanno tutti cause, organizzazioni e conseguenze differenti [“il cosa”]
        a questa differenza di organizzazioni, corrispondono anche ruoli differenti della donna nel nucleo familiare… vittima se il padre e un dittatore, socia se il padre e un condivisore, complice se il padre e delegativo, surrogante se il padre non ce la fa o assente se nel nucleo neanche ci sta…
        quindi, ad un ruolo rappresentativo dell’ uomo non deve per forza corrispondere un ruolo subordinato della donna…
        nelle famiglie ebree, l’ uomo comanda sul nucleo familiare, ma solo la madre puo trasmettere l’ appartenenza ebraica ai figli, e solo la madre puo consacrare l’ inizio dell’ osservanza del sabato…
        quindi non occorre arrivare per forza al conflitto, o al matriarcato [che pure esiste nel mondo] per garantire alla donna un ruolo centrale negli equilibri familiari…
        [wow! ho scritto tutto minuscolo]

      • ferrara2835 ha detto:

        poi, ANTOME, se lo fai apposta a travisare, dimmelo chiaro…
        ma se mi si sta a fare il pelo sulle differenze tra “potesta” e “responsabilita”, perche anche io non devo essere “aderente” al diritto ed alle prassi abituali delle nostre parti?
        il vecchio diritto di famiglia, di origini romane, viene ripreso in varie forme durante i secoli, ma esiste da circa 28 secoli… pensare che una riforma di legge in gran parte non condivisa dalla gente possa cambiare cultura alla popolazione da un giorno all’ altro mi pare totalmente “fuori” da ogni realismo…
        HO FATTO PRESENTE CHE SO CHE ESISTONO SOCIETA EQUILIBRATE ED ANCHE SOCIETA MATROCENTRICHE… ma se la nostra societa resta ancora patrocentrica, o troviamo soluzioni pratiche ED ATTUABILI, oppure stiamo solo vagheggiando… ci si muove sempre partendo da dove ci si trova…..

      • Antome ha detto:

        Il punto sarebbe quindi che i singoli patriarchi possono essere magnanimi, ma il problema, mi sembra fosse, dappertutto, l’arbitrio, se l’uomo era dispotico all’interno di questo nucleo, si poteva fare ben poco e comunque è sbagliato perchè anche una donna vuole poter partecipare alla società.
        Poi non credo che vedresti bene, per il bambino, una società dove la donna per dipendenza legale ed economica deve subire un marito violento.
        Anche viceversa, chiaro, ma qui parliamo di patriarcato.

      • Antome ha detto:

        Comunque assumendo da parte tua un discorso che ricerca la soluzione migliore.
        Non so potestà sarebbe proprietà, comando, proprio ciò che tu affermi essere foriero di una cattiva educazione e un modo sbagliato di concepire l’essere genitori.
        Quello che ho detto io prima è che la ribellione a questo modello viene dal fatto che questo non solo genera e generava abusi da cui non si era tutelate e a cui si doveva sottostare, senza che questo significasse, appunto come dicevi tu, che in ogni famiglia la donna venisse sottomessa, ma era per gentile concessione. Se è per quello c’erano anche le donne forti che vessavano gli uomini miti o li dominavano pure allora, ma non credo che questo smentisse l’impianto generale della società patriarcale.
        Tu mi dici che traviso e poi però riaffermi che questa società non si cambia dall’oggi al domani. Cosa non si cambia? Perchè se ti riferisci alla situazione odierna, ciò è il frutto di diverse lotte appunto contro molti capisaldi dell’ordinamento patriarcale. Suggerisci che non si doveva o che non si deve? Perchè anche allora la gente non era pronta, come diceva anche Berlusconi per le presidenti donna.

      • Antome ha detto:

        Non avevo visto il tuo nuovo commento.
        Quindi se ho bene inteso, una società è organizzata in modo patriarcale nel senso che comanda il marito, si è dipendenti da esso economicamente e c’è una tradizionale divisione dei compiti e il tutto non sta bene ad una delle due parti in causa, perchè queste cose si fanno in due, preferisci che rimanga in piedi una struttura sociale e culturale che faccia pressione sulla donna? Qui ti rimetti al volere del popolo, presunto tra l’altro e sempre in bocca a chi ha visioni autoritarie e te ne lavi le mani? Se una legge o un sistema di leggi è ingiusto per le parti in causa si deve cambiare il prima possibile, fare disobbedienza civile, protestare, così le cose sono cambiate.
        Comunque il cambiamento non starebbe iniziando da un giorno all’altro, le leggi sul divorzio sono venuti dopo quelle contro il ripudio, i matrimoni riparatori e culturalmente e simbolicamente i delitti d’onore e lo stupro come reato contro la persona sono stati gli ultimi a cadere. Che si deve fare, dire pazienza così stanno le cose e nel frattempo subire.
        Altro esempio per assurdo, quanto dovevano aspettare di più i neri e Martin Luther King con questo discorso?
        Il bello è che neanche so come rispondere perchè il “bersaglio” del discorso è troppo vago e sfocato, sai solo che è vagamente e allusivamente retrogrado quindi grossomodo sbagliato :).

