Nessun responsabile per la morte di Federico Barakat

Il vero giusto è colui che si sente sempre a metà colpevole dei misfatti di tutti.
(Khalil Gibran)

federico

Antonella Penati, mamma di Federico Barakat, ucciso dal padre presso gli uffici Asl di San Donato Milanese nel corso di un incontro “protetto”, aveva annunciato la sua decisione di portare la sua battaglia fino alla Corte europea di giustizia e di continuare il processo (che vedeva imputati tre operatori dei servizi sociali, assolti in Cassazione) per la parte civile: nuove testimonianze, mi aveva raccontato, rendevano evidente la necessità riaprire le indagini in merito alla responsabilità del comune di San Donato Milanese.

Ma ancora una volta Antonella Penati non è stata ascoltata.

Proprio come quando si rivolse alle autorità competenti per chiedere aiuto e protezione dalla violenza di Mohamed Barakat, quando implorò che quegli incontri “protetti”, che tanto terrorizzavano Federico, venissero interrotti, così anche la sua richiesta di giustizia è caduta nel vuoto.

“Sono distrutta” mi ha detto oggi al telefono, con un filo di voce “Prima, in sede penale, hanno detto che la colpa della morte di Federico era mia, perché non ero fuggita per metterlo in salvo, ora in sede civile mi dicono che quelle persone hanno agito nel pieno rispetto del loro mandato. Ma c’è la morte di Federico a testimonianza del fatto che questo non è vero. Non posso più credere in questo sistema giuridico, la giustizia non è uguale per tutti, non c’è giustizia per i bambini né per le loro madri.”

“Verità” è una parola che Antonella ha pronunciato più di una volta, oggi al telefono.

E’ vero che Federico è stato ucciso dal padre in “ambito protetto”.

E’ vero che la pericolosità di Barakat era stata resa nota più e più volte a chi di dovere, ed è vero che a corroborare le testimonianze c’era una precedente condanna penale per aggressione contro Antonella Penati: Antonella era stata picchiata, quasi strangolata.

E’ vero, ce lo insegna la letteratura sull’argomento, che la violenza contro il partner è un predittore significativo di abusi fisici sui bambini.

E’ vero che la violenza assistita – ovvero qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su figura di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori, della quale il bambino può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo) o indirettamente (quando è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti – è un abuso contro i bambini, motivo per il quale il genitore che agisce con violenza contro l’altro genitore è di fatto un genitore che maltratta i suoi figli.

E’ vero che Federico a quegli incontri non voleva prendere parte, perché aveva paura.

E’ vero che l’art 3 della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, siglata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, stabilisce il diritto del fanciullo ad essere informato e il diritto di esprimere la propria opinione, che deve essere tenuta in debita considerazione, nelle procedure dinanzi ad un’autorità giudiziaria che lo riguardano, ivi comprese (art.1,§3) quelle in materia familiare, in particolare relative all’esercizio delle responsabilità del genitore, soprattutto per quantoriguarda la residenza ed il diritto di visita.

E’ vero che, quando si parla di “ambito protetto”, l’aggettivo “protetto” per gli operatori del settore assume un significato diverso a seconda della situazione che si trovano dover gestire:

  • in quelle che vengono definite “separazioni conflittuali”, quando si è stabilito che la relazione genitore-bambino è resa difficile dal conflitto esistente fra i genitori, ciò che si va a proteggere è la relazione, allo scopo di ricostruirla in un luogo lontano dal conflitto che l’ha minata;
  • nei casi in cui si è constatata incuria, trascuratezza, maltrattamento o abuso, a dover essere protetto è il bambino, al quale va garantito un incontro sicuro, nel quale quel genitore, che già ha messo in atto in passato comportamenti dannosi contro di lui, non possa lederlo ulteriormente; in altri termini la protezione si sostanzia nella messa in atto, da parte dei servizi, di interventi volti a prevenire e a contenere tali comportamenti.

E’ vero che la sentenza della Cassazione, sebbene la violenza di Barakat contro Antonella e Federico fosse ampiamente documentata, ometta di nominarla, e parli di “genitori inadeguati“, di “esasperata conflittualità della coppia genitoriale“, allo scopo di assolvere i responsabili della sicurezza di Federico Barakat collocando il loro operato all’interno del primo significato di “protezione”, la “protezione della relazione genitore-figlio”.

Ma è anche vero che non basta non nominare la violenza, il maltrattamento, l’abuso, non basta fingere che non siano mai stati denunciati a renderli meno veri per chi ne ha subito le tragiche conseguenze – per Federico, che è morto, per Antonella, che non ha più voce per gridare il suo dolore – e per tutti noi che non siamo disposti ad accettare che la morte di un bambino venga ricondotta ad un banale errore di attribuzione di significato del quale nessuno è chiamato a rispondere, perché quando un bambino muore una simile leggerezza è una colpa grave.

Antonella è stanca, Antonella è senza forze, riesce a malapena a sussurrare: le hanno portato via un figlio e ora le vogliono portare via definitivamente anche la verità.

Io credo che dovremmo cominciare noi a tirare fuori la voce e chiedere giustizia per lei.

 

 

Qui la pagina per raccogliere fondi per Antonella Penati.

 

Informazioni su il ricciocorno schiattoso

Il ricciocorno schiattoso si dice sia stato avvistato in Svezia da persone assolutamente inattendibili, ma nonostante ciò non è famoso come Nessie.
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