      • ferrara2835 ha detto:

        la risposta e chiarissima… tra situazione ideale e situazione reale la differenza ci sta… nella costituzione di nuovi nuclei familiari occorre attenersi a principi di uguale dignita ed interscambiabilita di ruoli…
        ma se ci troviamo davanti ad un nucleo familiare esistente ed incancrenito, dobbiamo giudicare in base a principi ideali o valutare persone e circostanze per come sono realmente?
        questo blog nasce e si sviluppa attorno ad un tema: uomo fisicamente forte e violento che picchia la “sua” donna…
        questo puo forse avvenire in famiglie matriarcali o equilibrate? no! noi ci stiamo occupando di famiglie deviate, in cui la eccessiva patriarcalita destabilizza il rapporto di coppia… quindi affrontare forme familiari in cui questo tipo di violenza non ci sta???
        quando il ricciocorno, per evidenziare la centralita femminile, aprira un blog sulle famiglie della seconda guerra mondiale, con maschi assenti o invalidi di guerra, e donne forti e volitive che gestivano tutta la famiglia, li io parlero di famiglie matriarcali…

      • Antome ha detto:

        Ah ok, non avevo capito che ti stessi riferendo a nuclei familiari esistenti, pensavo che stessi argomentando contro il cambiamento e la ribellione ad un modello familiare o sistema culturale patriarcale perchè a tuo dire fosse ancora sentito dalla popolazione, non si può andare contro la volontà popolare etc.
        Ok ora è più chiaro te ne do atto :).

      • ferrara2835 ha detto:

        REGOLA 1: se ti fai megafono del pensiero altrui, hai rinunciato a pensare il tuo
        REGOLA 2: scegli sempre la soluzione piu “interruttiva”, impedira al problema di ripresentarsi!
        REGOLA 3: qualunque forma di continuita applicata al bene lo valorizza, applicata al male ci rende conniventi!

        mentre chiunque altro in questo blog puo dire “secondo me” e capire che in altre circostanze il criterio si potrebbe non applicare… io invece esplicito tutte le difficolta SUCCESSIVE alla separazione, e dico che nessuno ha il diritto di imporle al figlio… la mia visione delle cose e necessitata dai fatti, non opinabile in base alle circostanze!

        quindi, se si sa di essere nel giusto, meglio saccenti, disprezzati e inscalfibili, che accondiscendenti, mediocri e incoerenti

    • Antome ha detto:

      E’ interessante, diverse letture di uno stesso aspetto, l’asetticità dell’articolo, può essere visto come equilibrato ed il modo giusto di scrivere un articolo, oppure come liquidatorio o nel caso di Bob, ci si concentra sull’aspetto della possibile minore rilevanza mediatica come misandria o “empathy gap” ovvero lo “spread” tra la possibile empatia nei confronti delle donne e la percepita talvolta tale talvolta no minore empatia verso la morte di un uomo, spesso strumentizzata contro il femminismo nonostante le cause siano quando succede parte degli stessi motivi per cui le donne erano emarginate dalla società.
      Se poi ci aggiungiamo l’odio e la mancanza di empatia degli uomini in presunta reazione a questa percezione.
      L’omissione del nome della donna è vista come una sua protezione, quindi bias a favore della donna, contro idea di bias pro maschile nel minore ricamo di dettagli. E’ rilevante a tal proposito se tali dettagli siano quelli elencati dal Ricciocorno, ovvero l’enfasi sulla possibile normalità della vita di coppia fino ad allora, su che lui fosse impazzito o abbia avuto un raptus.
      Certamente però dice bene …, è importante capire se tutto ciò è in seguito a forti percosse, minacce di morte. E anche quando accade al maschile è un poco diverso, in tal caso, dal femminicidio della donna che si vuole controllare e possedere.
      Se una donna che uccide la rivale considera l’uomo un oggetto, forse, ma un oggetto che può sfuggire al suo controllo, lo stesso un uomo che uccide il rivale. Il rivale attenta alla cosa propria, sebbene abbia notato che entra in gioco più spesso in tal caso anche un fatto di protezione fisica, che pure non in tutti a casi porta ad omicidio.
      “non osare toccarla”.
      Poi “la donna è mobile”, ma anche “l’uomo è mobile” li sotto, entrambe le trope sono ben presenti, e il bello è che tutto ciò coesiste con la compresenza della cultura patriarcale a meno di non voler affermare che le leggi ancora presenti in Arabia Saudita e Iran, il ripudio, etc . non abbiano a che fare con il patriarcato. Hanno a che fare eccome con il femminicidio. Oppure è vero che come dicono alcuni uccidono anche gli uomini adulteri nella stessa misura e “i media femministi” non vi danno rilevanza.
      Fermo restando che è un fatto storico che i Warren Farrell e la schiera di uomini da lui influenza non possono negare. Ma una lettura distorta può essere confezionata in una realtà che i media percepiti come femministi, tal volta per una questione di priorità, danno meno risalto, il fraintendimento per cui patriarcato = potere degli uomini e di tutti gli uomini, quindi demonizzazione degli uomini a cui contrapporre come se fosse una negazione, che gli uomini potenti erano ben pochi.

    • Antome ha detto:

      Beh non c’era dubbio che i tuoi fossero indiscutibili fatti scientifici e tutti noi solo chiacchiere :).
      Galileo’s gambit

      • ferrara2835 ha detto:

        siamo alle solite per cui parlate AL POSTO MIO e non CON ME? io non ho detto che le cose dette dagli altri siano “solo chiacchiere”… se io mi affaccio al balcone e vedo le auto passare non ho il diritto di dire che i motoscafi non esistano… qui pare che solo per il fatto che vediamo madri biologiche affezionate al figlio non possiamo affermare il contrario…
        la contraddizione e palese quando io dico che voi affermate che tutte le madri biologiche siano idonee e voi dite di non averlo mai affermato…
        a sto punto semplifichiamo tutto: DOMANDA NETTA… potete certificare, a nome e per conto di TUTTE le madri biologiche del mondo, che TUTTE possano garantire ai figli una crescita sana e serena?
        se la risposta alla domanda e si, io non intervengo piu…
        se la risposta non e si, qualunque essa sia, TOGLIERE LA MADRE AL FIGLIO lo DOVETE considerare come possibilita migliorativa…
        la ragione non me la do da solo, ma le continue smentite e contro-smentite che vi fate da sol*
        … stiamo facendo un dibattito da settimane, ed io ho sempre affermato che un giudizio in cui “innescano” fattori affettivi non sia un giudizio obbiettivo… se le mamme che scrivono in questo blog sono delle buone mamme io sono contento per loro e per i loro figli… se qui ci stanno donne cui la natura o la legge hanno reso impossibile la maternita mi posso dispiacere per loro e posso capire il loro moto “viscerale” che voglia tutelare ogni forma di maternita…
        SOLO CHE LA MATERNITA NON VA VISTA IN MANIERA CORPORATIVISTICA O SINDACALE…
        il conflitto di ruolo non sarebbe piu con il padre ma con i figli! ed il discorso si snaturerebbe notevolmente…
        nessuna donna deve difendere un’ altra madre IN QUANTO MADRE… un soggetto debole va difeso in quanto soggetto debole, MA SOLO IL FIGLIO PUO DIRE SE SI SENTE BENE CON SUA MADRE, MAI UN’ ALTRA MADRE!
        ecco dunque la differenza di approccio tra me ed il resto del blog… tutti si fermano al “fino al”… uniti fino alla separazione, botte fino all’ uscita di casa, solitudine fino alla denuncia…
        io invece stravolgo tutto e dico “E POI?” … se il cammino del bimbo deve essere focalizzato verso un futuro da costruire, il cammino della madre deve essere proiettato su un passato da capire…
        il bimbo deve pensare “che brutto passato, meno male che e TUTTO finito”
        la madre deve pensare “come mai ho fatto entrare quest’ uomo nella mia vita? sono stata “colpevole” o raggirata? in che fragilita o vuoti mi sentivo compensata? perche vedevo l’ odio come amore?”
        SONO DUE PROSPETTIVE E DUE CAMMINI SEMPLICEMENTE INCOMPATIBILI! nessuno dei due puo stare nella vita dell’ altro senza che ne diventi zavorra e che ne rallenti il percorso di crescita… lasciare il bimbo con la madre andrebbe bene in QUALCHE CASO, toglierglielo va bene in TUTTI I CASI…
        la mia posizione, anche in questo caso argomentata, resta questa!

      • “se la risposta alla domanda e si, io non intervengo piu”: così ci tenti… non è corretto.

      • ferrara2835 ha detto:

        e se questo, invece, appare un modo orgoglioso di dire che il “SI” non si puo dire, invece ho “vinto” io… quindi e moooolto corretto… la forza della verita deve vincere lo strapotere di opinioni corporative, la forza della ragione deve vincere lo strapotere di una emozione temporanea che pero da luogo a danni permanenti, la forza della scienza deve vincere lo strapotere di chi, pensando di vincere contro il violento gli da l’ ultima vittoria!
        lasciare il figlio alla madre significa tenere lei ancora legata al padre…
        quindi solo una spietatezza giusta ed equilibrata che veda le esigenze di tutti ma non si lasci condizionare da nessuno potra vincere contro la violenza del carnefice, contro la fragilita della vittima, contro le paure del bimbo, ed offrira a tutti, IN PERCORSI SEPARATI, percorsi di “guarigione” e riabilitazione

      • Questo commento è incomprensibile. Spero vivamente sia l’ultimo, visto che ti ritieni “vincitore”.

      • Antome ha detto:

        No, sei disonesto come al solito, senti chi parla, sei tu che parli come se ci fossero solo quelle non affezionate al figlio e che tutte quelle che si comportano secondo i tuoi vaghissimi criteri non lo siano, non noi che affermiamo che esistano solo quelle affezionate, a questo punto fai apposta, ma chiunque abbia la pazienza di seguire i commenti può testimoniare.

      • ferrara2835 ha detto:

        traducendo la tua posizione…
        1. sappiamo che la madre e una vittima… se poteva reagire avrebbe reagito…
        2. nooooo ma la madre e forte! fa da parafulmine affettivo e puo condurre il figlio alla maggiore eta…

        3. sappiamo che non sempre la madre biologica ha un reale sentimento di affetto verso i figli…
        4. nooooo… sono cresciuti con lei, glieli DOBBIAMO lasciare…

        5. sappiamo che il padre carnefice va totalmente tolto dalla vita della madre…
        6. nooooo ma alla madre dobbiamo lasciare il figlio di quel padre

        7. sappiamo che la madre deve imparare a non farsi piu maltrattare da altri uomini
        8. noooooo… chiudiamola in una logica diadica e chiusa, e aspettiamo che impari

        9. sappiamo che da sola la madre puo gestire una famiglia…
        10. ma la dobbiamo lasciare senza tutele sociali e protezioni?

        senza contestazioni mie o forme di disonesto dibattito, ritieni di essere scientifica, coerente, produttiva di cambiamenti?
        —————–
        io, piu lineare…
        1. sappiamo che la madre e una vittima… se poteva reagire avrebbe reagito…
        2. ma il figlio deve imparare a reagire, e non puo farlo con lei

        3. sappiamo che non sempre la madre biologica ha un reale sentimento di affetto verso i figli…
        4. quindi non basta essere madre per essere LA madre

        5. sappiamo che il padre carnefice va totalmente tolto dalla vita della madre…
        6. e dalla vita del figlio no?

        7. sappiamo che la madre deve imparare a non farsi piu maltrattare da altri uomini
        8. quando avra imparato sara una buona madre… intanto no!

        9. sappiamo che la madre da sola puo gestire una famiglia…
        10. vero? allora perche per denunciare ha avuto bisogno di pressioni???
        —-
        sono coerente, lineare, a tal punto che la logica “STRETTA” mi impedisce di ipotizzare altra coerenza che questa… come sempre non sono io che sono rigido, ma l’ interesse prioritario del bimbo che esclude l’ interesse egoistico della madre …

      • https://left.it/2019/08/25/affido-familiare-la-legge-va-migliorata-si-sa-che-non-funziona/?fbclid=IwAR0kH_2Xn1qPpUngaThuJyYA6DaBggjOQIJyHNWy80pdNI44402H9OzMjrM
        “Essendo io uno psichiatra degli adulti di solito vengo chiamato per la perizia o la valutazione dei genitori. In alcuni casi sembrano brave persone, in altri invece era solo uno dei due quello con problemi (tossicodipendenza, etc), ma i figli sono stati lo stesso levati a tutti e due anche quando la madre cercava di tutelarli”… A me sembra che classifichi quest’ultima scelta come un grossolano errore.

      • Antome ha detto:

        Non è per nulla lineare la tua posizione. Già non è molto lineare la vita relazionale.
        Fino ad adesso non si tolgono i figli a genitori, per dire vittime di truffe o addirittura di cartomanti, sicuramente nella tua illuminata idea penserai che sarà il caso e capisco la tua logica, evidentemente binaria aprioristica e tranchant, per cui una persona debole sarà un genitore inadatto.
        In breve no non tutte le madri sono idonee, ma una che lo è può esserlo anche da sola.
        Poi che linearità c’è nel dire “sì ma c’è questo esempio di donna che ha avuto bisogno di pressioni per denunciare” come risposta alla tesi? E’ un non sequitur in quanto la tua tesi non è non ci può essere un genitore unico se questo è inadatto, bensì che è psicologicamente pericoloso per il figlio.
        Ora, tornando al concreto ci vorrebbero indagini per capire il legame con, cosa ci interessa di come cresce un figlio? Che non diventi un bulletto, razzista, irrispettoso, sessista, un prevaricatore o una persona che non si assume le responsabilità. Sì sull’altro lato dello spettro dirai anche un “debole” un succube. Quanto di questo dipende dall’aver avuto una madre single e l’essere stati allontanati da un padre abusante?

      • ferrara2835 ha detto:

        … E SI CONTINUA A NON VOLER CAPIRE… se devo obiettare a posizioni contraddittorie, peraltro parecchie volte evidenziate, ovvio che devo mostrare le contraddizioni intrinseche portando all’ estremo le posizioni che obietto, quindi le contraddizioni che trovi nei miei commenti non partono da me… le MIE posizioni sono lineari:
        – il bambino ha bisogno di confronto ed arricchimento affettivo… NESSUN RAPPORTO DIADICO CONSENTE QUESTO!
        – il bambino ha bisogno di costruire il suo futuro affettivo sapendo che TUTTO il periodo violento sia definitivamente finito… AVERE ANCORA CONTATTI CON PERSONE DI QUEL PERIODO NON PERMETTE QUESTO!
        – il bambino ha bisogno di capire che la vera normalita sta nell’ amore… NESSUNA PERSONA CHE VIVE DI PAURE PUO TRASMETTERE QUESTO!
        … per come la giri la giri, anche se la mamma del bimbo fosse come persona la migliore mamma del mondo, LA SUA PRESENZA NELLA VITA DEL BIMBO E INCOMPATIBILE CON LA CRESCITA AFFETTIVA DI QUEST’ ULTIMO!… non parlo e non giudico le singole persone… ancora come da sempre giudico malata LA RELAZIONE CHE LE UNISCE, quindi mi pare unica soluzione rompere il legame…
        sei in condizione di garantirmi che per tutto il tempo in cui il figlio sta ancora minorenne la madre non si metta con un altro uomo altrettanto o piu violento? una donna che ha certe “deviazioni affettive” resta sempre a rischio fino a che non finisce il percorso di rieducazione affettiva… quindi finche non e “guarita”, non puo assumere su di se alcuna responsabilita riguardo a terzi, neanche quella genitoriale riguardo al suo stesso figlio!

        per la cronaca: mi sembra sgradevole al momento continuare a scrivere in questo blog in assenza della titolare che ha la RESPONSABILITA MODERAZIONALE… ti immagini questo blog essere un “figlio digitale” con la madre malata? che fa la madre? lo mette a letto fino a quando non torna a stare bene? per giorni o settimane? o lo mette davanti alla tv col frigorifero pieno di roba?
        la cara ricciocorno ha preteso, qui come in famiglia, la insostituibilita! noi non possiamo autogestirci, ma neanche lei ha avuto il coraggio di consegnare il “figlio” ad un’ altra persona di cui magari si fidava… ricciocorno non e un cattivo blogger… ricciocorno non e un ex blogger… ricciocorno e un buon blogger CHE NON PUO SVOLGERE LA SUA FUNZIONE anche se resta un buon blogger… ma, se ha figli, come si sarebbe regolata? prevedere la propria sostituzione diventa un atto di grande coraggio, e trasforma il “LEGAME” in “RELAZIONE”… meglio essere amate e ricordate come buone ex mamme, che odiate dai figli come madri-zavorra…

      • Antome ha detto:

        Forse era un estremo, ma le cose che ribadisci sono tutte molto discutibili, smontabili appunto per assurdo, sia l’idea che non si debba essere in contatto con le persone post trauma, il contatto con la vittima non è sullo stesso piano. Parli di rompere il legame, mi pare di capire per sempre, ma che sia la soluzione migliore non mi sembra pacifico, in ragione di un problema temporaneo.
        Il resto sul blog non capisco cosa c’entri.

      • ferrara2835 ha detto:

        i meccanismi con cui funziona la affettivita non sono meccanismi logici ma sono meccanismi simbolici… poi, ovviamente, nella fase di elaborazione razionale, la logica interviene per risistemare tutto, e per ricollocare tutto in un sistema esperienziale coerente…
        ci stanno luoghi, tempi, E PERSONE “evocativi”… non necessariamente per colpa loro, ma restano pur sempre “evocativi”…
        se io, oggi, vado in un campo di concentramento, ed incontro degli ebrei, penso che sono delle vittime e dei sopravvissuti… ma magari qualcuno di loro invece proviene dagli stati uniti e non ha mai avuto nessun parente rinchiuso nei campi… analogamente, se incontro li un tedesco, la mia testa lo sa che non puo per ragioni generazionali aver lavorato per il terzo reich, ma io lo associo comunque al popolo dei carnefici…
        quando qua dentro tutti parlate di garantire una continuita affettiva al bambino, date per scontato che il bambino possa distinguere nei suoi ricordi il passato vissuto con la madre dal passato vissuto con il padre, il coinvolgimento anaffettivo vissuto con il padre ed il coinvolgimento affettivo vissuto con la madre… brutto a dirsi: SEMPLICEMENTE NON E COSI!!!! il bimbo va a periodi, va a luoghi, contestualizza, ma in una epoca del suo sviluppo mentale in cui sta ancora costruendo le sue mappe spazio-temporali… un ricordo bello rende bello tutto il contesto e le persone che ci stanno dentro, MA UN RICORDO BRUTTO RENDE “BRUTTO” IL CONTESTO E LE PERSONE CHE CI STANNO DENTRO!… guardate che e lacerante, per un bimbo, provare ambivalenza, quando ancora non ha maturato criteri di elaborazione… una madre che gli ricorda ad un tempo protezione ed urla, affetto ed aggressione, coccole e violenza… una madre da volere bene e da odiare nello stesso tempo! una madre che costantemente ti mette in faccia il suo affetto, ma che coi suoi lividi ti ricorda che non hai saputo proteggerla…
        e, COME SEMPRE, ritorno quindi a dire che NULLA NEL MIO SCRIVERE GIUDICA LA MADRE IN QUANTO DONNA, ma tutto comunque deve farci ricordare che lei non e madre, ma donna con figli… AVERE UNO O PIU FIGLI FA PARTE DELLA SUA VITA, MA LI NON SI ESAURISCE TUTTA LA SUA VITA… la stessa testa che la porta a volere per se il figlio, e la stessa testa che la ha portata a volere per se il compagno durante tutto il periodo di violenza… il suo cuore che ama il figlio, e lo stesso cuore che considera amore la violenza che le arriva dal suo uomo… MADRE GIUSTA MA DONNA SBAGLIATA!… mettiamola cosi, e non si offende nessuno… perche tanto che ci sia bisogno di un reset affettivo qui risulta comunque chiaro a tutti…
        se analizziamo il tutto con le “vostre” logiche, si tratta di un momento temporaneo… le violenze finiscono con la fine del rapporto di lei col padre… e prima o poi anche le terapie finiscono… giusto, MA VISTA COSI CONTINUIAMO AD ESSERE MATROCENTRICI! vediamola dalla parte del “bimbo”… anche per lui tutto e temporaneo: a 18 anni i nostri discorsi comunque decadono… ma cosa garantiamo al bimbo dall’ oggi alla maggiore eta? una “continuita” amministrativa? una “continuita” genitoriale? NO! UNA “CONTINUITA” AFFETTIVA, una “continuita” della memoria…
        in una relazione diadica stretta in cui la affermazione di uno comporta necessariamente la “soppressione” dell’ altro! [“soppressione”, nel senso “simbolico” del termine!]…

        faccio notare che IN TUTTI I CASI IN CUI QUI SI PARLA DEL DIRITTO DELLA MADRE A TENERE PER SE IL BIMBO, il bimbo automaticamente “sparisce” dal discorso come individuo… resta come “legame”… pare che, semmai, sia la madre a non potersi separare contemporaneamente dall’ uomo e dal figlio… NON PIEGHERO MAI LA MIA LOGICA E LA MIA PROFESSIONE A CRITERI BASATI SU EGOISMI AFFETTIVI che “sopprimano” il bimbo…

        e se lui ha bisogno di “aria nuova”, non gliela possiamo garantire con “persone vecchie”!

      • Il bambino quale? Il bambino di 2 anni, quello di 6, quello di 11, quello di 14 anni? Di quale bambino stai parlando? Del neonato, del bimbo che gattona, quello che canta il coccodrillo come fa, del bambino che frequenta le terza elementare, quello che a breve entrerà nella pubertà? La tua professione si basa sull’idea che esista un unico bimbo ideale al quale puoi appioppare le idee che ti tornano utili a supportare la tua tesi?

      • ferrara2835 ha detto:

        cari lettori,
        [mi] viene chiesto: di quale bambino stiamo parlando?
        in effetti dovremmo solo parlare della madre, e neanche di lei!
        per chi entra in questa pagina oramai lunga e con i commenti posti un po’ alla rinfusa man mano che venivano aggiunti, seguire tutto diventa parecchio complicato… per riassumere: prima domanda: in che modo occuparsi delle donne maltrattate dal compagno? su questo le posizioni del ricciocorno sono chiare: essere vittima significa automaticamente essere non-responsabile… quindi alla donna toccano tutte le tutele, ed il carnefice e solo l’ uomo…
        in una seconda fase viene notato che anche l’ uomo e stato figlio in contesto violento, quindi con una madre che non ha saputo impedirgli di crescere violento come il padre… qui spunta il corto-circuito… la donna vittima del compagno, resta in quanto madre corresponsabile della crescita degli eventuali figli… stranamente, quindi, il ricciocorno tutelando la nuora vittima finisce col considerare concarnefice la suocera vittima del suocero…
        ecco quindi che spunta una nuova relazionalita in questo dibattito: la tutela nel rapporto donna-uomo in che modo deve gestire la presenza di eventuali figli? ci stanno quattro posizioni… responsabilita genitoriale solo materna, ma come fa da sola una donna ad occuparsi del figlio se per tutta la vita ha lasciato che fossero altri [padre, compagno] ad occuparsi di lei? allora si tratta di un “da sola” anagrafico, ma poi devono agire comunque delle tutele esterne, quindi una presa in giro… viene nel dibattito citato anche il caso di una responsabilita genitoriale condivisa esercitata a turno dai due genitori: di solito la madre, ma quando sta male il figlio passa al padre… il ricciocorno si indigna del fatto che rispetto al figlio i due genitori possano interagire in maniera paritetica non essendo mai stati paritetici tra loro… faccio quindi notare che il padre non e solo un bancomat! se viene coinvolto economicamente rispetto alla crescita del figlio, deve poter dire la sua su come viene cresciuto e interagire con lui… senno ci troveremmo di fronte ad una altra “presa in giro” come quella menzionata sopra… qualcuno infine pone il problema che la madre sia da un punto di vista affettivo “malata”, ed azzarda che il padre, da genitore “forte”, sia l’ unico a potersi occupare del figlio… la ridda di polemiche su questo diventa in poco tempo parecchio lunga…
        la mia posizione, invece, pur in un dibattito sulla donna-madre, resta costantemente filio-centrica: entrambi i genitori sono collegati ad un periodo affettivamente negativo per il figlio, ed entrambi i genitori ricordano al figlio quel periodo… il problema se siano o meno bravi non me lo pongo, il problema se il padre forte gli sia utile non me lo pongo, il problema se la madre possa successivamente costruire un rapporto “altro” non me lo pongo… ma, A TUTTI, pongo una sola domanda: puo il bimbo avere un vissuto “nuovo” con persone “vecchie”? alla fine del rapporto intergenitoriale, ci sono cose della vita passata che possano entrare a far parte dei nuovi equilibri del bambino? la risposta e NO!
        la liberta non si costruisce sulla paura, l’ amore non si vive co0n logiche di possesso. il confronto non nasce in un legame diadico… la possibilita che persone della “vecchia” vita del bambino possano riproporsi in forma “nuova” semplicemente non esiste! il bambino ha bisogno di un contesto TOTALMENTE nuovo!!
        la contrapposizione con il ricciocorno quindi diventa chiara: per il ricciocorno la madre HA IL DIRITTO di tenere con se il bambino, per me, invece, semmai, l’ unico ad avere diritti e il bambino, ad esempio quello di avere una mente in condizione di elaborare il passato SAPENDO CHE E TUTTO PASSATO!
        vengono fatte obiezioni e contro-obiezioni… ed io, pure titolato da titoli ed esperienza miei, vengo “costretto” a citare delle “fonti”… il bello e che gli altri intanto citano articoli, io invece devo citare saggi accademici… ma vabbe, se uno pensa di avere ragione deve anche combattere per affermarla… ecco forse, dopo settimane, l’ unica vera domanda non ideologica ma dialogica: i bimbi rispetto a questa situazione devono essere trattati allo stesso modo, con una “ricetta” valida per tutti? o magari a seconda l’ eta si puo optare per una soluzione o per l’ altra?

        il fatto che sta domanda spunti solo adesso dimostra che tutte le precedenti obiezioni alle mie posizioni non erano basate sulla logica di “capire” il bambino, ma solo con la logica matrocentrica di neutralizzarne il diritto ad opporsi alla prosecuzione del suo rapporto con “quella” madre…
        ringrazio quindi per la domanda, che mi consente peraltro di sciorinare un’ altra serie di “fonti” accademiche…
        il primo ad occuparsi di analizzare in forma cronologica la evoluzione della mente fu JEAN PIAGET… che la mente fosse un sistema dinamico era chiaro da almeno mezzo secolo… gia ERNST KRETSCHMER e SIGMUND FREUD avevano ipotizzato e descritto la mente come un composto di varie “istanze” dinamicamente interagenti tra loro… ma JEAN PIAGET va oltre… non descrive il sistema in forma sincronica ma diacronica, fase per fase… le sue ricerche partono dal momento della nascita, ma risulta interessante in che maniera si colleghino a successive ricerche sull’ apprendimento e la socializzazione embrionali… dividendo la evoluzione della mente in periodi circa-triennali, evidenzia le seguenti fasi: prima infanzia, seconda infanzia, terza infanzia [lunga il doppio], puberta, adolescenza… le ricerche di JEAN PIAGET trovano subito notevole risalto e conferme a livello planetario… in pratica tutti i sistemi scolastici dell’ epoca si adeguano! la prima infanzia [0-3 anni-asilo nido] rappresenta la fase del distacco dalla madre… biologico prima, con la nascita e lo svezzamento, ed affettivo poi, con il graduale riconoscimento di figure affettivamente positive sempre nuove… la seconda infanzia [4-6 anni-scuola materna] rappresenta la fase del distacco dalla famiglia… fisicamente prima, con la accettazione da parte degli adulti del pianto come forma di protesta ed elaborazione, ed affettivamente poi… viene da alcuni dato risalto al cosiddetto “oggetto transizionale”, un giocattolo domestico che il bimbo porta con se a scuola per non vivere i due contesti come totalmente separati ed in opposizione tra loro… il bimbo impara ad affezionarsi a figure esterne al nucleo familiare… segue la terza infanzia [7-12 anni-scuola elementare]… il sistema educativo smette in grande parte di occuparsi prevalentemente della componente affettiva… il bimbo nei sei anni precedenti dovrebbe aver superato ed elaborato il distacco da tutte le figure dalle quali era dipendente, e, in modo autonomo dovrebbe saper riconoscere i doveri e le situazioni vincolanti oggettivamente… al bimbo vengono trasmessi i principali elementi del sapere… puberta [13-15 anni-scuola media]… fino a quel momento il bambino andava cambiando, ma era immaturo lui e graduale il cambiamento, quindi non si accorgeva dei suoi stessi mutamenti… ma con la puberta cambia tutto, anche perche biochimicamente cambia pure l’ equilibrio ormonale ed il corpo si avvia verso la eta adulta… adolescenza [16-18 anni-liceo]… il “bimbo” e nella fase piu delicata del passaggio: troppo adulto per essere bimbo, ma non completo per essere adulto… si tratta di una fase stracolma di “riti di iniziazione”… ed il giovane tende a trattare gli adulti oramai da pari a pari…
        questa disamina di un sistema evolutivo ideato verso gli anni sessanta, pone, oggi, parecchi problemi… ho gia evidenziato le differenze di approccio tra sociologie e psicologie… oramai questa mappatura appare inadeguata in entrambi i settori, ma con letture differenti… in ambito sociologico, AUGUSTE COMTE, MAX WEBER, ERVING GOFFMAN, attribuiscono alla adolescenza un semplice ruolo di “parcheggio” sociale tra la fase dell’ apprendimento oramai completata e la fase della produttivita sociale e l’ inserimento nel mondo del lavoro… ma in ambito psicologico ci si rende conto che non esistono “parcheggi” per una mente che non si sente adeguatamente considerata dal mondo degli adulti… andando per periodi, le forme di protesta giovanile hanno cambiato nome ma sono state sempre piu recrudescenti… dal terrorismo politico degli anni sessanta e settanta, alle proteste hippie degli anni ottanta e novanta… il nuovo millennio si apre con atteggiamenti di isolazionismo sociale e bullismi vari… nessuna sociologia, oggi, puo descrivere una societa non-relazionale… ma la psicologia, invece, ha accettato le sfide epoca per epoca… la professoressa ANGELA MARIA DI VITA, dell’ ateneo di palermo (PA.), lo stesso ateneo di GIOVANNI GENTILE e MARIO MANNO decide di cambiare nomi e codici alle materie che insegnava: PSICOLOGIA DELL’ ETA EVOLUTIVA diventa cosi PSICOLOGIA DELL’ ARCO DI VITA, mentre PSICOLOGIA SCOLASTICA diventa di fatto PSICOLOGIA DELL’ EDUCAZIONE PERMANENTE… appare chiaro ormai che si impara per tutta la vita, che la adolescenza non rappresenta un periodo-confine, come appare chiaro che i giovani si vanno precocizzando… in italia la maggiore eta passa da 21 a 18 anni…

        totalmente imprevedibile per tutti, economisti compresi, il periodo di recessione che finisce con il far restare a casa figli anche 40enni, sempre meno dotati di autonomia progettuale ed indipendenza economica… seguendo le logiche di certa sociologia dovremmo modificare la mappatura di JEAN PIAGET in questo modo:
        – prima infanzia [0-3 anni].
        – seconda infanzia [4-6 anni].
        – terza infanzia [7-12 anni].
        – puberta [13-15 anni].
        – adolescenza [16-40 anni].
        appare lampante che si tratta di una mappatura di comodo, ma che non si puo pensare che psicologicamente un 16enne ed un 40enne vedano la vita nella stessa maniera!

        per chiarirmi meglio la natura del problema ho fatto delle ricerche comparative tra tutte le civilta euromediterranee degli ultimi 58 secoli, evidenziando alcune cose interessanti… nelle civilta piu antiche, con una eta media di circa 39 anni, si diventava adulti a 13 e anziani a 26… la societa “spalma” con equilibri e disequilibri naturali la vita dell’ uomo in tre periodi:
        – infanzia
        – adultezza
        – vecchiaia
        … tutti e tre di egual durata… si impara, si fanno figli, ci si riposa onorati dai figli fatti…
        ancora oggi nelle societa euromediterranee basate su base religiosa si conservano questi confini… il valore altissimo dato alle tradizioni ed al significato etimologico delle parole infatti ha mantenuto memoria degli usi piu antichi… presso gli ebrei a 13 anni il ragazzo diventa BAR-MIRZVAH [FIGLIO DEL PRECETTO, ovvero in condizione di mettere in pratica il complesso degli insegnamenti ricevuti, di applicare la legge e di prendere su di se le responsabilita familiari e sociali]… nella chiesa cattolica, peraltro, per diventare PRETE [PRESBITERO, dal greco PRESBYTEROS, ANZIANO] occorrono almeno 24 anni di eta…

        la mia impressione, su questa analisi comparativa, mi porta a pensare ad una societa oramai consapevole del raggiungibile limite massimo di vita a 120 anni, che quindi ha una prima fase 0-40, di lunga formazione e “parcheggio”, una seconda fase 41-80 di produttivita per chi riesce ad entrare nel mondo del lavoro o emigrare, una terza fascia 81-120 di vecchiaia vera e propria…

        dietro i numeri la situazione e parecchio allarmante… persone rese improduttive per ottant’ anni della loro vita, sistemi economici al collasso, femmine da un lato precocizzate rispetto alla sessualita ma che vogliono far figli dai 40 anni in su, ed una quantita crescente di persone vecchie o malate di cui prendersi cura…

        una societa dunque che relazionalmente non esiste piu da un pezzo, ma che costantemente aumenta il carico degli “oneri sociali”… oggi nessuno mai penserebbe di spostare in avanti la maggiore eta da

      • La lunghezza dei tuoi commenti è direttamente proporzionale alla tua incapacità di rispondere ad una domanda semplicissima. Io non lo leggerò fino in fondo, considerato che non leggi i miei.

  6. SERENANDO ha detto:

    Ferrara, tu sei un genio.

    Del banale

    • ferrara2835 ha detto:

      su internet, non sapendo con chi si ha a che fare, si comincia sempre da li… meglio genio in qualcosa che mediocre nelle cose importanti… grazie della attenzione e buona giornata…

      • Antome ha detto:

        Io ne approfitto per scusarmi dell’essere stato un po’ duro nell’altro commento, ma era solo nella misura in cui percepivo un saccente chi sbaglia peggio per lui nell’era di internet, le false equivalenza che ormai hanno preso il sopravvento ma funzionano, quindi un po’ di frustrazione.
        Da notare che quest’altro neanche la pensa come Ricciocorno. Non so se lo fa perchè stavolta non sembri pensarla come lui sull’equilibrio degli articoli.

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